LEGGENDA MAGGIORE
di SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
ALCUNI MIRACOLI DA LUI OPERATI DOPO LA MORTE
POTENZA MIRACOLOSA DELLE STIMMATE
1256 1. Accingendomi a narrare, ad onore di Dio onnipotente e a gloria del beato padre Francesco, alcuni tra i miracoli approvati, che avvennero dopo la sua glorificazione in cielo, ho giudicato di dover incominciare da quello che, meglio di ogni altro, rivela la potenza della croce di Gesù e ne rinnova la gloria.
L'uomo nuovo Francesco risplendette per un nuovo e stupendo miracolo, quando per un privilegio straordinario, non concesso nelle età precedenti, apparve insignito e adorno delle stimmate sacre, che impressero nel suo corpo di morte la figura del Crocifisso.
Qualunque lode dica lingua umana di questo prodigio, non sarà mai lode adeguata.
In verità tutta l'opera dell'uomo di Dio, in pubblico e in privato, mirava alla croce del Signore: per questo prese l'abito della penitenza, fatto in forma di croce, racchiudendosi in essa, per sigillare anche esteriormente il suo corpo con il sigillo della croce, che era stato impresso nel suo cuore all'inizio della conversione. Per questo volle che, come il suo spirito si era interiormente rivestito del Signore crocifisso, così anche il suo corpo si rivestisse delle armi della croce e che il suo esercito militasse sotto quella stessa insegna con la quale Dio aveva debellato le potestà diaboliche.
Inoltre varie volte, fin da quando aveva cominciato a militare per il Crocifisso, rifulsero intorno a lui i misteri della Croce. Ciò appare chiaramente a chi considera lo svolgimento della sua vita, cioè a chi considera le sette apparizioni della croce del Signore, dalle quali egli fu totalmente trasfigurato per opera d'estatico amore verso di lui, ad immagine dei Crocifisso, nello spirito, nel cuore, nelle opere.
Giustamente, pertanto, il Re sommo e clemente, benigno oltre ogni umana immaginazione con chi lo ama, volle che Francesco portasse impresso nel proprio corpo il vessillo della Sua croce: colui che aveva avuto il dono di un amore straordinario per la croce, poteva bene ottenere dalla croce un onore straordinario.
1257 2. A scacciare ogni nube di dubbio e a comprovare l'autenticità di questo miracolo stupendo e incontestabile ci sono non soltanto le testimonianze, assolutamente degne di fede, di coloro che videro e toccarono, ma anche le ammirabili apparizioni e i prodigi, che rifulsero dopo la morte del Santo.
Papa Gregorio IX, di felice memoria, al quale il Santo aveva profetizzato l'elezione alla cattedra di Pietro nutriva in cuore, prima di canonizzare l'alfiere della croce, dei dubbi sulla ferita del costato.
Ebbene, una notte, come lo stesso glorioso presule raccontava tra le lacrime, gli apparve in sogno il beato Francesco che, con volto piuttosto severo, lo rimproverò per quelle esitazioni e, alzando bene il braccio destro, scoprì la ferita e gli chiese una fiala, per raccogliere il sangue zampillante che fluiva dal costato.
Il sommo Pontefice, in visione, porse la fiala richiesta e la vide riempirsi fino all'orlo di sangue vivo.
Da allora egli si infiammò di grandissima devozione e ferventissimo zelo per quel sacro miracolo, al punto da non riuscire a sopportare che qualcuno osasse, nella sua superbia e presunzione, misconoscere la realtà dei quei segni fulgentissimi, senza rimproverarlo duramente.
1258 3 Un certo frate, minore per professione, predicatore per ufficio, eminentissimo per la fama delle sue virtù, credeva fermamente nel fatto delle stimmate. Se non che, cercando dentro di sé la spiegazione di questo miracolo secondo la logica umana, si sentì titillare da non so che dubbi.
Per parecchi giorni fu in preda a quella lotta interiore, che il suo ragionare basato sui sensi rinvigoriva.
Ma una notte, mentre dormiva, gli apparve Francesco con aspetto umile e severo, paziente e adirato e con i piedi sporchi di fango. E gli disse: “ Che cosa sono queste tue lotte, questi tuoi conflitti? Che cos'è questo sudiciume di dubbi? Guarda le mie mani e i miei piedi ”.
E il frate vedeva, sì, le mani trafitte, ma non riusciva a vedere le stimmate nei piedi infangati.
“ Togli via il fango dai miei piedi --gli disse allora il Santo--e riconosci il posto dei chiodi ”.
Il frate gli abbracciò i piedi con devozione e, mentre li ripuliva dal fango, poté tastare con le sue mani il posto dei chiodi.
Subito si sveglia e si effonde in lacrime, ripulendo così i suoi primitivi sentimenti, intorbiditi dal fango, e con il lavacro delle lacrime e con una pubblica confessione.
1259 4. Nella città di Roma, una matrona, nobile per limpidezza di costumi e gloria di casato, si era eletta san Francesco come patrono e teneva un quadro con la sua immagine nella camera segreta, dove nel segreto pregava il Padre.
Un giorno, mentre pregava rimirando l'immagine del Santo, fu colta da grande dolore e meraviglia, costatando che non vi erano dipinti i sacri segni delle stimmate.
Ma non c'è da meravigliarsi se nel dipinto non c'era quello che il pittore non vi aveva messo.
Per molti giorni la matrona indagò ansiosamente quale potesse essere la causa di una simile omissione. Ed ecco un giorno, apparire improvvisamente nel quadro quei segni meravigliosi, come di solito vengono dipinti nelle immagini del Santo.
Tutta tremante, fa venire subito la figlia sua, a Dio devota; le chiede se fino allora l'immagine era senza le stimmate. La figlia afferma e giura che prima era stata così, senza le stimmate, mentre ora la si vedeva sicuramente con le stimmate.
Ma spesso la mente umana si spinge da se stessa nel precipizio, rimettendo in dubbio la verità. F così si insinua di nuovo nella mente della donna un dubbio funesto: forse quell'immagine era stata dipinta con i segni delle stimmate fin da principio.
Ma la potenza di Dio, perché non venisse disprezzato il primo miracolo, ne aggiunse un secondo. Difatti quei segni prodigiosi scomparvero all'improvviso, lasciandone spoglia l'immagine.
In questo modo il secondo prodigio diventava la prova del primo.
