Le Fonti Francescane
Sezione seconda
VITA PRIMA
DI SAN FRANCESCO D'ASSISI
di Tommaso da Celano
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Quando giunsero al luogo dove egli aveva fondato l'Ordine religioso delle sacre vergini e Donne Povere, deposero il sacro corpo nella chiesa di San Damiano, dove dimoravano quelle sue figlie dilette ch'egli aveva conquistate al Signore e fu aperta la piccola grata attraverso la quale le ancelle di Cristo sogliono ricevere nei tempi stabiliti l'Eucarestia. Fu aperto anche il feretro, che conteneva quel tesoro di celesti virtù, portato ora da pochi, lui che era solito portare molti durante la sua vita . Ed ecco, donna Chiara, che era veramente chiara per ricchezza di meriti, prima madre di tutte le altre, perché era stata la prima pianticella di quella religiosa famiglia, viene con le figlie a vedere il Padre che più non parla con loro e non ritornerà più tra loro, perché se ne va altrove.
117. E guardandolo, piangendo e gemendo, con voce accorata, espressero così il loro cordoglio trepidante e devoto: "O Padre, che cosa faremo ora noi, misere? Perché ci abbandoni desolate? A chi ci affidi, così desolate? Perché non ci hai dato la gioia di precederti nel Regno dei beati e invece ci lasci qui nel dolore? Come potremo vivere nel nostro monastero, ora che più non verrai, come un tempo a visitarci? Con te se ne va per noi, sepolte al mondo, ogni nostro conforto! Chi ci soccorrerà in questa povertà di beni spirituali e materiali? O padre dei poveri, amante della povertà, chi ci aiuterà nelle tentazioni? Tu lo potevi, perché ne avevi provate e superate tante! Chi ci sosterrà nel momento delle tribolazioni, o tu che sei stato il nostro aiuto nelle molte tribolazioni che già sperimentammo? O amarissimo distacco, tremenda partenza; o morte inesorabile che uccidi migliaia di figli e di figlie, privandoli del loro santissimo padre, mentre ti affretti a strapparci per sempre colui per merito del quale il nostro buon volere, se pure ne abbiamo, raggiunse la sua migliore fioritura! ".
Ma il verginale pudore poneva un freno al pianto, né sembrava conveniente piangere a dirotto su colui, il cui transito aveva richiamato schiere di angeli e allietava tutti gli eletti del cielo! Così, sospese tra l'afflizione e la gioia insieme, baciavano quelle splendide mani, ornate dalle stimmate raggianti come gemme preziose. E dopo che ebbero rimosso il sacro corpo, fu richiusa quella porta che non s'aprirà mai più a sì grande ferita. O quanto più grande il dolore di tutti alla vista dell'accorato e filiale lamento di quelle vergini! Quanti, soprattutto, i gemiti dei figli in pianto! Tutti partecipavano al dolore di ognuno di loro, così che non c'era nessuno che riuscisse a trattenere le lacrime, al vedere quegli angeli di pace piangere così desolatamente (Cfr Is 33,7).
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118. Giunti finalmente in città, con gioiosa esultanza tumularono il venerabile corpo in un luogo già sacro, ma ora più sacro, perché santificato dalla presenza delle spoglie di Francesco. Qui egli, a gloria dell'onnipotente e sommo Iddio, continua a illuminare il mondo con i miracoli, come prima l'aveva illuminato con la sua santa predicazione. Siano rese grazie a Dio. Amen.
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Ecco, o padre santissimo e benedetto: ho cercato di accompagnarti, come era doveroso, con lodi che fossero degne di te, benché in una maniera veramente insufficiente, ed ho scritto narrando qualcosa della tua vita.
Ricordati, o pietoso, dei tuoi poveri figli, ai quali non resta quasi più alcun conforto ora che sei scomparso tu, che eri l'unico loro sostegno. Poiché sebbene tu, che di loro sei la parte più nobile e principale, sei ammesso tra i cori angelici e collocato sul trono glorioso degli apostoli, essi invece giacciono ancora nel fango, come chiusi in un carcere oscuro; essi ti supplicano gementi: "Mostra, o padre, al divin Figlio del sommo Padre le venerande stimmate di lui che tu hai sul costato; mostra i segni della croce nelle tue mani e nei tuoi piedi, perché egli stesso, a sua volta, si degni misericordiosamente di mostrare le sue ferite al Padre, il quale certamente a quella vista sarà sempre benigno con noi miseri! Amen. Fiat! Fiat! ".
Qui finisce
la parte seconda
PARTE TERZA
Tratta della canonizzazione del beato padre Francesco e dei suoi miracoli
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119. Il gloriosissimo padre Francesco, dunque, nel ventesimo anno della sua conversione, concluse degnamente quella vita che aveva così felicemente cominciato, e rese beatamente la sua anima a Dio. Nel cielo, coronato di gloria e di onore e assiso tra i Cherubini, intercede con amorosa premura davanti al trono di Dio per coloro che ha lasciato quaggiù. E come potrebbe restare senza risposta la preghiera di questo eletto? Nelle sue stimmate è raffigurato Cristo che, uguale al Padre, siede alla destra della divina Maestà, ed è splendore della sua gloria e figura della sostanza di Dio, dopo aver espiati i nostri peccati(Eb 1,3). Non sarà esaudito colui che, reso simile a Cristo Gesù nella condivisione della sua passione e morte, porta nelle mani, nei piedi e nel costato le stesse ferite di Lui?
