sabato 30 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 61 e 200

DALLE FONTI FRANCESCANE 61 e 200

Dagli scritti di San Francesco

FF 61 E sempre costruiamo in noi una casa, una dimora perenne a lui, che è Signore Onnipotente, Padre Figlio e Spirito Santo. 

FF200 E tutti quelli e quelle che si diporteranno in questo modo, fino a quando faranno tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore, ed egli ne farà sua abitazione e dimora.
E saranno figli del Padre celeste, di cui fanno le opere,e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando l'anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo. E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è in cielo. Siamo madri , quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l'amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri.

COMMENTO

Ci sono tre parole che dobbiamo vivere nella nostra vita se vogliamo vivere alla sequela di Francesco:

Camminare...Edificare...Confessare.

* Camminare: Anche noi chiamati a metterci in cammino, in ricerca, in questione, ad uscire dalle nostre sicurezze e dai nostri progetti preconfezionati per andare incontro al Signore Gesù che chiama . Non occultiamo la sua voce, non tacitiamo il suo "seguimi", non accampiamo scuse: è ora di andare..la strada ci aspetta!

* Edificare : Chiamati , come dice S. Francesco, prima di tutto ad edificare in noi una casa al Signore e così contribuire all'edificazione della Chiesa, quali pietre vive di questo edificio spirituale che il Poverello definiva sua "Madre" e amava di un amore appassionato e tenero. E' l'invito evangelico e tutto francescano a riparare, a risanare, a ricostruire, a guarire..a spendersi nel nome di Gesù unico e sommo bene e dei fratelli!

* Confessare: il Papa ci esorta a non contare sulle nostre forze e la nostra "potenza" , ma solo su Gesù Cristo, pregando Lui, testimoniando solo Lui. Se non così, restiamo schiavi della logica del mondo, del demonio. E' la gioia di essere discepoli, è la semplicità di chi sa di essere amato dal Signore e non può non annunciarlo, è la sicurezza di chi nulla teme perchè ha un Padre nei cieli e ha per fratello ogni uomo.

La Croce: E' il comune denominatore di questi passi . "Quando camminiamo senza la Croce , dice il Papa, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce non siamo discepoli del Signore: siamo mondani: siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore!" E la Croce è amore gratuito, dono di sè, consegna senza riserve, piccolezza, povertà, mitezza....La Croce dice uno stile radicale ed essenziale. La Croce è dare la vita!



venerdì 29 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 23

SAN FRANCESCO RICEVE LE STIMMATE A LA VERNA
Pag 23 di 32

La Verna, 17 settembre 1224. Dopo quaranta giorni di digiuno, preghiera e penitenza San Francesco si trova in uno stato di estasi. Gli appare Gesù Cristo in sembianze di cherubino stimmatizzato, da queste ferite partono dei raggi luminosi che vanno a colpire mani, piedi e costato di Francesco. Il futuro Santo, oggi patrono d'Italia, ha ricevuto il dono più grande che potesse avere da Gesù: le Stimmate.


LETTERA DI FRATE ELIA 

309
5. Ed ora vi annuncio una grande gioia, uno straordinario miracolo. Non si è mai udito al mondo un portento simile, fuorché nel Figlio di Dio, che è il Cristo Signore. Qualche tempo prima della sua morte, il fratello e padre nostro apparve crocifisso, portando impresse nel suo corpo le cinque piaghe, che sono veramente le stimmate di Cristo. Le mani e i piedi di lui erano trafitti come da chiodi penetrati dall'una e dall'altra parte, e avevano delle cicatrici dal colore nero dei chiodi. Il suo fianco appariva trafitto da una lancia, ed emetteva spesso gocciole di sangue

mercoledì 27 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 814

DALLE FONTI FRANCESCANE 814

Vita seconda di Tommaso da Celano

DOPO LA SUA MORTE IL PADRE APPARE AD UN FRATE

814

219. In quella notte e alla stessa ora, il padre glorioso apparve ad un altro frate di vita lodevole, mentre era intento a pregare. Era vestito di una dalmatica di porpora, e lo seguiva una folla innumerevole di persone.