1260 5. Nella Catalogna, vicino a Lerida, un uomo, che si chiamava Giovanni ed era devoto del beato Francesco, una sera stava camminando per una strada, dove era stato teso un agguato per uccidere non già lui, che non aveva nemici, ma un altro, che gli assomigliava e quella sera si trovava in sua compagnia.
Balzando dal nascondiglio, I'assassino, che avea scambiato Giovanni per il suo nemico, lo colpì a morte molte volte con la spada.
Non c'era più assolutamente speranza di salvarlo. Difatti il primo colpo gli aveva staccato quasi totalmente una spalla e il braccio e un secondo gli aveva aperto sotto la mammella un tale squarcio che il fiato che ne fuorusciva avrebbe potuto spegnere sei candele in una volta.
A giudizio dei medici era impossibile curarlo, perché le ferite erano già imputridite ed esalavano un fetore insopportabile, tanto che perfino la moglie ne provava violenta ripugnanza.
Perduta ormai ogni speranza nei rimedi umani, il ferito rivolse tutta la sua devozione a impetrare il patrocinio del beato padre Francesco, che già sotto il grandinare dei colpi aveva invocato con grande fiducia, insieme con la beata Vergine.
Ed ecco: mentre languiva nel letto solitario della sua sventura, e, vegliando e gemendo, continuava a ripetere il nome di Francesco, gli si avvicinò un tale, vestito da frate minore; sembrava che fosse entrato dalla finestra.
Chiamandolo per nome, gli disse: “ Siccome hai avuto fiducia in me, ecco che il Signore ti farà guarire ”.
L'infermo gli domandò chi era: quello rispose che era san Francesco e subito si accostò a lui, gli slegò le fasciature delle ferite e spalmò un unguento (così sembrava) su tutte le piaghe.
Al contatto soave di quelle mani stimmatizzate, che avevano ricevuto dal Salvatore la potenza di risanare, la carne, scomparso il marciume, si reintegrò, le ferite si rimarginarono, lasciando il ferito completamente sano, come prima.
Fatto questo, il beato Francesco scomparve. E quelI'uomo, sentendosi risanato, proruppe in grida di gioia e di lode a Dio e al beato Francesco; chiamò la moglie, che accorse in fretta e vedendolo già in piedi, mentre pensava di doverlo seppellire il giorno dopo, stupefatta e sbigottita, incominciò a gridare, facendo accorrere tutto il vicinato.
Accorsero i parenti e cercarono di rimetterlo nel letto, credendolo frenetico; ma egli, opponendosi ai loro sforzi, proclamava e dimostrava di essere guarito.
Tutti, folgorati dallo stupore e come fuori di senno, credevano di vedere un fantasma, trovandosi di fronte integro, sano e allegro, colui che poco prima avevano visto dilaniato da orribili ferite e ormai quasi imputridito.
Il miracolato disse loro: “ Non abbiate paura: non state vedendo un fantasma. San Francesco, che c- appena scomparso da qui, mi ha toccato con le sue mani sacre e mi ha risanato integralmente da ogni piaga ”.
La fama del miracolo si diffonde e ingigantisce; tutto il popolo accorre e riconosce in un prodigio così potente la virtù miracolosa delle stimmate di san Francesco e, pieno di ammirazione e di gioia, inneggia e osanna all'alfiere di Cristo.
Era sommamente conveniente che il beato padre, morto nella carne e ormai vivente con Cristo, facendo sentire la sua presenza miracolosa e il tocco soave delle sue sacre mani, concedesse la salute a un uomo ferito mortalmente. Difatti egli portava in sé le stimmate di Colui che, misericordiosamente morendo e miracolosamente risorgendo, ha risanato con le sue piaghe il genere umano ferito e abbandonato mezzo morto sulla via.
1261 6. A Potenza, città delle Puglie, vi era un chierico, di nome Ruggero, personaggio rispettabile e canonico della chiesa maggiore.
Ruggero, tormentato da una malattia, entrò un giorno a pregare nella chiesa, dove si trovava un quadro che rappresentava il beato Francesco insignito delle gloriose stimmate, e incominciò ad avere dei dubbi su questo miracolo così sublime: gli pareva una cosa troppo straordinaria, impossibile.
Mentre si abbandonava a questi pensieri vani, che gli piagavano la mente, si sentì colpito nel palmo della mano sinistra, sotto il guanto, e udì il rumore come di un colpo: sembrava quello di una freccia scagliata dalla balestra.
Dolorante per la ferita e stupefatto per il rumore si tolse subito il guanto per controllare con gli occhi quanto aveva avvertito col tatto e con l'udito. Ebbene: prima nel palmo non vi era ombra di ferita, ed ora invece nel centro della mano si vedeva una piaga, che sembrava causata da un colpo di freccia e che sprigionava un bruciore così forte da farlo quasi svenire.
Ma la meraviglia è che sul guanto non appariva nessun segno: evidentemente quella ferita inflitta segretamente stava a indicare la piaga segreta del cuore.
Grida e ruggisce per due giorni sotto il terribile dolore e palesa a tutti la sua segreta incredulità; giura di credere che san Francesco ha avuto veramente le stimmate e dichiara che tutti i suoi dubbi sono scomparsi come fantasmi .
Prega e supplica il Santo di Dio di soccorrerlo, in nome delle sacre stimmate, e rende più fruttuose le molte preghiere del cuore con grande profluvio di lacrime.
Cosa davvero meravigliosa: appena la sua mente guarisce, rifiutando l'incredulità, guarisce anche il suo corpo. Ogni dolore si placa, cessa il bruciore, scompare ogni traccia di ferita.
Così la provvida bontà del cielo aveva curato la malattia invisibile dello spirito con un cauterio visibile nella carne, risanando insieme anima e corpo.
Quell'uomo diventa umile, devoto, e resta per sempre legato da grande familiarità al Santo e all'Ordine dei frati.
Questo miracolo fu testimoniato con giuramento e noi ne abbiamo avuto notizia dalle lettere del vescovo, munite del suo proprio sigillo.
1262 Riguardo alla realtà delle sacre stimmate, dunque, nessuna esitazione per nessuno; nessuno, su questo punto, abbia l'occhio cattivo, perché Dio è buono, quasi che un dono così straordinario sia disdicevole alla Bontà sempiterna.