E veramente egli già allieta di nuovo gaudio il mondo e offre a tutti i mezzi della vera salvezza. Irradia la terra con la luce fulgidissima dei miracoli, la illumina come astro fulgente. Il mondo compiangeva se stesso quando fu privato della sua presenza e per la sua morte gli pareva d'essere precipitato in un abisso di tenebre. Ma ora, al sorgere di questa luce nuova, investito da raggi più fulgenti, come nel meriggio, il mondo sente che tutta la tenebra si è dileguata. Il pianto è cessato, rinasce la gioia, e le virtù tornano a fiorire per suo merito. Sia ringraziato Iddio! Dai quattro punti cardinali stanno arrivando coloro che, beneficati dal suo patrocinio, testimonieranno la verità di questa affermazione.
Proprio per questo, Francesco, singolare amatore delle realtà celesti, finché visse quaggiù non volle mai possedere nulla di proprio, per poter possedere totalmente e più gioiosamente il sommo Bene; ed ora è divenuto partecipe del tutto, lui che non volle attaccarsi ad alcuna parte, ed ha scambiato il tempo con l'eternità. Ovunque e a tutti viene in aiuto, e a tutti è presente e, da vero amante dell'unità, ignora i danni della parzialità.
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120. Quando viveva ancora tra i peccatori, percorreva predicando il mondo intero; ora che regna tra gli angeli in cielo, vola più rapidamente del pensiero, come araldo dell'Altissimo, a portare benefici salutari ai popoli. Perciò l'umanità intera lo onora, lo venera, lo glorifica e lo loda, perché davvero tutti hanno parte a questo bene che è per tutti.
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Chi potrebbe narrare quanti e quali miracoli il Signore si è degnato operare per mezzo suo in ogni parte del mondo? Innumerevoli, per esempio, sono quelli compiuti nella sola Francia, dove il sovrano, la regina e tutti gli altri magnati accorrono a baciare con riverenza il guanciale usato da Francesco nella sua infermità. Là, anche i sapienti e i maggiori letterati del mondo, più numerosi in Parigi che altrove, venerano, ammirano e onorano con umiltà e devozione Francesco, l'illetterato, l'amico della semplicità, dal cuore incomparabilmente sincero e nobile. E quanto gli si addice questo nome di "Francesco", a lui che ebbe cuore franco e nobile più di ogni altro!
E che dire delle altre parti del mondo, dove, in virtù dei suoi poveri indumenti, guariscono malattie e infermità, e moltitudini di uomini e di donne sono liberati dai loro malanni alla sola invocazione del suo nome ?
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121. Anche alla sua tomba è un continuo fiorire di nuovi miracoli e con la preghiera insistente si ottengono meravigliosi benefici spirituali e corporali: i ciechi ricuperano la vista, i sordi l'udito, i muti la favella, gli storpi riprendono a camminare speditamente, il gottoso ritorna agile, il lebbroso è mondato, l'idropico torna normale e altri sofferenti di vari acciacchi riacquistano la salute desiderata Così quel corpo che è morto risana i corpi vivi, come da vivo risuscitava le anime morte!
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Queste meraviglie giungono all'orecchio del romano Pontefice, primo di tutti i vescovi, guida dei cristiani capo del mondo, pastore della Chiesa, Unto del Signore e Vicario di Cristo. Se ne rallegra sommamente, tripudia ed esulta perché vede la Chiesa di Dio rinnovarsi nel suo tempo mediante gli antichi miracoli in modi nuovi e proprio per opera del figlio suo, che si era portato nel seno, riscaldato nel grembo, allattato con la sua parola, educato con il cibo della salvezza. Le odono anche gli altri prelati e pastori del gregge cristiano, difensori della fede, amici dello Sposo, suoi collaboratori, sostegni del mondo i venerandi cardinali, e ne godono con la Chiesa e con il sommo Pontefice e ne lodano il Signore, che nella sua ineffabile provvidenza e divina grazia e bontà infinita, ha scelto proprio le cose stolte e vili secondo il mondo (1Cor 1,26) per attirare i grandi. Ascolta e applaude tutta la terra e l'intera cristianità sovrabbonda di esultanza ed è pervasa di santa consolazione.
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122. Ma all'improvviso l'orizzonte si oscura, esplodono nuove perturbazioni sociali e religiose. Violente discordie e gelosie lacerano la serenità e la pace e riaccendono la lotta all'interno della Chiesa. Il popolo romano, solitamente sedizioso e altero, infuria contro la gente confinante e osa pure profanare le cose sacre. Il magnanimo papa Gregorio si adopera con tutte le forze per arginare il male, frenare l'odio e la violenza e difendere la Chiesa, come una torre ben salda. Ma i pericoli aumentano, le stragi si fanno più frequenti; anche nel resto del mondo i perversi insorgono superbamente contro Dio. Che fare? Il Pontefice, ponderate saggiamente le circostanze presenti e le possibilità future, decide di abbandonare Roma ai rivoltosi, per liberare e difendere almeno le altre regioni.