Alcuni si staccarono dal gruppo per chiedere al frate: "Costui non è forse Cristo, o fratello?".

"Sì, è lui ", rispondeva.

Ed altri di nuovo lo interrogavano: " Non è questi san Francesco? ".

E il frate allo stesso modo rispondeva affermativamente. In realtà sembrava a lui e a tutta quella folla che Cristo e Francesco fossero una sola persona.

Questa affermazione non può essere giudicata temeraria da chi sa intendere bene, perché chi aderisce a Dio diventa un solo spirito con Lui e lo stesso Dio sarà tutto in tutti.




COMMENTO
Nel Cristo che muore sulla croce e risorge dopo tre giorni a vita nuova, il Padre "riconcilia con sè il mondo" (2Cor 5,19).Essendo la morte dell'Uomo-Dio l'atto supremo d'amore ed essendo l'amore la vita stessa di Dio, in realtà è tutto il contrario di una morte: è la vittoria sulla morte, la vittoria definitiva dell'amore del Padre e del Figlio di cui è caparra il dono dello Spirito Santo. L'amore porta alla identificazione dell'amante con l'amato. In questo brano della vita di Francesco,il Celano ci dimostra come san Francesco, in forza dell'amore serafico di cui era infiammato, si sia talmente trasformato in Cristo, da formare una sola persona morale con Lui.

lunedì 25 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 843


DALLE FONTI FRANCESCANE 843

“Trattato dei miracoli” di Tommaso da Celano FF 843

«Una volta, facendo un viaggio attraverso la valle Spoletana, nelle vicinanze di Bevagna, arrivò in un luogo ove si era radunata una grandissima quantità di uccelli di varie specie. Avendoli scorti, il santo di Dio per il particolare amore del Creatore, con cui amava tutte le creature, accorse sollecitamente in quel luogo, salutandoli nel modo consueto, come se fossero dotati di ragione. Poiché gli uccelli non volavano via, egli si avvicinò e, andando e venendo in mezzo a loro, toccava con il lembo della sua tonaca il loro capo e il loro corpo. Pieno di gioia e di ammirazione, li invitò ad ascoltare volentieri la parola di Dio e così disse: «Fratelli miei uccelli! Dovete lodare molto il vostro Creatore e sempre amarlo perché vi ha rivestito di piume e vi ha donato le penne per volare. Infatti tra tutte le creature vi ha fatti liberi, donandovi la trasparenza dell’aria. Voi non seminate né mietete, eppure egli vi mantiene senza alcun vostro sforzo!». A tali parole gli uccelli, facendo festa, cominciarono ad allungare il collo, spalancare le ali, aprire il becco, fissandolo attentamente. Né si allontanarono da là finche´, fatto un segno di croce, non diede loro il permesso e la benedizione. Tornato dai frati, cominciò ad accusarsi di negligenza, perché prima non aveva mai predicato agli uccelli. Perciò da quel giorno esortava gli uccelli, gli animali, e anche le creature insensibili, alla lode e all’amore verso il Creatore».




COMMENTO
Francesco si stupisce per questa sua negligenza, si sente quasi colpevole per non aver ancora
predicato agli uccelli”, e prende la ferma risoluzione di predicare anche agli uccelli, agli animali, e a tutte le creature insensibili, per spronarle alla lode e all’amore verso il Creatore! .

sabato 23 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 583

DALLE FONTI FRANCESCANE 583

Vita seconda di Tommaso da Celano

583 Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione. La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall'acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d'ira era divenuto figlio della grazia.

Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù. Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l'antica santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico. Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d'animo e l'integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata: " Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio ".

In realtà, era questa l'opinione anche di altri, che apprezzavano Francesco, già grandicello, per alcune sue inclinazioni molto buone. Allontanava da sé tutto ciò che potesse suonare offesa a qualcuno e, crescendo con animo gentile, non sembrava figlio di quelli che erano detti suoi genitori.

Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio. Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell'animo un segno di arcana potenza.

Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di Ordini religiosi. È una coincidenza degna di essere sottolineata.




venerdì 22 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 760

DALLE FONTI FRANCESCANA 760

Vita Seconda di Tommaso da Celano

CAPITOLO CXXXII

LA SUA PREMURA PER I SUDDITI

760

174. E inoltre chi possiede la stessa premura di Francesco per i sudditi? Egli alzava sempre le mani al cielo in favore dei veri Israeliti, e a volte, dimentico di sé, provvedeva prima alla salvezza dei fratelli. Si prostrava ai piedi della Maestà divina, offriva un sacrificio spirituale per i suoi figli, e pregava Dio a beneficarli. Vegliava con trepido amore sul piccolo gregge, che si era condotto dietro, perché non gli capitasse che, dopo aver lasciato questo mondo, perdesse anche il cielo. Ed era convinto che un giorno sarebbe rimasto senza gloria, se nello stesso tempo non ne avesse reso meritevoli e partecipi quanti gli erano stati affidati, e che il suo spirito dava alla luce con dolore maggiore di quello provato dalle viscere materne.






COMMENTO
Domandiamoci: chi  possiede  la stessa premura di  Francesco per i suoi sudditi? Egli alzava sempre le mani al 
cielo in loro favore: dimentico di sè, provvedeva prima alla salvezza dei fratelli Si prostrava ai piedi della Maestà divina, offriva un sacrificio spirituale per i suoi figli, e piegava Dio a beneficarli. Vegliava con trepido amore sul piccolo gregge, che si era condotto dietro,perchè non gli capitasse che, dopo aver lasciato questo mondo,perdesse anche il cielo. Ed era convinto che un giorno sarebbe rimasto senza gloria, se nello stesso tempo non ne avesse reso meritevoli e partecipi quanti gli erano stati affidati, e che il suo spirito dava alla luce con dolore maggiore di quello provato dalle viscere materne.

giovedì 21 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 90

DALLE FONTI FRANCESCANE 90

Regola Bollata

[90] I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo

mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l'elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il
Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. Questa è la sublimità dell'altissima povertà quella che ha costituito
voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatto poveri di cose e ricchi di virtù. Questa sia la vostra
parte di eredità, quella che conduce fino alla terra dei viventi. E, aderendo totalmente a questa povertà, fratelli carissimi, non vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo.







COMMENTO
Sappiamo che, per Francesco, la Povertà è diventata addirittura una donna da sposare. Perché Francesco ne fa
una sposa? Perché anche noi oggi dovremmo ritenerla una virtù? E’ Francesco stesso che ce lo spiega nella Regola bollata al Capitolo VI: Francesco dice che scegliere la Povertà significa imitare Dio che si è fatto povero e umile nell'incarnazione e significa essere eredi e re del regno dei cieli, cioè la Povertà è elemento fondante della vita cristiana in ogni suo aspetto .Ecco perché, dunque, non possiamo legare la Povertà solo alla nostra relazione con i beni materiali; dobbiamo vivere la Povertà in ogni ambito delle relazioni umane: relazione con Dio, con i fratelli e, anche, con i beni terreni.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 2210

DALLE FONTI FRANCESCANE 2210

B) LETTERA DEL 1220 SULLA PRESA DI DAMIATA, DA DAMIATA 

2210 Dopo aver narrato i particolari della miracolosa presa di Damiata, che era rimasta quasi deserta in seguito ad una violentissima peste, e ricordata anche una precedente incursione di crociati mossi solo da orgoglio, e conclusa in una terribile carneficina, e già salutato gli amici, da parte anche dei suoi collaboratori, che nomina, aggiunge: 