Difatti nessuno, che sia sano di mente, può negare che tornerebbe totalmente a gloria di Cristo il fatto che molti fedeli aderissero a Cristo loro capo con lo stesso amore serafico di Francesco e fossero ritenuti degni di portare in guerra un'armatura come la sua e di raggiungere una gloria come la sua nel Regno.
II
MORTI RISUSCITATI
1263 1. Nel borgo di Monte Marano, presso Benevento era morta una donna particolarmente devota di san Francesco.
La sera vennero i chierici per le esequie e già si apprestavano a celebrare la veglia con la recita dei salmi quando improvvisamente, alla vista di tutti, la donna si alzò sul letto e chiamò uno dei sacerdoti presenti, che era il suo padrino, e gli disse: “ Padre, voglio confessarmi: ascolta il mio peccato. Quando sono morta, io dovevo essere gettata in una orrenda prigione, perché non avevo confessato il peccato che sto per dirti. Ma per me ha pregato san Francesco, che durante la vita ho sempre servito con devozione e cosi mi è stato concesso di ritornare ora nel corpo, per confessare quel peccato e meritarmi la vita eterna. Dopo che lo avrò confessato, ecco, mi affretterò alla pace promessa ”.
Tremando si confessò al sacerdote tremante e, ricevuta l'assoluzione, si stese in pace sul suo letto e s'addormentò felicemente nel Signore.
1264 2. Nel paese di Pomarico, situato fra i monti della Puglia, due coniugi avevano un'unica figlia, di tenera età, teneramente amata. Ma una grave malattia la condusse alla tomba.
I suoi genitori, disperando di avere altri eredi, si ritenevano morti con lei.
Vennero i parenti e gli amici per quel funerale troppo degno di pianto; ma la madre infelice, giacendo ricolma d'indicibili dolori e sommersa da infinita tristezza, nulla avvertiva di quanto si stava facendo.
Intanto san Francesco, in compagnia di un solo frate, si degnò di visitare con un'apparizione la desolata donna, che ben conosceva come sua devota. Pietosamente parlandole: “ Non piangere, le disse, perché il lume della tua lucerna, che tu piangi come spento, ti sarà restituito per mia intercessione ”.
Si alzò immediatamente la donna e, raccontando a tutti quanto il Santo le aveva detto, proibì che si procedesse alla sepoltura; poi, invocando con grande fede il nome di san Francesco, prese per mano la figlia morta, e, viva, sana e salva, la fece alzare, fra lo stupore universale.
1265 3. Una volta i frati di Nocera (Umbra), che avevano bisogno del carro, lo chiesero in prestito per un po' di tempo ad un certo Pietro. Ma costui, pazzamente, rispose scagliando ingiurie, invece dell'aiuto richiesto, e lanciando una bestemmia contro san Francesco, invece dell'elemosina domandata in suo nome.
Si pentì subito, I'uomo, della sua pazzia, perché Dio gli fece sentire nel cuore la paura della sua vendetta, che, del resto, sopravvenne prontamente. Infatti il suo figlio primogenito si ammalò improvvisamente e di lì a poco spirò.
Si rivoltava per terra l'infelice padre e non cessava di invocare san Francesco, il santo di Dio, gridando fra le lacrime: “ Sono io che ho peccato, io che ho parlato da malvagio: avresti dovuto punire direttamente me, nella mia persona. O Santo adesso che sono pentito, restituiscimi quello che hai tolto, quando bestemmiavo da empio!
Io mi consacro a te, mi assoggetto per sempre al tuo servizio e sempre offrirò a Cristo un devoto sacrificio di lode per onore del tuo nome! ”.
Cosa meravigliosa: a queste parole il fanciullo risuscitò e, facendo smettere i pianti, raccontò che, appena era morto ed era uscito dal corpo, era stato condotto via da san Francesco, che poi lo aveva ricondotto in vita.
1266 4. Il figlioletto appena settenne d'un notaio di Roma, si era messo in testa, come usano i bambini, di seguire la mamma che stava andando alla chiesa di San Marco. Siccome la mamma lo aveva costretto a restare a casa, si buttò dalla finestra del palazzo e, abbattendosi al suolo, spirò sul colpo.
La madre, che non era ancora molto lontano, sospettando, dal rumore, che il suo bambino fosse precipitato, tornò in fretta e, vedendo che aveva improvvisamente perduto il figlio per quella caduta sciagurata, incominciò a straziarsi con le proprie mani, come per punirsi da se stessa, mentre con le sue grida di dolore eccitava al pianto tutto il vicinato.
Ma un frate dell'Ordine dei minori, di nome Rao, che si stava recando in quel luogo per predicare, si avvicinò al bambino e poi, pieno di fede, disse al padre: “ Credi tu che Francesco, il santo di Dio, può risuscitare dai morti tuo figlio, in forza di quell'amore che ha sempre avuto verso Gesù Cristo, morto in croce per ridare la vita agli uomini? ”.
Il padre rispose che lo credeva fermamente e che da quel momento sarebbe stato per sempre un fedele servitore del Santo, se, per i suoi meriti, Dio gli avesse concesso un dono così grande.
Quel frate si prostrò in orazione con il frate suo compagno e incitò tutti i presenti a pregare.
Come fu terminata la preghiera, il bambino incominciò a sbadigliare un poco, aprì gli occhi e sollevò le braccia e, finalmente, si alzò da solo e subito, alla presenza di tutti, si mise a camminare, sano e salvo, restituito alla vita e, insieme, alla salvezza per la mirabile potenza del Santo .
1267 5. Nella città di Capua, un bambino, giocando con molti altri presso la riva del fiume Volturno, cadde per sbadataggine nella corrente impetuosa, che lo inghiottì e lo seppellì sotto la sabbia.
Gli altri bambini che stavano giocando con lui vicino al fiume, si misero a gridare forte, facendo accorrere una gran folla.
Tutta la popolazione si mise a invocare devotamente il beato Francesco, supplicando che, guardando alla fede dei suoi genitori a lui tanto devoti, si degnasse di strappare il figlio alla morte.
Un nuotatore, che si trovava nei paraggi sentendo quelle grida, si avvicinò e si informò dell'accaduto. Dopo aver invocato l'aiuto del beato Francesco, riuscì a trovare il cadavere del bambino, immerso nel fango, come in un sepolcro. Lo disseppellì e lo portò a riva, costatando che, purtroppo, ormai era morto.
Ma la popolazione, tutto intorno, benché vedesse che il bambino era morto, gridava forte, continuando a piangere e a far lamento: “ San Francesco, ridona il bambino a suo padre! ”.