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Si reca, dunque, a Rieti, dove è accolto con grande onore, quindi a Spoleto, sempre riverito e onorato da tutti. Qui si trattiene alcuni giorni, e pur vigilando sempre su gli interessi della Chiesa, si reca, in compagnia dei venerandi cardinali, a far visita amichevole a certe ancelle di Cristo, sepolte per il mondo. La santa vita, l'altissima povertà e la gloriosa istituzione di quelle sante vergini suscitano in lui e nei suoi accompagnatori profonda commozione, li provocano al disprezzo del mondo e li stimolano ad una vita più coerente con le esigenze del loro stato.
O umiltà, amabile nutrice di ogni virtù! Il principe del mondo cattolico, successore di san Pietro apostolo, si degna far visita alle Donne Povere, si reca da quelle umili e nascoste prigioniere! Un gesto di degnazione papale indubbiamente conforme al carattere cristiano, ma senza precedenti nella storia.
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123. Poi papa Gregorio si affretta a raggiungere Assisi, dove è custodito per lui l'inclito tesoro che spazzerà via la dolorosa tribolazione. Al suo arrivo tutta la regione è in giubilo, la città è pervasa di gioia, una grande folla accorre festante, e quel giorno luminoso si riempie di letizia sincera. Tutti vengono ad incontrare il Pastore supremo con solenne corteo. Anche il pio gruppo dei poveri frati gli si fa incontro, e ciascuno canta inni all'Unto del Signore.
Appena arrivato al convento, il Vicario di Cristo subito si porta a salutare e a rendere omaggio riverente al sepolcro di san Francesco. Sospira, si batte il petto, piange e, in atto di grande devozione, piega il venerando capo su quella tomba.
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Quindi dà apertura al solenne processo per la canonizzazione, convocando a tale scopo spesse volte i venerandi cardinali. Or ecco, da ogni parte accorrono molti che erano stati liberati dai loro mali per intercessione di Francesco. Si testimoniano i suoi miracoli, si discutono si verificano e si approvano! Per un breve intervallo il Papa deve correre a Perugia per impegni d'ufficio improrogabili; poi con maggiore e speciale benevolenza torna ad Assisi per continuare l'importantissima causa. Di nuovo a Perugia, finalmente, il Papa convoca il sacro collegio dei cardinali nelle sue camere e celebra il sacro concistoro. Sono tutti d'accordo e unanimi; leggono i miracoli con venerazione e lodano con grandissimi elogi la vita e la santità del beato padre.
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124. "La santità di questo uomo -- essi affermano -- non ha bisogno della verifica dei miracoli, noi stessi l'abbiamo vista con i nostri occhi (Cfr 1Gv 1,1) e toccata con le nostre mani e vagliata alla luce della verità". Tutti tripudiano, gioiscono e piangono insieme, e quelle lacrime sono per loro pienezza di benedizione. E senza più indugio si fissa il giorno di grazia che riempirà il mondo di gaudio salutare.
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È già spuntato quel giorno solenne che rimarrà venerando in ogni tempo, e avvolse di allegrezza la terra e il cielo. Vescovi, abati, prelati accorrono e si riuniscono giungendo dalle regioni più lontane della terra; è presente anche un re e grande moltitudine di conti e magnati. Si forma allora un pomposo corteo, e tutti, al seguito del Signore del mondo, entrano solennemente nella città di Assisi.
Arrivati nel luogo preparato per quella solenne celebrazione, i cardinali, i vescovi e gli abati si dispongono accanto al Papa, e dietro a loro un folto stuolo di sacerdoti e di chierici, la sacra e gioiosa assemblea dei religiosi e la schiera delle religiose avvolte di umiltà, e poi la folla immensa dei fedeli. Accorrono da ogni parte persone di tutte le età, felici di essere presenti a così grande raduno: il bimbo vicino all'uomo fatto, il servo vicino al padrone (Gb 3,19).
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125. Domina al centro il sommo Pontefice, lo sposo della Chiesa di Cristo, attorniato da tanta varietà di figli, con la corona sul capo in segno di gloria e di santità. Adorno delle infule papali e dei paramenti sacri allacciati con fibbie d'oro scintillanti di pietre preziose, l'Unto del Signore appare nello splendore della sua gloria, rilucente di oro e di gemme istoriate, e attira gli sguardi di tutti. Lo circondano cardinali e vescovi, similmente ornati di splendidi monili sulle vesti candide, tanto da presentare quasi lo spettacolo celestiale e gioioso degli eletti.
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Tutto il popolo attende una parola di gioia e di letizia nuova (Ger 25,10), dolce e inneggiante, di perenne conforto e benedizione. Parla per primo papa Gregorio, rivolto a tutta l'assemblea e annuncia con voce vibrante e affettuosa commozione le meraviglie di Dio. Poi tesse un nobilissimo elogio del padre Francesco, commovendosi fino alle lacrime mentre rievoca la purità della sua vita. Tema del suo discorso è il passo del Siracide: Come la stella del mattino tra le nubi e come splende la luna nel plenilunio, e come sole raggiante, così egli rifulse nel tempio di Dio(Sir 50,6-7).