2211 1. Rainerio, priore della chiesa di San Michele (in Acri), è entrato a far parte della religione dei frati minori. Questa religione sta aumentando assai di numero nel mondo intero. Il motivo è questo: che essi imitano palesemente la forma di vita della Chiesa primitiva e la vita degli apostoli in tutto. Tuttavia a noi sembra che questa religione contenga in sé un gravissimo pericolo, perché vengono mandati a due a due per tutto il mondo, non solo i perfetti, ma anche i giovani e gli immaturi, che avrebbero dovuto essere tenuti sotto controllo e provati per qualche tempo sotto la disciplina conventuale. 
2212 2. Il maestro di questi frati cioè il fondatore di questo Ordine [si chiama frate Francesco: un uomo talmente amabile che è da tutti venerato], venuto presso il nostro esercito, acceso dallo zelo della fede, non ebbe timore di portarsi in mezzo all'esercito dei nostri nemici e per molti giorni predicò ai Saraceni la parola di Dio, ma senza molto frutto. Ma il Sultano, re dell'Egitto, lo pregò, in segreto, di supplicare per lui il Signore perché potesse, dietro divina ispirazione, aderire a quella religione che più piacesse a Dio. 

2213 3. Son passati a far parte di quest'Ordine religioso, Colino l'inglese, nostro chierico, e altri due dei nostri collaboratori, cioè il maestro Michele e Don Matteo, al quale avevo affidato la cura della chiesa di Santa Croce. A stento riesco a trattenere il Cantore (Giovanni da Cambrai), Enrico (siniscalco) e alcuni altri...


 

mercoledì 20 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 2200-2209


GIACOMO DA VITRY 

A ) LETTERA SCRITTA NELL' OTTOBRE 1216,
DA GENOVA 


2200 1. Ai suoi amici carissimi, Giacomo, umile ministro della chiesa di Acri (Accon), con l'aiuto della divina misericordia, augura l'eterna salvezza nel Signore. 

2. . . . . .


2201 3. Dopo queste cose ( scampato alla furia del fiume in piena), arrivai nella città di Milano, che è un vero covo di eretici.
Mi fermai alcuni giorni e predicai la parola di Dio in luoghi diversi. A stento si trova qualcuno, in tutta la città, che abbia il coraggio di resistere agli eretici, ad eccezione di certi santi uomini e di donne religiose, che i secolari chiamano, non senza una certa malizia, « patarini». Ma dal Sommo Pontefice, che ha concesso loro l'autorizzazione a predicare e a combattere gli eretici (e che ha anche approvato la loro Congregazione), sono chiamati « Umiliati ». Costoro, rinunciando a tutti i loro beni, si radunano insieme in diversi luoghi, vivono col lavoro delle loro mani, frequentemente predicano la divina parola e volentieri la ascoltano, e sono perfetti e fermi nella fede, efficaci nelle opere. Questa « religione » si è tanto diffusa nella diocesi milanese, che si possono contare ben 150 congregazioni conventuali di uomini da una parte, e di donne dall'altra, senza contare quelli che rimangono nelle loro case.

2202 4. Partito di qui, arrivai a Perugia. Trovai papa Innocenzo morto, ma non ancora sepolto. Nella notte i ladri avevano spogliato la sua salma di tutte le vesti preziose, lasciando il suo corpo quasi nudo e già in putrefazione nella chiesa. Io poi entrai nella chiesa e conobbi con piena fede quanto sia breve la gloria ingannatrice di questo mondo. Il giorno dopo i funerali, i cardinali elessero Onorio ( 18 luglio 1216), uomo di età avanzata e pio, semplice e molto mite, che aveva distribuito ai poveri quasi tutto il suo patrimonio. La domenica dopo l'elezione, fu consacrato Sommo Pontefice. 

2203 5. Io poi, la domenica seguente (31 luglio), ricevetti la consacrazione episcopale... ( parla della familiarità del Papa con lui, dei ripetuti colloqui e delle facoltà ottenute particolarmente quella di poter predicare ovunque; passa poi a discorrere dei preparativi della spedizione per Acri). 

6. . . . . . .

2204 7. Avendo frequentato per qualche tempo la Curia, vi ho trovato parecchie cose contrarie al mio spirito. Tutti erano così occupati nelle cose temporali e mondane, in questioni di re e di regni, in liti e processi, che appena permettevano che si parlasse di qualche argomento di ordine spirituale. 