E anche degli Ebrei, che erano accorsi, mossi da naturale pietà, dicevano: “ San Francesco, san Francesco, ridona il bambino al padre suo! ”.
Improvvisamente il bambino, fra la gioia e lo stupore universale, si levò in piedi sano e salvo e supplicò che lo conducessero alla chiesa di san Francesco, perché voleva ringraziarlo devotamente, ben sapendo che era stato lui, con la sua potenza, a risuscitarlo.
1268 6. Nella città di Sessa, in un quartiere denominato “ Alle Colonne ”, una casa crollò improvvisamente, travolgendo un giovane e uccidendolo sul colpo.
Uomini e donne, accorrendo da ogni parte al rumore del crollo, rimossero le travi e portarono il corpo del figlio morto alla madre. Ma l'infelice, tra amarissimi singhiozzi, così come poteva, con voce di dolore gridava: “ San Francesco, san Francesco, rendimi il figlio mio! ”.
Non solo lei, ma anche tutti i presenti invocavano con insistenza l'aiuto di san Francesco.
Finalmente, non vedendo più segno di vita, misero il cadavere su un lettuccio, nell'attesa di seppellirlo l'indomani .
La madre, però, che aveva fiducia nel Signore e nei meriti del suo Santo, fece voto di donare una tovaglia nuova per l'altare del beato Francesco, se egli avesse richiamato in vita suo figlio.
Ed ecco, verso l'ora di mezzanotte, il giovane incominciò a sbadigliare, sentì rifluire il calore nelle membra e si rialzò, vivo e sano, prorompendo in esclamazioni di lode ed incitando anche il clero là convenuto e il popolo tutto a lodare e ringraziare con letizia Dio e il beato Francesco.
1269 7. Un giovane di Ragusa, di nome Gerlandino, era andato alla vigna, in occasione della vendemmia.
Mentre, nel tino, stava davanti al torchio, intento a riempire gli otri, alcune cataste di legna si sfasciarono, facendo cadere delle pietre molto grosse, che gli fracassarono la testa.
Il padre accorse subito in aiuto del figlio, ma, disperando di salvarlo, non cercò nemmeno di soccorrerlo e lo lasciò, così com'era, sotto le pietre.
I vignaioli, sentendo i suoi fortissimi lamenti, accorsero prontamente e, condividendo l'intenso dolore del padre estrassero il giovane, ormai cadavere, dalle macerie.
Ma il padre, prostratosi ai piedi di Gesù, umilmente lo supplicava che si degnasse di restituirgli il suo figlio unico per i meriti di san Francesco, di cui era imminente la festa. Moltiplicava le preghiere, si votava a opere di pietà, promettendo di andare in pellegrinaggio alla tomba del Santo, insieme col figlio, se fosse risuscitato.
Cosa davvero meravigliosa: il giovane, che aveva avuto sfracellato tutto il corpo, improvvisamente balzò in piedi, vivo e integro, e, pieno di gioia, si mise a rimproverare quelli che piangevano, dichiarando che era stato reso alla vita per l'intercessione di san Francesco.
1270 8. Francesco fece risuscitare un morto anche in Germania. Di questo fatto papa Gregorio si fece garante con lettera apostolica, annunciandolo il giorno della traslazione del Santo a tutti i frati, convenuti ad Assisi per il Capitolo, e riempiendoli di gioia.
Il modo in cui è avvenuto questo miracolo, non ho potuto saperlo, e perciò non l'ho descritto; ma sono sicuro che il documento papale è più forte di qualsiasi testimonianza.
III
SALVATI DAL PERICOLO DI MORTE
1271 1. Nei dintorni di Roma, un nobiluomo di nome Rodolfo, insieme con la sua devota consorte, aveva accolto nella sua casa dei frati minori, sia per amore di ospitalità sia per devozione e amore verso il beato Francesco. Ma quella notte il custode del castello, che dormiva sulla sommità della torre, sopra una catasta di legna posta proprio sulla sporgenza del muro, sfasciatasi la catasta, cadde sul tetto del palazzo e da lì precipitò al suolo.
Tutta la famiglia, al rumore della caduta, si svegliò; il castellano e la castellana accorsero insieme con i frati, avendo intuito che il custode era precipitato dalla torre.
Se non che costui dormiva tanto profondamente che non si svegliò né per la duplice caduta né per il rumore e le grida di quelli che accorrevano.
Finalmente, tirandolo e spingendolo, riuscirono a svegliarlo. Egli, allora, incominciò a lamentarsi, perché lo avevano bruscamente distolto da un riposo soave, proprio mentre, come lui asseriva, stava dormendo dolcemente fra le braccia del beato Francesco.
Ma quando fu informato dagli altri del modo in cui era precipitato e si vide là in terra, mentre si era addormentato in cima alla torre, rimase stupefatto: non si era nemmeno accorto di quanto gli accadeva! E allora promise davanti a tutti di fare penitenza per amor di Dio e del beato Francesco .
1272 2. Nel paese di Pofi, che si trova nella Campania, un sacerdote di nome Tommaso, si era messo a riparare il mulino della chiesa. Ma camminando incautamente lungo le estremità del condotto da cui l'acqua defluiva in gran massa, formando un gorgo profondo, cadde improvvisamente e si impigliò tra le pale della ruota che fa girare il mulino .
Giacendo, così, supino e inviluppato fra i legni e sentendo scorrere l'acqua impetuosa sulla faccia, con il cuore soltanto, non potendolo fare con la lingua, flebilmente invocava san Francesco.
Per lungo tempo rimase in quella posizione. I suoi compagni, non sapendo in quale altro modo salvarlo, girarono con violenza la mola in senso contrario: così il sacerdote venne spinto fuori dalle pale; ma ora veniva trascinato via dalla corrente.
Ed ecco: un frate minore, vestito di una bianca tonaca e cinto con una corda, lo afferrò per il braccio e con grande delicatezza lo trasse fuori dall'acqua, dicendo: “ Io sono san Francesco, che tu hai invocato ”.
Sentendosi liberato in un modo simile e pieno di stupore, il sacerdote voleva baciare le orme dei suoi piedi e correva ansiosamente qua e là, chiedendo ai compagni: “ Dov'è? Dov'è andato il Santo? da che parte si è allontanato? ”.