Terminato quell'elogio, fedele e degno di fede, uno dei suddiaconi del Pontefice, di nome Ottaviano, dà lettura davanti a tutti i fedeli dei miracoli del Santo, e il cardinale diacono Ranieri, noto per ingegno e virtù, ne fa il commento con eloquenza e viva emozione. Il Papa esulta e traendo dal petto profondi sospiri e singhiozzi, lascia libero corso alle lacrime; e così tutti i prelati presenti, tanto da bagnare di lacrime i sacri paramenti. E tutto il popolo piange, in amorosa e impaziente attesa del grande annuncio.
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126. Ed ecco: le mani levate verso il cielo, il beato Pontefice con voce tonante grida e dice: "A lode e gloria dell'onnipotente Iddio, Padre e Figlio e Spirito Santo, e ad onore della Chiesa romana, mentre veneriamo sulla terra il beatissimo padre Francesco che il Signore ha glorificato nei cieli, dopo aver raccolto il parere dei nostri fratelli (i cardinali) e degli altri prelati, decretiamo che il suo nome sia iscritto nel Catalogo dei Santi e se ne celebri la festa il giorno della sua morte ".
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Appena terminato il solenne annuncio, i cardinali insieme col papa intonano ad alta voce il "Te Deum ". La folla risponde cantando in coro le lodi del Signore. La terra echeggia di voci immense, l'aria si riempie di inni di gioia, il suolo si bagna di lacrime. Si elevano cantici nuovi, e nella melodia dello spirito esultano tutti i servi di Dio. Si cantano con voci modulate inni spirituali, sostenuti dal dolce suono degli strumenti. L'atmosfera è pregna di soavi profumi e la melodia rimbalza più festosa, penetrando i cuori col suo incanto. Il giorno è radioso, illuminato da più splendidi colori. Ondeggiano verdeggianti rami d'ulivo misti a fresche chiome d'altri alberi; l'apparato di festa riverbera luminosità su tutti, e la benedizione di pace inonda di gioia tutti i cuori.
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Finalmente il beato papa Gregorio lascia il trono e attraverso gradini più umili discende nel santuario per offrire doni e sacrifici, e bacia con gioioso trasporto la tomba del Santo e consacrato a Dio; innalza molteplici preghiere e celebra i sacri misteri. Lo circondano i frati, lodando, adorando e benedicendo Iddio che ha fatto cose grandi sulla terra. Alle divine lodi si unisce il popolo che, in onore della altissima Trinità, canta il suo ringraziamento a san Francesco. Amen.
Queste cose avvennero in Assisi, nel secondo anno del pontificato di Gregorio IX, il 16 luglio (1228).
I MIRACOLI DI SAN FRANCESCO
Nel nome di Cristo iniziano i miracoli del santissimo padre nostro Francesco
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127. Invocando umilmente la grazia del Signor nostro Gesù Cristo, nell'intento di eccitare la doverosa devozione dei contemporanei e corroborare la fede dei posteri, prendiamo a narrare brevemente, ma secondo verità, i miracoli che, come abbiamo sopra ricordato, furono letti e annunziati al popolo, presente il Signor papa Gregorio.
I
PARALITICI GUARITI
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Il giorno medesimo in cui il santo corpo di Francesco, come un preziosissimo tesoro, fu sepolto cosparso di aromi celesti più che terrestri, venne condotta sulla sua tomba una fanciulla, che già da un anno aveva il collo orribilmente piegato da una parte e il capo aderente alla spalla, così che non poteva guardare in alto se non di traverso e a gran fatica. Le misero per qualche istante il capo sotto l'urna in cui riposava il corpo del Santo, immediatamente, per i meriti di lui, la fanciulla eresse il collo e il capo riprese la sua posizione normale, tanto che essa, colta da spavento per l'improvvisa trasformazione, cominciò a fuggire e a piangere. Sulla spalla si vedeva come una fossa dovuta evidentemente alla posizione innaturale del capo durante la lunga infermità
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128. Nel territorio di Narni viveva un fanciullo con una tibia talmente deformata che non poteva muoversi se non appoggiandosi su due stampelle. Era povero e viveva di elemosine, poiché era ammalato da molti anni e non conosceva neppure suo padre e sua madre. Per i meriti del beatissimo padre nostro Francesco riacquistò piena salute, e camminava liberamente, senza bastone, lodando e benedicendo Iddio e il suo servo fedele.
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129. Un abitante di Foligno, di nome Nicolò, era paralizzato alla gamba sinistra. Straziato dal dolore, aveva speso più di quanto potesse in medici, fino a indebitarsi, nella speranza di ricuperare la salute. Vedendo che tutte le cure non approdavano a nulla e rincrudendosi il dolore al punto che con i suoi ripetuti urli nella notte impediva il sonno anche ai vicini, decise finalmente di votarsi a Dio e a san Francesco, e si fece condurre sul sepolcro di lui. Vi rimase una notte intera in preghiera. Ed ecco, poté tornare a casa con le proprie gambe, senza bastone, il cuore pieno di gioia.
