DALLE FONTI FRANCESCANE 1593
Leggenda perugina
LA STROFA DEL PERDONO
1593 44. In quello stesso periodo, mentre giaceva malato, avendo già composte e fatte
cantare le Laudi, accadde che il vescovo di Assisi allora in carica, scomunicò il podestà della
città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare duramente questo bando: che
nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse dei contratti con lui. A tal
punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente .
Francesco, malato com'era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun
ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai
suoi compagni: « Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino
talmente l'un l'altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia ». Compose
allora questa strofa, da aggiungere alle Laudi:
Laudato si, mi Segnore,
per quilli ke perdonano per lo tuo amore
e sustengu enfirmitate et tribulacione.
Beati quilgli kel sosteranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano coronati. Poi chiamò uno dei compagni e gli disse: « Vai, e di' al podestà da parte mia, che
venga al vescovado lui insieme con i magnati della città e ad altri che potrà condurre con sé
>>. Quel frate si avviò, e il Santo disse agli altri due compagni: « Andate, e cantate il Cantico di
frate Sole alla presenza del vescovo e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia
nel Signore che renderà umili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all'amicizia e all'affetto
di prima ».
Quando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell'episcopio, quei due
frati si alzarono e uno disse: « Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del
Signore per le sue creature, a lode di Dio e a edificazione del prossimo. Vi prego che stiate a
udirle con devozione ». Così cominciarono a cantarle. Il podestà si levò subito in piedi, e a
mani giunte, come si fa durante la lettura del Vangelo, pieno di viva devozione, anzi tutto in
lacrime, stette ad ascoltare attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per
Francesco.
Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: « Vi dico in verità, che non
solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare
anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio ». Indi si gettò ai piedi del vescovo,
dicendogli: « Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi
pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà ».
Il vescovo lo prese fra le braccia, si alzò e gli rispose: « Per la carica che ricopro dovrei
essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonarmi ». E così
i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e affetto.
I frati ne restarono molto colpiti, constatando la santità di Francesco, poiché si era
realizzato alla lettera quanto egli aveva predetto della pace e concordia di quelli. Tutti coloro
che erano stati presenti alla scena e avevano sentito quelle parole, ritennero la cosa un grande
miracolo, attribuendo ai meriti di Francesco che il Signore avesse così subitamente toccato il
cuore dei due avversari. I quali, senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera
concordia dopo uno scandalo così grave.
E noi, che siamo vissuti con Francesco, testimoniamo che ogni qual volta egli predicesse: « Questa cosa è così, sarà così », immancabilmente si realizzava alla lettera. E ne abbiamo visto con i nostri occhi tanti esempi, che sarebbe lungo scrivere e narrare.
COMMENTO
Non basta credere alla pace, bisogna operare efficacemente per realizzarla; è necessario impegnarsi nell'educare alla pace. Ci sia di modello il Serafino di Assisi: accogliamo a cuore aperto l'insegnamento che ci viene da questo episodio della sua vita. Davanti alle divisioni e alle lotte che imperversano e si aggravano, non restiamo inoperosi: più forte degli squilli di guerra, echeggi il nostro messaggio di pace; più forte dell'odio, bussi alla porta del cuore la potenza dell'amore.
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