Allora tutti quegli uomini, tremanti di paura, si prostrarono per terra, esaltando le imprese grandi e gloriose di Dio eccelso e la miracolosa intercessione dell'umile suo servo.
1273 3. Alcuni ragazzi del borgo di Celano erano andati a falciare l'erba in un campo, dove c'era un vecchio pozzo, che aveva la sommità nascosta e tutta coperta dall'erba che vi era cresciuta rigogliosa.
L'acqua del pozzo era profonda quasi quattro passi.
Quando i ragazzi si sparpagliarono per la campagna, uno di loro cadde improvvisamente nel pozzo. Mentre, però, con il corpo sprofondava nella gola del pozzo, egli con lo spirito saliva in alto a invocare l'aiuto di san Francesco e, proprio durante la caduta, gridava: “ San Francesco, aiutami! >.
Tutti gli altri, poiché non lo vedevano comparire, si misero a cercarlo da ogni parte, gridando e piangendo. Scoperto, finalmente, che era caduto nel pozzo, tornarono di corsa al paese, per segnalare l'incidente e chiamare aiuto.
Tornarono indietro con una gran folla di gente. Uno fu calato nel pozzo con una fune e scorse il ragazzo seduto sul pelo dell'acqua, completamente illeso.
Tratto fuori dal pozzo, il ragazzo disse a tutti i presenti: “ Quando sono caduto improvvisamente, io ho invocato la protezione del beato Francesco e lui, mentre precipitavo, è venuto subito vicino a me, mi ha preso per mano lievemente e non mi ha più lasciato, finché, insieme con voi, mi ha fatto uscire dal pozzo ”.
1274 4. Nella chiesa di San Francesco, ad Assisi, mentre il vescovo di Ostia--quello che poi sarebbe diventato papa Alessandro -- stava predicando alla presenza della curia romana, una lastra pesante e grossa, lasciata per incuria sul pulpito, che era alto e in pietra, a causa di una spinta troppo forte, cadde sulla testa di una donna.
I presenti, vedendo che la donna aveva la testa fracassata, pensarono che ormai fosse morta e la ricopersero col mantello che aveva indosso, nell'intento di portar fuori il triste peso dalla chiesa, appena finita la predica.
Ma la donna si raccomandò fiduciosamente al beato Francesco, davanti all'altare del quale si trovava distesa. Ed ecco, terminata la predica, la donna si alzò alla presenza di tutti, sana e salva, perfettamente illesa.
Ma c'è qualcosa di più meraviglioso: mentre, fino allora, aveva sofferto un dolor di testa quasi continuo, da allora ne fu completamente libera, come lei stessa in seguito testimoniava .
1275 5. A Corneto, mentre alcune devote persone lavoravano nel luogo dei frati alla fusione di una campana, un ragazzino di otto anni, di nome Bartolomeo, andò a portare ai frati un po' di cibo per i lavoratori.
Ed ecco: improvvisamente un fortissimo colpo di vento investendo la casa, scaraventò l'uscio della porta grande e pesante addosso al ragazzino. L'urto era stato così violento da far ritenere che egli fosse morto, schiacciato da quel peso enorme che lo aveva sepolto e completamente ricoperto, facendolo scomparire dalla vista.
Accorsero tutti i presenti, invocando la destra miracolosa del beato Francesco.
Il padre del ragazzo, tutto irrigidito dal dolore, non riusciva più a muoversi; ma pregava con il cuore e con la voce, offrendo il figlio a san Francesco.
Finalmente si riuscì a rimuovere il funesto peso: ed ecco, il bambino che credevano morto, comparve lieto e contento, come se si svegliasse allora dal sonno, perfettamente illeso.
Adempiendo al voto, quand'ebbe quattordici anni, si fece frate minore e divenne, poi, un predicatore dotto e famoso .
1276 6. Alcuni operai di Lentini avevano cavato dal monte una pietra grandissima, che si doveva porre sopra l'altare d'una chiesa dedicata a san Francesco, pochi giorni prima che venisse consacrata. Mentre gli uomini, una quarantina circa, intensificavano gli sforzi per farla scivolare sul veicolo, la pietra cadde sopra uno di loro e lo ricoprì come una lastra sepolcrale.
Confusi e storditi, non sapevano che cosa fare, sicché la maggior parte di loro, persa ogni speranza, se ne andò.
Ma i dieci rimasti si misero a invocare con voce lamentosa san Francesco, perché non permettesse che un uomo, proprio mentre lavorava al suo servizio, morisse in una maniera così orrenda.
Poi, ripreso coraggio, riuscirono a rimuovere la pietra con una tale facilità da renderli tutti convinti che c'era stato di mezzo l'intervento miracoloso di san Francesco.
L'uomo si rialzò, integro in tutte le sue membra; e per di più si ritrovò con una vista perfettamente limpida, mentre fin allora ci vedeva male.
In questo modo tutti poterono capire quanto sia potente l'intercessione di san Francesco nelle situazioni disperate.
1277 7. Un fatto analogo avvenne presso San Severino, nella Marca d'Ancona.
Una pietra enorme, proveniente da Costantinopoli, veniva trascinata da molti uomini alla basilica di San Francesco, quando all'improvviso scivolò e si abbatté su uno di loro.
Credettero che costui non solo fosse morto, ma totalmente sfracellato. E invece intervenne l'aiuto del beato Francesco, che tenne sollevata la pietra, finché l'uomo, buttando via quel gran peso, saltò fuori sano e salvo, perfettamente illeso.
1278 8. Bartolomeo, un cittadino di Gaeta, mentre lavorava alla costruzione di una chiesa del beato Francesco senza risparmiare sudori, fu gravemente colpito da una trave malferma che, precipitando su di lui, gli schiacciò la testa. Sentendo che la morte era ormai imminente, da persona fedele e pia qual era, chiese a un frate il Viatico.
Il frate, sicuro che non sarebbe arrivato in tempo col Viatico, perché quello sembrava ormai agli estremi, si servì della formula di sant'Agostino: “ Credi, e ti sei già comunicato! ”.
Ma la notte seguente, il beato Francesco apparve al morente, in compagnia di undici frati, e, portando in seno un agnellino, si accostò al suo ]etto e lo chiamò per nome: “ Bartolomeo, non temere, perché il nemico non prevarrà contro di te; lui che voleva sottrarti al mio servizio. Questo è l'Agnello che tu chiedevi di ricevere e che, per il tuo santo desiderio, hai anche ricevuto. Per la sua potenza otterrai non solo la salvezza dell'anima, ma anche quella del corpo >.