2205 8. Ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande consolazione: delle persone, d'ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori, e sorelle minori e sono tenuti in grande considerazione dal Papa e dai cardinali. 
Questi non si impicciano per nulla delle cose temporali, ma invece, con fervoroso desiderio e con veemente impegno, si affaticano ogni giorno per strappare dalle vanità mondane le anime che stanno per naufragare e attirarle nelle loro file. E, per grazia divina, hanno già prodotto grande frutto e molti ne hanno guadagnati così che chi li ascolta invita gli altri: vieni, e vedrai coi tuoi occhi. 

2206 9. Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva, della quale è scritto: «la moltitudine dei credenti era un cuore solo e un'anima sola ». Durante il giorno entrano nelle città e nei paesi, adoprandosi attivamente per guadagnare altri al Signore; la notte ritornano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla contemplazione. 

2207 10. Le donne invece dimorano insieme in alcuni ospizi non lontani dalle città, e non accettano alcuna donazione, ma vivono col lavoro delle proprie mani. Non piccolo è il loro rammarico e turbamento, vedendosi onorate più che non vorrebbero da chierici e laici. 

2208 11. Gli uomini di questa « religione » convengono una volta l'anno nel luogo stabilito per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme, ricavando da questi incontri notevoli benefici. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano delle leggi sante, che sottopongono al Papa per l'approvazione. Dopo di che, si separano per tutto l'anno disperdendosi per la Lombardia, la Toscana, le Puglie e la Sicilia. Recentemente anche frate Nicola, comprovinciale del signor Papa, uomo santo e devoto, aveva abbandonato la Curia e si era ritirato tra loro; ma poiché era molto necessario al Papa, fu da lui richiamato.
Credo proprio che il Signore, prima della fine del mondo, vuol salvare molte anime per mezzo di questi uomini semplici e poveri, per svergognare i prelati, divenuti ormai come cani muti, incapaci di latrare. 

2209 12. Finalmente lasciai la città di Perugia e mi misi in viaggio verso Genova, città nobile, al confine tra la Toscana e la Lombardia, posta sul mare... (prosegue con la descrizione del viaggio, della città, dell'attesa e di tutti i preparativi sulla nave appositamente allestita e minuziosamente sfruttata in tutte le sue possibilità, per concludere con l'augurio di fare un prospero viaggio). 



martedì 19 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 785

DALLE FONTI FRANCESCANE 785

Vita Seconda di Tommaso da Celano

Capitolo CXLIX

LA SUA DEVOZIONE AGLI ANGELI.
COSA FACEVA PER AMORE DI SAN MICHELE

GLI ANGELI

785 "Venerava col più grande affetto gli angeli, che sono con noi sul campo di battaglia e con noi camminano in mezzo all'ombra della morte. Dobbiamo venerare, diceva questi compagni che ci seguono ovunque e allo stesso modo invocarli come custodi. Insegnava che non si deve offendere il loro sguardo, né osare alla loro presenza ciò che non si farebbe davanti agli uomini. E proprio perché in coro si salmeggia davanti agli angeli, voleva che tutti quelli che potevano si radunassero nell'oratorio e lì salmeggiassero con devozione.
Ripeteva spesso che si deve onorare in modo più solenne il beato Michele, perché ha il compito di presentare le anime a Dio. Perciò ad onore di san Michele, tra la festa dell'Assunzione e la sua, digiunava con la massima devozione per quaranta giorni. E diceva: «Ciascuno ad onore di così glorioso principe dovrebbe offrire a Dio un omaggio di lode o qualche altro dono particolare»"

COMMENTO
Francesco era pienamente consapevole dell''esistenza degli Angeli. Muovendosi totalmente nella fede del suo tempo, famigliarizza con essi: sono fratelli nel servizio di Dio, compagni e aiuto nel cammino, ai quali si unisce con vincolo d'amore: 97-98, e in loro onore praticava una speciale quaresima: 98,1668-1670. Francesco predilige la Porziuncola, "Santa Maria degli Angeli", sapendo per esperienza che essa frequentemente era visitata dagli Angeli: 98.Essi sono esempio di purezza:99. Alla bellezza degli Angeli è paragonato il volto di Francesco morto: 99.  


