lunedì 17 ottobre 2016

SAN FRANCESCO E LE FONTI 629

F.F. 629 
Trovandosi Francesco in un eremo presso Rieti , era visitato ogni giorno dal medico per la cura degli occhi.
Una volta il Santo disse ai compagni:
« Invitate il medico e preparategli un buon pranzo ».
«Padre, (rispose il guardiano) te lo diciamo con rossore, ci vergogniamo ad invitarlo, tanto siamo poveri in questo momento».
«Volete forse che ve lo ripeta? »
insistette il Santo.
Il medico era presente e intervenne:
«Io, fratelli carissimi, stimerò delizia la vostra penuria ».
I frati in tutta fretta dispongono sulla tavola quanto c'è in dispensa: un po' di pane, non molto vino e per rendere più sontuoso il pranzo, la cucina manda un po' di legumi.
Ma la mensa del Signore nel frattempo si muove a compassione della mensa dei servi. Bussano alla porta e corrono ad aprire:
c'è una donna che porge un canestro pieno zeppo di bel pane, di pesci e di pasticci di gamberi, e sopra abbondanza di miele ed uva.
A tale vista i poveri commensali sfavillarono di gioia, e messa da parte per il giorno dopo quella miseria, mangiarono di quei cibi prelibati.
Il medico commosso esclamò:
« Né noi secolari e neppure voi frati conoscete veramente la santità di questo uomo».
E si sarebbero di certo pienamente sfamati, ma più che il cibo li aveva saziati il miracolo.
Così l'occhio amoroso del Padre non disprezza mai i suoi, anzi assiste con più generosa provvidenza chi è più bisognoso.
Il povero si pasce ad una mensa più ricca di quella del re, quanto Dio supera in generosità l'uomo.



SAN FRANCESCO E LE FONTI 2125



F.F. 2125 

Io infatti ho domandato al Padre mio che mi concedesse in questa ultima ora un popolo poverello, umile, mite e mansueto, che fosse in tutto simile a me nella povertà e nell'umiltà e fosse felice di possedere me solo, e che io potessi trovare in questo popolo riposo e abitazione, come il Padre mio ha riposo e abitazione in me: ed egli ha riposo e dimora in me, come io rimango e riposo nel Padre mio e nel suo Spirito.
E il Padre mio mi ha dato te, assieme a tutti coloro che per mezzo tuo aderiranno a me con tutto il cuore e con fede non finta e carità perfetta:
Io li reggerò e pascolerò e saranno figli per me, ed io sarò loro Padre.
E chi accoglierà voi, accoglierà me;
chi perseguiterà voi,perseguiterà e disprezzerà me.
Ma su quanti vi perseguiteranno e disprezzeranno starà il mio giudizio e su quanti vi accoglieranno e benediranno rimarrà la mia benedizione.
Sia tua regola il mio Vangelo e tua vita la mia vita.
La mia croce sia il tuo riparo 
e il mio amore la tua vita;
la mia morte tua speranza e resurrezione;
gli obbrobri, le bestemmie e le derisioni rivolte contro di me, siano onore, benedizione e tua raccomandazione.
Sia tua vita, gaudio e gloria sostenere la morte e i tormenti per me.
Nulla voler possedere sotto il cielo, sia tua eredità e tua ricchezza.
Tua sublimità, refrigerio con esaltazione sia umiliarti davanti a tutti e godere di essere afflitto e vilipeso per il mio nome. ..... 

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1173

F.F. 1173 Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso. Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: "Abbi fiducia nelSignore, fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: "Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi".Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d'ingiurie e di percosse e li incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l'uomo di Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là. Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della Salvezza e annunciare il Vangelo della Verità. E predicò al Soldano il Dio Uno e Trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: "Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire".



SAN FRANCESCO E LE FONTI 167

Un uccellino si posa nelle sue mani. 
FF167 . Francesco stava attraversando su una piccola barca il lago di Rieti, diretto all’eremo di Greccio e un pescatore gli fece omaggio di un uccellino acquatico, perché se ne rallegrasse nel Signore.
Il Padre lo prese con piacere e, aprendo le mani, lo invitò con bontà a volersene andare liberamente. Ma l’uccellino rifiutò, accovacciandosi nelle sue mani come dentro a un nido. Il Santo rimase con gli occhi alzati in preghiera e poi, dopo un lungo tempo, ritornato in sé stesso come da lontano, gli ordinò di riprendere senza timore la libertà di prima.
E l’uccellino, avuto il permesso con la benedizione, se ne volò via, dando col movimento del corpo segni di gioia.