E, cosí, facendo scorrere le mani sopra le sue ferite, gli comandò di ritornare al suo lavoro.
Bartolomeo si alzò molto presto e al mattino si presentò incolume e allegro davanti a quelli che l'avevano lasciato mezzo morto.
L'esempio di quest'uomo e il miracolo del Santo, lasciando tutti stupefatti, eccitò i cuori alla devozione e all'amore per il beato padre.
1279 9. Un certo Nicola, di Ceprano, un giorno cadde nelle mani di nemici crudeli, che. decisi a spacciarlo, infierirono sul poveretto, coprendolo di ferite, e lo lasciarono solo quando lo credettero morto o in punto di morte.
Ma Nicola, sotto l'infuriare dei primi colpi, aveva gridato ad alta voce: “ San Francesco, soccorrimi! San Francesco, aiutami! ”. Molti da lontano sentirono questo grido, anche se non poterono venire in aiuto.
Riportato, finalmente, a casa, tutto rivoltato nel suo sangue, Nicola dichiarava con grande fiducia che lui, per quelle piaghe, non avrebbe visto la morte e che, anche in quel momento, non sentiva dolori, perché san Francesco era venuto in suo soccorso e gli aveva ottenuto dal Signore la grazia di poter prima fare penitenza.
Ciò che seguì confermò le sue parole.
Difatti, appena fu lavato dal sangue, contro ogni umana speranza si rialzò guarito.
1280 10. Il figlio d'un nobile di Castel San Giminiano, a causa di una grave infermità, era ridotto agli estremi, senza più speranza di guarigione. Dagli occhi gli usciva un fiotto di sangue, come quello che di solito sprizza dalla vena del braccio. Anche in tutto il resto del corpo c'erano segni di fine imminente, tanto che ormai lo consideravano come un morto. Quando poi il respiro si fece debole, si spensero la forza vitale, la sensibilità e il moto, sembrò che se ne fosse andato del tutto.
I parenti e gli amici erano venuti per il compianto, secondo l'uso, e ormai si parlava soltanto di sepoltura. Ma il padre, che aveva fiducia nel Si.more, corse a gr.ln passi nella chiesa del beato Francesco, che era stata costruita nel paese, e, col cingolo al collo, si prostrò a terra con tutta umiltà. Facendo voti e pregando senza interruzione, fra pianti e sospiri, meritò di ottenere che san Francesco si facesse suo patrono presso Cristo.
Infatti, ritornando subito dal figlio, il padre lo trovò guarito e trasformò il suo lutto in gioia.
1281 11. Un miracolo analogo, il Signore, per i meriti del Santo, lo operò a favore di una fanciulla della città di Thamarit, nella Catalogna, e di un'altra fanciulla, di Ancona: ad ambedue, ridotte all'ultimo respiro dalla violenza della malattia, il beato Francesco, invocato con fede dai genitori, ridonò immediatamente perfetta salute.
1282 12. Un chierico di Vicalvi, chiamato Matteo, un giorno ingerì un veleno mortale, che lo privò totalmente della parola e lo ridusse in fin di vita.
Un sacerdote andò da lui per confessarlo, ma non riuscì a storcergli fuori una parola.
Il chierico, però, in cuor suo, pregava umilmente Cristo, perché si degnasse di strapparlo dalle fauci della morte, per i meriti di san Francesco.
E finalmente, con l'aiuto di Dio, riuscì a pronunciare il nome di Francesco.
Appena lo ebbe pronunciato, vomitò il veleno e, alla presenza di tutti, rese grazie al suo liberatore.
IV
SALVATI DAL NAUFRAGIO
1283 1. Alcuni marinai, sorpresi da una violenta burrasca a dieci miglia dal porto di Barletta, vistisi in grave pericolo e ormai incerti della vita, gettarono le àncore.
Ma, gonfiandosi il mare con violenza ancora maggiore, sotto l'infuriare del vento, le funi delle àncore si ruppero ed essi incominciarono a vagare tra le onde, senza punto di riferimento.
Finalmente, come Dio volle, il mare si placò ed essi Si apprestarono a recuperare, con ogni sforzo possibile, le àncore, di cui vedevano le funi galleggiare in superficie.
Visto che non riuscivano da soli nell'impresa, invocarono l'aiuto di molti santi. Ma, nonostante questo e nonostante gli sforzi che li lasciavano in un mare di sudore nel corso dell'intera giornata non poterono recuperare nemmeno un'àncora.
C'era fra loro un marinaio, che di nome era Perfetto, ma non era perfetto nella condotta. Costui, con senso di scherno, disse ai compagni: “ Ecco: avete invocato l'aiuto di tutti i Santi e, come vedete, non ce n'è uno che ci venga incontro. Proviamo a invocare questo famoso san Francesco, che è un santo fatto di fresco, e vediamo se in qualche modo si cala in mare e ci riporta le àncore perdute ”.
Gli altri acconsentirono alla proposta di Perfetto, non per ridere, ma sul serio; anzi, rimproverandogli le sue parole di scherno, fecero di comune accordo un voto al Santo.
E, subito, sull'istante, senza bisogno di alcun intervento, le àncore vennero a galla, come se il ferro, cambiando natura, avesse acquistato la leggerezza del legno.
1284 2. Un pellegrino, debilitato da una febbre acutissima, che l'aveva precedentemente colpito, stava tornando dai paesi d'oltremare a bordo di una nave.
Anche costui nutriva un singolare sentimento di devozione per il beato Francesco e se lo era scelto come patrono presso il Re del cielo.
Siccome non era ancora perfettamente libero dalla febbre, si sentiva tormentato da una sete ardente. Sebbene, ormai, non ci fosse più acqua, egli incominciò a gridare ad alta voce: “ Andate con fiducia a prendermi da bere, perché il beato Francesco ha riempito d'acqua il mio barilotto! ”.
Cosa davvero meravigliosa: trovarono pieno d'acqua il recipiente che prima avevano lasciato vuoto.
Un altro giorno si era scatenata una tempesta e la nave veniva ricoperta dai flutti e squassata dalla violenza della procella, tanto che ormai temevano di naufragare.
Ma quello stesso infermo si mise improvvisamente a gridare, facendosi sentire da tutta la nave: “ Alzatevi tutti e correte incontro a san Francesco. Ecco che viene: è qui per salvarci! ”. E, così dicendo, con grandi grida e lacrime si prostrò a terra ad adorare.