SAN FRANCESCO E LE FONTI 1051

DALLE FONTI FRANCESCANE 1051

Leggenda Maggiore di San Bonaventura


1051 1. Nella chiesa della Vergine Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insistentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia e di verità, perché si degnasse di farsi sua avvocata. E la Madre della misericordia ottenne con i suoi meriti che lui stesso concepisse e partorisse lo spirito della verità evangelica.

Mentre un giorno ascoltava devotamente la messa degli Apostoli, sentì recitare il brano del Vangelo in cui Cristo, inviando i discepoli a predicare, consegna loro la forma di vita evangelica, dicendo: "Non tenete né oro né argento né denaro nelle vostre cinture, non abbiate bisaccie da viaggio, né due tuniche, né calzari, né bastone".
Questo udì, comprese e affidò alla memoria l'amico della povertà apostolica e, subito, ricoImo di indicibile letizia, esclamò: “ Questo è ciò che desidero, questo è ciò che bramo con tutto il cuore! ”.
Si toglie i calzari dai piedi; lascia il bastone; maledice bisaccia e denaro e, contento di una sola tonachetta, butta via la cintura e la sostituisce con una corda e mette ogni sua preoccupazione nello scoprire come realizzare a pieno le parole sentite e adattarsi in tutto alla regola della santità, dettata agli apostoli.

COMMENTO
Seguendo l'esperienza di Francesco che ascolta la chiamata del Signore, che vede chiarita la sua missione particolare e quella del suo Ordine, cerchiamo di far nostri alcuni aspetti di questa singolare vocazione. Queste le cose da rimarcare: la parte che ha Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, nel piano divino di salvezza e nella vocazione particolare di ogni "chiamato"; la immediatezza e radicalità della risposta del Santo di Assisi al piano divino; l'entusiasmo con cui si lancia all'attuazione del disegno di Dio. La visione della vocazione, come elezione da parte di Dio per un'opera così grande, come l'ha ricevuta Francesco, suscita in noi francescani un atteggiamento di amorosa gratitudine, ma anche delle domande che non sempre trovano risposta. 



Mio Dio, perchè a me? Perchè a me? Che cosa ti renderò per questa tua benevolenza? Tutto il mio amore? E' poca cosa! Una vita intera tutta impegnata nell'esercizio delle virtù? E' ancora poca cosa! Che cosa ti renderò? L'offerta di Cristo, sacerdote e vittima, primo fra i "predestinati ": sarà Lui a ringraziarti per me. Lui, la mia "Eucarestia"






sabato 16 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 714







DALLE FONTI FRANCESCANE  714   
                                                                                                                                                                    LA LETIZIA FATUA

CAPITOLO XCIII

CONTRO LA VANAGLORIA E L' IPOCRISIA

714

130. Mentre teneva in grande pregio la gioia spirituale, evitava con cura quella vana, convinto che si deve amare diligentemente ciò che aiuta a progredire, e allo stesso modo si deve evitare ciò che è dannoso. La vanagloria, la stroncava ancora in germe, non permettendo che rimanesse neppure un istante ciò che potesse offendere gli occhi del suo Signore. Spesso infatti quando si sentiva molto elogiare, se ne addolorava e gemeva assumendo subito un aspetto triste.

Un inverno, il Santo aveva il povero corpo coperto di una sola tonaca, rafforzata con pezze molto grossolane. Il guardiano, che era anche suo compagno, comprò. una pelle di volpe e gliela portò dicendo: " Padre, tu soffri di milza e di stomaco: prego la tua carità nel Signore di permettere di cucire all'interno della tonaca questa pelle. Se non la vuoi tutta, almeno accettane una parte in corrispondenza dello stomaco ". Francesco rispose: "Se vuoi che porti sotto la tonaca questa pelliccia, fammene porre un'altra della stessa misura all'esterno. Cucita al di fuori sarà indizio della pelle nascosta sotto ".

Il frate ascoltò, ma non era del parere, insistette, ma non ottenne di più. Alla fine il guardiano si arrese, e fece cucire una pelliccia sull'altra, perché Francesco non apparisse di fuori diverso da quello che era dentro.