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130. Un altro fanciullo aveva una gamba contorta in maniera tale che il ginocchio aderiva al petto e il calcagno alla coscia. I genitori lo portarono al sepolcro del Santo, e intanto il padre si era rivestito di un aspro cilicio, mentre la madre si impegnava in una dolorosa penitenza per lui. Guarì così rapidamente e completamente, che poteva correre tutto sano e lieto per la piazza, rendendo grazie a Dio e al beato Francesco.
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131. Nella città di Fano c'era un rattrappito, che aveva le tibie ulcerate, ripiegate all'indietro e appiccicate al corpo e talmente maleodoranti che nessuno si sentiva disposto ad accoglierlo in ospedale. Egli implorò la misericordia del beatissimo padre Francesco, e poco dopo ebbe la gioia di vedersi completamente ristabilito.
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132. Una bambina di Gubbio dalle mani rattrappite, già da un anno aveva perduto l'uso di tutte le membra. La balia, fiduciosa di ottenerne la guarigione, la porta alla tomba di san Francesco, recando con sé anche una figura di cera della misura della bimba. Dopo otto giorni di attesa, ecco avverarsi il miracolo: la piccola inferma ricupera l'uso delle sue membra, così da essere ritenuta idonea alle faccende di prima.
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133. Un ragazzo di Montenero, incapace di camminare e di star seduto perché paralizzato dalla cintola in giù, giaceva da più giorni privo di forze davanti alla chiesa che custodiva il corpo del Santo. Ma un giorno riuscì ad entrare in chiesa e si trascinò fino a toccare il sepolcro, e subito si sentì guarito e uscì fuori sano e salvo. Raccontava questo ragazzo che, mentre se ne stava presso la tomba del glorioso Santo, gli si parò innanzi, proprio sopra il sepolcro, un giovane vestito da frate, con delle pere in mano, il quale offrendogli una pera, lo incoraggiò ad alzarsi. Lui, prendendo la pera, aveva risposto: "Come vedi, sono rattrappito e non posso alzarmi ". Intanto mangiò la pera e stese la mano per prendere una seconda pera che il giovane gli offriva incoraggiandolo ancora una volta ad alzarsi. Ma l'infermo, ancora appesantito dal male non riusciva a mettersi in piedi. Mentre però stendeva la mano, il giovane frate gli lasciò prendere la pera, intanto gli prese la mano, lo condusse fuori e sparì. Ed egli, vedendosi sano e guarito aveva incominciato subito a gridare con tutta la voce, raccontando a tutti quello che gli era accaduto.
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134. Una donna di Coccorano che era priva dell'uso di tutte le membra, ad eccezione della lingua, venne trasportata su barella di stuoie al sepolcro del Santo. Dopo una breve sosta, si rialzò completamente guarita. Anche un altro cittadino di Gubbio portò, dentro una cesta, un suo figlioletto davanti al sepolcro del Santo. Era talmente deformato, che aveva le tibie del tutto atrofizzate e ripiegate sui femori. Lo riebbe completamente guarito.
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135. C'era a Narni un povero mendicante, di nome Bartolomeo. Una volta si era addormentato sotto un noce; al risveglio ebbe la dolorosa sorpresa di trovarsi paralizzato e di non poter più camminare. Crescendo il male di giorno in giorno, la gamba e il piede colpiti si assottigliarono, si piegarono e si inaridirono in modo tale, che il poveretto non avvertiva più né tagli né ustioni. Ma una notte gli appare in sogno il beato Francesco, vero amico dei poveri e padre dei miseri, invitandolo a recarsi a un bagno campestre, perché, commosso da tanta miseria, aveva deciso di guarirlo. L'infermo, destatosi, non sapendo cosa fare racconta per filo e per segno la visione al vescovo della città, il quale lo consiglia di fare come gli era stato detto in sogno e lo benedice. Così, aiutandosi col suo bastone, si avvia barcollante, come meglio può verso il luogo indicato dal Santo. Mentre se ne va, triste e stremato per lo sforzo, ode una voce: "La pace del Signore sia con te! Coraggio, io sono colui al quale ti sei votato!". Il bagno è ormai vicino, ma è notte ed egli sbaglia strada; e la solita voce lo avverte e gli indica la direzione giusta. Ed ecco appena arriva e si immerge nel bagno, una mano gli tocca il piede e un'altra mano la gamba riportandoli dolcemente alla posizione normale. Sentendosi guarito, balza fuori dall'acqua lodando e benedicendo l'onnipotenza del Creatore e il beatissimo suo servo Francesco, che gli aveva fatto una grazia così grande. Infatti erano sei anni che viveva in quello stato miserando, ed era molto anziano.
II
I CIECHI RICUPERANO LA VISTA
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136. Una donna di nome Sibilla, da molti anni cieca, viene un giorno condotta, cieca e triste, sulla tomba del Santo. Ricupera istantaneamente la vista e se ne torna a casa lieta e giuliva.