All'apparire del Santo, I'infermo riacquistò piena salute e il mare ritornò tranquillo.
1285 3. Frate Giacomo da Rieti, dopo aver attraversato un fiume su una barchetta in compagnia di altri frati, fece sbarcare prima i compagni sulla riva, apprestandosi poi a scendere lui pure. Ma, per disgrazia, la piccola imbarcazione si rovesciò. Il barcaiolo ed il frate caddero nel fiume; ma il barcaiolo sapeva nuotare, mentre il frate venne trascinato a fondo.
I frati che si trovavano sulla riva invocavano con grande sentimento il beato Francesco, scongiurandolo con pianti e lamenti di accorrere in soccorso del figlio.
Anche il frate sommerso, dal ventre del gorgo, non potendolo con la bocca, gridava col cuore, come poteva, e implorava il soccorso del padre pietoso.
Ed ecco: il beato padre fece sentire la sua presenza e aiutò il frate a camminare in fondo all'acqua, come se fosse su terra asciutta, finché egli, aggrappandosi alla barca sommersa, risalí con essa vicino alla sponda.
Altra meraviglia: i vestiti del frate non si erano bagnati e nemmeno una goccia si era posata sulla sua tonaca.
1286 4. Un frate di nome Bonaventura stava attraversando un lago con due altre persone, quando nella barca si produsse una falla. L'acqua si rovesciò impetuosamente dentro la barca, che andò a fondo, trascinando con sé il frate e i suoi compagni.
Ma poiché dal fondo della tetra fossa essi invocavano con molta fiducia il misericordioso padre Francesco, improvvisamente la barca risalì a galla e, con il Santo al timone, raggiunse felicemente il porto.
Così anche un frate di Ascoli, caduto nel fiume, ne fu liberato per i meriti di san Francesco.
Ma anche nel lago di Rieti, un gruppo di uomini e di donne, che si trovavano in un pericolo analogo, invocato il nome di san Francesco, scampando al pericolo di molte acque, si salvarono dal naufragio.
1287 5. Alcuni marinai di Ancona, sbattuti da una furiosa tempesta, si vedevano ormai in pericolo di affondare. Così, disperando della vita, supplicarono umilmente san Francesco: allora apparve sulla nave una luce grande e, con la luce, venne per bontà divina anche la bonaccia, quasi a indicare che l'uomo beato possiede la meravigliosa potenza di comandare ai venti e al mare.
Non credo affatto che sia possibile raccontare ad uno ad uno tutti i miracoli con i quali questo beato padre ha mostrato e continua a mostrare la sua fulgida gloria sul mare o tutti i casi disperati in cui, sul mare, è intervenuto col suo soccorso.
Del resto non deve far meraviglia se, ora che regna nei cieli, gli è stato conferito l'impero sulle acque. Difatti già quando viveva nella nostra condizione umana, tutte le creature terrestri gli erano mirabilmente sottomesse, come al tempo dell'innocenza originaria.
V
PRIGIONIERI LIBERATI
1288 1. Una volta, in Romania, un uomo nativo del luogo, che era al servizio di un signore, venne accusato falsamente di furto.
Il governatore ordinò di rinchiuderlo in una angusta prigione, con pesanti catene. Ma la padrona di casa, avendo compassione del servo, che riteneva assolutamente innocente della colpa imputatagli, continuava a pregare e a supplicare il marito, perché lo liberasse.
Visto che il marito rifiutava ostinatamente di ascoltarla, la padrona ricorse umilmente a san Francesco e raccomandò alla sua pietà l'innocente, facendo un voto.
Subito il soccorritore dei miseri intervenne e, nella sua bontà, visitò l'uomo in carcere. Sciolse le catene, infranse le porte della prigione, prese per mano l'innocente, lo condusse fuori e gli disse: “ Io sono colui, al quale la tua patrona devotamente ti ha affidato ”.
Il prigioniero era invaso dal terrore, anche perché doveva scendere da quell'altissima rupe, circondata da una voragine. Ma, mentre cercava di aggirarla, improvvisamente per la potenza del suo liberatore si ritrovò sul piano.
Ritornò dalla sua padrona, alla quale raccontò fedelmente la storia del miracolo, infiammandola ancor di più nell'amore di Cristo e nella devozione per il suo servo Francesco.
1289 2. Un poverello di Massa San Pietro doveva una somma di denaro ad un cavaliere. Siccome la sua povertà non gli consentiva di pagare il debito, venne messo in prigione dietro richiesta del cavaliere. Il debitore implorava umilmente pietà, chiedendo una dilazione per amore del beato Francesco.
Sprezzò il cavaliere superbo quelle preghiere e, da cianciatore, vilipese l'amore del Santo come una ciancia, rispondendo altezzosamente: “ Ti rinchiuderò in un luogo e ti caccerò in una prigione tale che né san Francesco né alcun altro potrà aiutarti ”.
E fece come aveva detto. Trovò una prigione tenebrosa e vi gettò il debitore incatenato.
Mia poco dopo intervenne san Francesco, che infranse le porte della prigione, spezzò le catene e ricondusse l'uomo a casa sua.
In tal modo la potenza di san Francesco, lasciando deluso il cavaliere superbo, liberò dalla sventura il prigioniero che si era a lui affidato, e, con un altro ammirabile miracolo mutò l'animo del protervo cavaliere, che divenne mitissimo .
1290 3. Alberto d'Arezzo, tenuto in strettissima prigione per debiti che gli venivano addossati ingiustamente, affidò umilmente la propria innocenza a san Francesco. Difatti egli amava molto l'Ordine dei frati minori e, fra i santi, venerava con speciale affetto san Francesco. Ma il suo creditore replicò bestemmiando che non c'erano né Dio né Francesco che potessero liberarlo dalle sue mani.
Sopraggiunse la vigilia della festa di san Francesco e il prigioniero, per amore del Santo, osservò un perfetto digiuno, offrendo il proprio cibo a un bisognoso. La notte successiva, mentr'egli vegliava, gli apparve san Francesco: al suo ingresso, i ceppi caddero dai piedi e le catene dalle mani, le porte si aprirono da sole, le tavole del soffitto saltarono via, e il prigioniero se ne tornò libero a casa sua.