O esempio di coerenza, identico nella vita e nelle parole! Lo stesso dentro e fuori, da suddito e da superiore! Tu non desideravi alcuna gloria né esterna né privata, perché ti gloriavi solamente del Signore. Ma, per carità, non vorrei offendere chi usa pellicce, se oso dire che una pelle prende il posto dell'altra. Sappiamo infatti che sentirono bisogno di tuniche di pelle, perché si trovarono spogli dell'innocenza.

COMMENTO
Nessuna meraviglia se l'ipocrisia e la vanagloria nel bene fossero quanto mai contrarie a s.Francesco, uomo semplice ed evangelico. Di questo episodio, non ci meravigliamo della forma, ma della sostanza. Ci sia di sprone per una vita fatta di schiettezza e di coerenza. Quello che siamo al di dentro appaia anche al di fuori, per essere giusti nei pensieri e nelle opere; accetti a Dio e agli uomini.

giovedì 14 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 22

SAN FRANCESCO PARLA CON CRISTO
Pag 22 di 32

Questo dipinto e il successivo raffigurante San Francesco che riceve le Stimmate furono realizzati da Luigi Ademolli ed il figlio Giovanni nel 1840. Il lavoro doveva essere un restauro degli affreschi di Emanuele da Como, in pratica risultò un nuovo lavoro pittorico. Si noti la drastica differenza di stile rispetto all'ultimo quadro raffigurante la morte di San Francesco attribuibile ancora al pittore comasco in quanto soggetto nel tempo a pochi e lievi interventi di restauro. Ademolli raffigura San Francesco anche molto più vecchio, sia rispetto a Baccio Maria Bacci che ad Emanuele da Como.

DALLE FONTI FRANCESCANE 1064

1064 10. Il servo di Dio onnipotente, affidandosi totalmente alla preghiera, con le sue devote orazioni ottenne che Dio rivelasse a lui le parole con cui doveva esprimersi e al Papa le decisioni da prendere.
Egli, infatti raccontò al Pontefice, come Dio gliel'aveva suggerita, la parabola di un ricco re che con gran gioia aveva sposato una donna bella e povera e ne aveva avuto dei figli che avevano la stessa fisionomia del re, loro padre e che, perciò, vennero allevati alla mensa stessa del re.
Diede, poi, l'interpretazione della parabola, giungendo a questa conclusione: << Non c'è da temere che muoiano di fame i figli ed eredi dell'eterno Re; perché essi, a somiglianza di Cristo, sono nati da una madre povera, per virtù dello Spirito Santo e sono stati generati per virtù dello spirito di povertà, in una religione poverella. Se, infatti, il Re del cielo promette ai suoi imitatori il Regno eterno, quanto più provvederà per loro quelle cose che elargisce senza distinzione ai buoni e ai cattivi >>.
Il Vicario di Cristo ascoltò attentamente questa parabola e la sua interpretazione e, pieno di meraviglia, riconobbe senza ombra di dubbio che, in quell'uomo, aveva parlato Cristo. Ma si sentì rassicurato anche da una visione, da lui avuta in quella circostanza, nella quale lo Spirito di Dio gli aveva mostrato la missione a cui Francesco era destinato. Infatti, come egli raccontò, in sogno vedeva che la Basilica del Laterano ormai stava per rovinare e che, un uomo poverello, piccolo e di aspetto spregevole, la sosteneva, mettendoci sotto le spalle, perché non cadesse.
<< Veramente -- concluse il Pontefice -- questi è colui che con la sua opera e la sua dottrina sosterrà la Chiesa di Cristo >>.
Da allora, sentendo per il servo di Cristo una straordinaria devozione, si mostrò incline ad accogliere in tutto e per tutto le sue richieste e lo amò poi sempre con affetto speciale.
Concedette, dunque, le cose richieste e promise che ne avrebbe concesse ancora di più.
Approvò la Regola: conferì il mandato di predicare la penitenza e a tutti i frati laici, che erano venuti con il servo di Dio, fece fare delle piccole chieriche, perché potessero predicare liberamente la Parola di Dio.