Così anche un uomo di Spello ricupera la vista, da tempo perduta, davanti al sepolcro del Santo.
C'è a Camerino, una donna cieca all'occhio destro. I parenti le applicano sull'occhio leso un panno toccato dal beato Francesco, facendo un voto; subito esauditi, cantano a Dio e al Santo il loro gioioso ringraziamento.
Un caso analogo capita ad una donna di Gubbio, che non finisce di rallegrarsi per avere riavuta la vista in seguito a un voto fatto.
Un assisano cieco da cinque anni, che era stato amico di Francesco in vita, e continuava a pregarlo, ricordandogli la passata amicizia, si ritrovò guarito al solo contatto col sepolcro di lui.
Un certo Albertino di Narni aveva perduto completamente la vista e le palpebre gli scendevano fino agli zigomi. Appena fece voto al beato Francesco, fu prontamente guarito; allora fece i suoi preparativi e venne a visitare il sepolcro di lui.
III
GLI INDEMONIATI LIBERATI
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137. Viveva a Foligno un uomo di nome Pietro. Postosi in cammino per visitare il santuario di San Michele arcangelo, non si sa se per adempiere un voto o per soddisfare una penitenza impostagli,--arrivato ad una fonte, stanco e assetato, prese a bere dell'acqua; e gli sembrò d'avere ingoiato dei demoni. Ed effettivamente da quell'istante rimase ossesso per tre anni, dicendo e compiendo cose orrende. Si portò alla tomba del santissimo padre Francesco, e vi giunse ancora strapazzato dai demoni, più che mai furiosi contro di lui; appena toccò il sepolcro, fu, con evidente e chiaro miracolo, liberato del tutto e per sempre.
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138. Una volta il Santo apparve a una donna di Narni che era furiosa e talmente fuori di sé che faceva e diceva cose spaventose e sconce, e le disse: "Fatti un segno di croce". Quella rispose di esserne impedita. Allora Francesco stesso glielo impresse sulla fronte, e all'istante fu liberata dalla pazzia e da ogni influsso demoniaco.
Innumerevoli sono stati gli infelici, uomini e donne che, tormentati in vari modi e con molteplici inganni dai demoni, furono liberati in virtù dei meriti del glorioso padre. Ma siccome tali persone possono essere sovente vittime piuttosto di illusioni, ne abbiano fatto soltanto un rapido accenno, per passare al racconto di fatti più importanti e mirabili.
IV.
MALATI STRAPPATI ALLA MORTE E ALTRI INFERMI GUARITI
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139. Matteo, un bambino di Todi, da otto giorni giaceva in un letto più morto che vivo: bocca ermeticamente chiusa, occhi serrati, volto, mani e piedi anneriti come un paiolo al fuoco. Tutti pensavano che non c'era più nulla da sperare. Vomitava inoltre sangue marcio e con tali convulsioni che sembrava dovesse rovesciare gli intestini. Un giorno la madre si prostra in preghiera, invocando il nome e l'aiuto di san Francesco. Quando si alza, il bambino comincia ad aprire gli occhi, a vederci e a succhiare il latte. Poco dopo, caduta quella pelle nera, la carne ritorna al suo colorito normale e riprende vigore e sanità.
Appena lo vede fuori pericolo, la madre lo interroga: "Chi ti ha guarito, figlio mio?". Il fanciullo balbettando risponde: "Ciccu, Ciccu". Di nuovo lo interrogano: "A chi devi questa grazia?". E il bimbo replica: " Ciccu, Ciccu! " dimezzando in questo modo il nome di Francesco, poiché era ancora piccino e incapace di parlare bene.
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140. Un giovane, precipitando al suolo da grande altezza, perdette la favella e rimase totalmente paralizzato. Per tre giorni non mangiò né bevve; e poiché non dava più segni di vita, tutti lo credevano morto. Sua madre non ricorse ai medici, ma ne implorò la guarigione dal beato Francesco, facendo anche un voto. Riebbe il figlio guarito. e subito cominciò a innalzare lodi all'onnipotente e misericordioso Salvatore.
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Mancino, un altro giovane, colpito da malattia mortale e ritenuto inguaribile da tutti, invoca il nome di Francesco, così come può, e istantaneamente guarisce in modo perfetto.
Gualtiero, un fanciullo di Arezzo, sempre febbricitante e tormentato da due ascessi, dichiarato inguaribile dai medici, per un voto fatto a san Francesco dai genitori. ricupera l'auspicata salute.
Un altro giovane è moribondo. Si decide di fare una figura di cera in onore di san Francesco per impetrare la grazia della vita; non è ancora finito il lavoro, che quel giovanetto viene liberato da ogni male.
141. Una donna, inferma da molti anni e completamente immobilizzata nel suo letto, appena ebbe fatto un voto a Dio e al beato Francesco, si rialzò guarita e in grado di attendere a tutte le sue occupazioni.
Nella città di Narni viveva una donna che da otto anni aveva una mano inaridita, del tutto inutilizzabile. Un giorno le apparve il beato padre e, toccandole la mano malata, gliela rese atta al lavoro come l'altra.