Da allora egli mantenne il voto di digiunare alla vigilia di san Francesco e di aggiungere al cero, che ogni anno era solito offrire, un'oncia in più ogni anno, come segno della sua sempre crescente devozione.
1291 4. Al tempo in cui sedeva sulla cattedra di Pietro papa Gregorio IX, un certo Pietro, della città di Alife, accusato di eresia, fu preso prigioniero a Roma e, per mandato dello stesso pontefice, affidato alla custodia del vescovo di Tivoli.
Questi, impegnato a non lasciarselo sfuggire, pena la perdita del vescovado, lo fece incatenare e rinchiudere in un'oscura prigione, dove gli veniva dato il pane a peso a peso e l 'acqua secondo misura.
Ma quell'uomo, avendo saputo che si approssimava la vigilia della festa di san Francesco, incominciò a invocarlo con molte preghiere e lacrime, perché avesse pietà di lui. E siccome era tornato alla fede sincera, rinnegando ogni errore ed ogni prava eresia, e si era affidato con tutta la devozione del cuore a Francesco, campione della fede di Cristo, meritò di essere esaudito dal Signore, per intercessione del Santo.
La sera della sua festa, sull'imbrunire, il beato Francesco pietosamente scese nel carcere e, chiamando Pietro per nome, gli comandò di alzarsi in fretta.
Invaso dal terrore, il prigioniero gli domandò chi fosse e si sentì rispondere che era il beato Francesco. Intanto vedeva che, per la presenza miracolosa del Santo, i ceppi erano caduti infranti ai suoi piedi, le porte del carcere si aprivano, mentre i chiodi saltavano via da soli, e gli si spalancava davanti la strada per andarsene.
Pietro vedeva tutto questo, vedeva che era libero: eppure, paralizzato dallo stupore, non riusciva a fuggire; soltanto si mise vicino alla porta e incominciò a gridare, facendo spaventare tutte le guardie.
Venuto a sapere da loro che il prigioniero era stato liberato dai ceppi e il modo in cui si erano svolte le cose, il pio vescovo si recò nel carcere e là, riconoscendo ben visibile la potenza di Dio, si inginocchiò ad adorare il Signore.
Quei ceppi furono poi mostrati al Papa e ai cardinali che, vedendo quanto era accaduto, benedissero Dio con sentimento di grandissima ammirazione.
1292 5. Guidolotto da San Giminiano fu accusato falsamente di aver avvelenato un uomo e di aver intenzione di sterminare con lo stesso mezzo il figlio di lui e tutta quanta la famiglia. Perciò venne fatto imprigionare dal podestà del luogo e rinchiuso in una torre, tra pesantissimi ceppi.
Ma egli, forte e sicuro della propria innocenza, pieno di fiducia nel Signore, affidò la sua causa al patrocinio del beato Francesco.
Intanto il podestà andava escogitando come estorcergli con la tortura la confessione del crimine imputatogli e a quale genere di morte farlo condannare, una volta che avesse confessato.
Ma la notte precedente il giorno in cui doveva essere condotto alla tortura, il prigioniero fu visitato da san Francesco che, con la sua presenza, gli fece risplendere tutto intorno una luce immensa fino al mattino e lo ricolmò di gioia e di fiducia, assicurandogli la liberazione.
Sopraggiunsero al mattino i carnefici che lo trassero fuori dal carcere e lo sospesero al cavalletto, ammassando sul suo corpo molti pesi di ferro.
Più volte lo calarono a terra e lo risollevarono, per costringerlo a confessare il crimine più in fretta sotto l'incalzare dei tormenti. Ma egli, con il coraggio dell'innocenza, conservava un volto lieto e non mostrava alcuna mestizia, in mezzo alle pene.
Lo sospesero, poi, a testa in giù e gli accesero sotto un gran fuoco; ma neppure uno dei suoi capelli bruciò.
Finalmente gli versarono addosso olio bollente. Ma egli con l'aiuto miracoloso del patrono a cui aveva affidato la propria difesa, superò tutte queste prove e così, lasciato libero, se ne andò sano e salvo.
VI
DONNE SALVATE DAI PERICOLI DEL PARTO
1293 1. Vi era nella Schiavonia, una contessa illustre per nobiltà ed amante della virtù, che nutriva ardente devozione per san Francesco e pietosa sollecitudine per i frati.
Al momento del parto fu assalita da dolori terribili e invasa da grande angoscia. Pareva che il sorgere, ormai vicino, della prole dovesse segnare il tramonto della madre e che ella non potesse far venire alla vita il bambino, se non andandosene dalla vita.
Quello non era per lei un partorire, ma un perire.
Se non che le torna alla mente la fama di san Francesco, la sua potenza miracolosa e la sua gloria, e si sente infiammata di fede e di devozione. Si rivolge a lui, come all'efficace soccorritore, all'amico fidato, al rifugio degli afflitti: “ San Francesco, gli dice, tutte le mie ossa invocano la tua pietà, ed io nel cuore ti faccio il voto che non posso esprimere con le parole ”. Meravigliosa sveltezza della pietà!: la fine del dire fu la fine del soffrire; la fine delle doglie, I'inizio del parto. Subito, infatti, cessato ogni tormento, ella diede felicemente alla luce il bambino.
E non fu immemore del voto, non abbandonò il proposito: fece costruire una bella chiesa in onore di san Francesco e la affidò ai frati.
1294 2. Dalle parti di Roma, una donna di nome Beatrice, già da quattro giorni portava in grembo il feto morto e non riusciva a partorire. L'infelice era in preda a grandissime angosce, pressata da sofferenze mortali.
Il feto morto sospingeva la madre alla morte; I'abortivo non ancora venuto alla luce partoriva un palese pericolo per la madre.
I medici tentavano con ogni mezzo di aiutarla; ma era fatica vana.
Troppo gravemente pesava sulla infelice la maledizione dovuta al peccato d'origine: divenuta sepolcro per la sua creatura, era ella stessa sicura di finire presto nel sepolcro.
Alla fine, ponendo tutta la sua speranza nei frati minori, mandò a chiedere da loro, con piena fede e umiltà, una reliquia di san Francesco.
Riuscirono, per divina disposizione, a trovare un pezzetto della corda, che il Santo un tempo aveva usata come cingolo.
Appena le posarono sul corpo quella corda, la donna in doglie sentì scomparire ogni dolore, espulse con estrema facilità il feto, morto e causa di morte, e riacquistò la salute.
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