 

lunedì 3 ottobre 2016

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1386-1390

Transito di san Francesco🔹
Leggenda Minore
Lezione III - VI
Fonti Francescane 1386 - 1390
Egli, (san Francesco) del resto, aveva conosciuto molto tempo prima il momento del suo transito.
Quando il giorno della morte fu imminente, disse ai frati che presto doveva deporre il tabernacolo del proprio corpo, come gli era stato mostrato da Cristo.
Erano passati due anni dall' impressione delle stimmate e vent'anni dalla sua conversione.
Egli chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola:
Voleva pagare il suo debito alla morte e avviarsi al premio della ricompensa eterna, proprio là dove, ad opera della Vergine Madre di Dio, aveva concepito lo spirito di perfezione e di grazia.
Condotto al luogo predetto, per mostrare con l'autenticità dell'esempio che nulla egli aveva in comune col mondo, durante quella malattia che mise fine a ogni infermità, si pose tutto nudo sulla terra: voleva, in quell'ora estrema, lottare nudo con il nemico nudo.
Giacendo, così denudato, nella polvere della terra, I'atleta di Cristo con la mano sinistra ricoprì la ferita del fianco destro, che non si vedesse, e, levata al cielo, secondo il suo solito, la serena faccia, tutto teso a quella gloria, incominciò a magnificare l'Altissimo, perché (sciolto da tutto) liberamente ormai stava per passare a Lui.
Finalmente, quando sovrastava ormai l'ora del suo trapasso, fece venire a sé tutti i frati che dimoravano nel luogo e, consolandoli della sua morte con parole carezzevoli, li esortò con affetto paterno all'amore di Dio.
Inoltre lasciò loro in testamento, per diritto di successione, il possedimento della povertà e della pace e li ammonì premurosamente a tenersi fissi alle realtà eterne e a premunirsi contro i pericoli di questo mondo; li indusse, con le parole più efficaci che poté, a seguire perfettamente le orme di Gesù crocifisso.
E mentre i figli stavano tutt'intorno a lui, il patriarca dei poveri, con gli occhi ormai offuscati, non per la vecchiaia ma per le lacrime, I'uomo santo, quasi cieco e ormai prossimo a morire, incrociò le braccia e stese su di loro le mani in forma di croce (aveva sempre amato questo gesto) e benedisse tutti i frati, presenti e assenti, nella potenza e nel nome del Crocifisso.
Chiese, poi, che gli venisse letto il Vangelo secondo Giovanni, a incominciare dal versetto:
Prima del giorno della Pasqua: voleva sentire in esso la voce del Diletto che bussava, dal quale lo divideva ormai soltanto la parete della carne. Finalmente, siccome si erano compiuti in lui tutti i misteri, pregando e salmeggiando l'uomo beato s'addormentò nel Signore. 
E quell'anima santissima, sciolta dalla carne, venne sommersa nell'abisso della chiarità eterna.
In quello stesso momento uno dei suoi frati e discepoli veramente famoso per la sua santità, vide quell'anima beata salire direttamente in cielo: aveva la forma di una stella fulgentissima, e una nuvoletta candida la sollevava al di sopra di molte acque: quell'anima, fulgida per il candore della coscienza e risplendente di meriti, veniva portata in alto dalla sovrabbondanza della grazia e delle virtù deiformi; perciò non si poteva, per lei, neppure un poco, ritardare la visione della luce celeste e della gloria.
Così pure: I'allora ministro dei frati nella Terra di Lavoro, che si chiamava Agostino, uomo caro a Dio, si trovava in punto di morte.
Pur avendo perso ormai da tempo la parola, improvvisamente esclamò, in modo che tutti i presenti lo sentirono: "Aspettami, Padre, aspetta! 
Ecco: sto già venendo con te!" Siccome i frati chiedevano, stupiti, a chi stava parlando in quella maniera, egli affermò di vedere il beato Francesco che stava andando in cielo; e subito, detto questo, anche lui felicemente spirò.
Nella medesima circostanza, il vescovo d'Assisi si trovava al santuario di San Michele sul monte Gargano:
il beato Francesco gli apparve, tutto lieto, nel momento del suo transito e gli disse che stava lasciando il mondo per passare gioiosamente in cielo.
Al mattino, il vescovo, alzatosi, raccontò ai compagni quanto aveva visto e, ritornato ad Assisi indagò sollecitamente e riscontrò con certezza che il beato Padre era uscito da questa vita nel momento in cui glielo aveva notificato per visione.