Un giovane della stessa città, infermo da dieci anni, s'era talmente gonfiato che era ormai inutile qualsiasi farmaco. La madre fece un voto al beato Francesco, e subito riacquistò piena salute.
Analogamente un idropico di Fano, col corpo paurosamente tumefatto, fu guarito in maniera perfetta per i meriti del glorioso servo di Dio.
Un abitante di Todi soffriva di gotta artritica talmente brutta, che non poteva neppure sedersi né starsene disteso su di un letto. La veemenza della malattia lo gettava in preda a continui brividi, così da sembrare prossimo alla morte. Chiamò medici, moltiplicò bagni e farmaci; ma tutto era inutile. Un giorno però, alla presenza di un sacerdote, fece un voto a san Francesco implorando la grazia della guarigione. E subito si vide guarito.
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142. A Gubbio, una donna paralitica ripete per tre volte il nome del beato Francesco, e subito è guarita.
Un certo Bonifacio, colpito alle mani e ai piedi da strazianti dolori, non può muoversi né camminare, e perde del tutto sonno e appetito. Viene un giorno da lui una donna e lo consiglia ed esorta a votarsi al beato Francesco, se vuole essere subito liberato. Quell'uomo, dapprima quasi impazzito a causa degli spasimi, si rifiuta dicendo: "Non lo credo un Santo". Poi cedendo all'insistenza della donna, formula un voto così: "Mi affido all'intercessione di Francesco e lo considero Santo, se entro tre giorni mi libererà dalla mia malattia". E viene subito esaudito, ricuperando la possibilità di camminare, l'appetito e il sonno, e rende gloria a Dio onnipotente.
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143. I sanitari si dichiaravano impotenti davanti ad un uomo che era stato trafitto al capo da una freccia la cui punta di ferro era penetrata nel cranio attraverso la cavità dell'occhio. L'infelice con umile devozione si vota al santo di Dio, Francesco, con viva speranza d'essere liberato per sua intercessione. Mentre dorme per un poco, viene Francesco nel sonno e gli dice di farsi strappare quella punta di ferro dalla nuca. All'indomani, operando nella maniera indicata dal Santo, si riesce a liberarlo con facilità.
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144. A Spello, un uomo, di nome Imperatore, è affetto da un'ernia così grave che gli escono gli intestini dal ventre e, nell'impossibilità di farli rientrare, l'infelice è costretto per molto tempo a sostenerli con un guanciale. Ricorre ai medici, ma di fronte al prezzo richiesto, lui che aveva denaro appena sufficiente per il vitto di un solo giorno, perde ogni fiducia nel loro aiuto. Finalmente ricorre all'aiuto celeste, e incomincia a supplicare per strada, in casa e ovunque il beato Francesco. In brevissimo tempo, per grazia di Dio e per i meriti del beato Francesco, guarisce pienamente.
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145. Un frate del nostro Ordine, della Marca di Ancona, aveva una fistola al bacino e ai fianchi. Per la gravità della situazione non c'era più speranza che potesse guarire ad opera di nessun medico. Allora egli domandò il permesso di recarsi a visitare la tomba del beato padre, con filiale fiducia che, per i meriti di lui, avrebbe ottenuto la guarigione. Ma il ministro provinciale non gli permise di partire, temendo che lo strapazzo del viaggio, a causa della neve e della pioggia caduta abbondantemente in quella regione, gli portasse maggior danno. L'infermo ne rimase angosciato. Ma ecco che una notte gli apparve lo stesso santo padre Francesco, che gli disse: " Figliuolo, non rattristarti; togliti la pelliccia che indossi, butta via l'impiastro e le fasciature, osserva la tua Regola e sarai sanato!". Il frate, appena si levò al mattino, eseguì tutto questo; e poté ringraziare Iddio per l'immediata guarigione ottenuta.
V
LEBBROSI MONDATI
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146. A San Severino, nella Marca d'Ancona, abitava un giovane di nome Atto. Era talmente coperto da ulcere che, per giudizio dei medici era ritenuto da tutti un vero lebbroso. Le membra erano tutte tumefatte e ingrossate, e a causa della dilatazione e del rigonfiamento delle vene, tutto gli appariva deformato. Camminare gli era impossibile, e doveva starsene sempre inchiodato nel giaciglio del suo dolore, con disperata afflizione dei genitori. Specialmente il padre suo, straziato da quel diuturno eccessivo dolore, non sapeva più che cosa fare. Ma finalmente gli venne in mente di raccomandarlo e votarlo al beato Francesco, e gli fece questa proposta: "Figlio mio, vuoi fare un voto al glorioso Francesco, che rifulge per molti miracoli, perché voglia liberarti dal tuo male?". Rispose: "Sì, babbo!". Il padre si fece subito portare un foglio di papiro, prese le misure dell'altezza e grossezza del figlio, e poi gli disse: "Alzati, fai voto al beato Francesco che, se guarirai, ogni anno e per tutta la tua vita, andrai pellegrino alla sua tomba, recandogli un cero alto come te". Il giovane obbedì alla richiesta paterna, si alzò come poté e a mani giunte incominciò a invocare la misericordia dei beato Francesco. Presa la misura del papiro, si alzò appena finita la preghiera, ed era completamente guarito dalla lebbra. Cominciò a camminare, dando lode a Dio e al beato Francesco.
Nella città di Fano, un giovane di nome Bonomo, ritenuto da tutti i medici lebbroso e paralitico, appena viene offerto molto devotamente dai genitori al beato Francesco è liberato dalla lebbra e dalla paralisi e riacquista piena salute .
VI
MUTI E SORDI SANATI
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147. A Città della Pieve c'è un fanciullo, povero e mendicante, sordomuto dalla nascita; ha la lingua tanto corta che tutti la ritengono addirittura mozza. Una sera si reca a casa di un concittadino, di nome Marco, e con gesti, come sogliono fare i muti, gli indica che vorrebbe essere suo ospite: piega il capo da una parte accostando la guancia alla mano, indicando chiaramente che vorrebbe dormire in casa di lui. Quell'uomo è felice di accoglierlo nella sua casa e volentieri lo prende con sé, perché lo sa abile al servizio, di buon carattere e, benché sordo e muto dalla nascita, in grado di comprendere gli ordini dai cenni. Una sera quell'uomo, alla presenza del fanciullo, dice alla moglie: "Questo sì che sarebbe un grande miracolo, se il beato Francesco gli rendesse udito e favella!".
148. E aggiunge: "Prometto a Dio che se il beato Francesco compirà questo miracolo, io, per amor suo, avrò carissimo questo giovinetto e provvederò a mantenerlo per tutto il tempo della sua vita".
Cosa meravigliosa! Appena finita quella preghiera, il fanciullo si mette a parlare, esclamando: "Viva san Francesco!", e con lo sguardo elevato al cielo, soggiunge: "Vedo Francesco qui sopra, che è venuto a donarmi la guarigione!". Ma, aggiunge ancora: "Che cosa dirò io ora alla gente?". E quell'uomo gli risponde: "Loderai Iddio e salverai molti ". Allora si alza e corre pieno di esultanza a gridare a tutti il grande miracolo. Accorrono in massa quelli che avevano veduto prima il piccolo sordomuto e, pieni di ammirazione e di stupore, elevano lodi al Signore e al beato Francesco. Intanto la lingua del fanciullo si snoda e cresce, tornando alla misura normale, e comincia a parlare così speditamente e chiaramente come se avesse da sempre l'uso della parola.
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149. Un altro fanciullo, chiamato Villa, è muto e incapace di camminare. Sua madre ricorre all'aiuto divino portando sul sepolcro di san Francesco una immagine votiva di cera. Al suo ritorno a casa, trova il figlioletto in perfetta salute, che cammina e parla.
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Un uomo della diocesi di Perugia, muto e costretto a tenere la bocca sempre spalancata e spaventosamente ansimante, a causa della gola enormemente gonfiata, arriva un giorno alla tomba di san Francesco e, nell'atto di salire i gradini a toccarla, vomita sangue. Ed ecco, subito liberato completamente, comincia a parlare, ed apre e chiude la bocca in maniera normale: è guarito!
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150. Anche una donna, colpita da gravissimo dolore alla gola, così da avere la lingua inaridita e attaccata al palato per l'arsura, non è in grado di parlare, né di bere, né di mangiare, e qualsiasi medicamento si rivela perfettamente inutile. Allora, dall'intimo del suo cuore, poiché non può parlare, si vota fiduciosa a san Francesco. Immediatamente l'apparato palatale si spezza e le esce dalla gola un sasso rotondo, che mostra a tutti, ed è interamente liberata dal suo male.
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A Greccio, un giovane, avendo perso l'udito, la memoria e la favella insieme, non può intendere né sentire nulla. I genitori, che hanno una grande fiducia in san Francesco, fanno voto a lui con suppliche sincere. Quasi subito il loro figlio, per grazia singolarissima del padre santo, ricupera l'uso di tutti i suoi sensi.
A lode, gloria e onore del Signor nostro Gesù Cristo, il cui regno e l'impero rimane stabile e imperituro nei secoli dei secoli. Amen.
Fine
EPILOGO
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151. Abbiamo narrato qualcuno dei miracoli del beatissimo padre nostro Francesco, e molti ne abbiamo omessi. Lasciamo ad altri che vorranno seguire i suoi passi, di meritarsi con la loro ricerca la grazia di nuove benedizioni.
Egli, che ha mirabilmente rinnovato il mondo con la parola e l'esempio, con la vita e la dottrina, si degni di beneficare con altri carismi i cuori di coloro che amano sinceramente Iddio.
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Ed io, per amore del Crocifisso povero e delle sue sacre stimmate, che il beato padre Francesco portò nel suo corpo, prego tutti quelli che leggeranno, vedranno e udranno la mia narrazione, di ricordarsi presso Dio di me peccatore Amen.
Benedizione, onore e ogni lode al solo sapiente Iddio, che tutto compie con sapienza in tutti e sempre a sua gloria. Amen. Amen. Amen!
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