lunedì 11 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1795

DALLE FONTI FRANCESCANE 1795

Lo Specchio di perfezione

1795   Non  si  deve  però  supporre  o  immaginare  che  il  nostro  Padre,  amante  di  ogni  perfezione  ed

equilibrio, intendesse che la letizia  si  palesi con  risa  o  parole oziose, poiché in tal modo non si esterna la
letizia spirituale, ma  piuttosto la vanità  e  la  fatuità. Nel servo  di  Dio  egli detestava le risa e le ciarle: non
solo non voleva che ridesse, ma neppure che offrisse agli altri la minima occasione a frivolezze. In una delle
sue  Ammonizioni, Francesco  definì  chiaramente  quale doveva  essere la gioia del servo di Dio, con queste
parole:  « Beato  quel  religioso  che  non  trova  felicità  e  piacere se non nelle parole sante e nelle opere del
Signore, e  se ne serve per  eccitare gli uomini all'amore  di  Dio, in gaudio  e  letizia. Ma  guai a quel religioso
che  si  diletta  in  conversazioni  oziose  e  vuote,  e  con  queste  muove  la
gente a sciocche risa ».E attraverso la gioia del viso si manifestano il fervore, I'impegno, la disposizione della mente e del corpo a fare volentieri ogni cosa buona; da simile fervore e disposizione, gli altri talvolta sono incitati al bene più che dalla stessa azione buona. E se l'azione per quanto buona non appare fatta volentieri e con slancio, provava piuttosto fastidio che incitamento al bene. Non voleva quindi leggere sui volti quella tristezza che sovente riflette indifferenza, cattiva disposizione dello spirito, pigrizia del corpo a ogni buona opera. Amava invece caldamente in se stesso e negli altri la gravità e compostezza nell'aspetto e in tutte le membra del corpo e nei sensi, e induceva gli altri a ciò con la parola e con l'esempio, per quanto poteva.Conosceva per esperienza come tale equilibrio e maturità sono simili a un muro, a uno scudo fortissimo, contro le frecce del diavolo; e che l'anima, non protetta da questo muro e da questo scudo, è come un soldato disarmato in mezzo a nemici forti e ben armati, accanitamente vogliosi di ucciderlo.

COMMENTO
E' da sottolineare la distinzione che faceva l'innamorato di Cristo tra la gioia della fede, o letizia interiore, e la gioia fatua o riso esteriore. Gli umoristi, i barzellettisti e tutti coloro che muovono la gente a sciocche risate, mancano della letizia interiore e, spesso, il loro riso è un velo che copre una tristezza profonda. Le persone che hanno il cuore pieno di amore divino e di spirituale consolazione trovano felicità e piacere nelle parole sante e nelle opere del Signore. Sia questa la nostra gioia: è quella vera, quella che non può essere tolta.

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 13


Pag 13 di 32


SAN FRANCESCO PREDICA CRISTO ALLA PRESENZA DEL SULTANO DI EGITTO. 
Grande sogno di San Francesco era quello di recarsi in Terra Santa. Riesce a realizzarlo nell'estate del 1219 quando parte per la terra Santa al seguito della quinta crociata. La situazione non era certo la più propizia per poter visitare i luoghi simbolo della cristianità e difattiFrancesco non avrà la possibilità di pregare in questi luoghi, ma di questo ne era ben consapevole ancor prima di partire. Ma non parte neanche con l'idea di andare a guerreggiare ed uccidere per liberare Gerusalemme dagli infedeli. Francesco intraprende questo viaggio con scopi "diplomatici", per cercare di trovare una soluzione che ponesse fine a quell'infinito e sanguinoso conflitto iniziato più di cento anni prima e che sarebbe continuato per tutto il Duecento. 

Accompagnato da Frate Illuminato, nell'autunno del 1219 Francesco riuscì a farsi ricevere dal Sultano d'Egitto Malek al-Kamil. Non esiste una documentazione su cosa i due si possano esser detti, comunemente si dice che Francesco abbia pregato e cercato di convertire il Sultano (come riporta anche la didascalia di questo dipinto di Bacci). Francesco sapeva che ciò non era possibile, cerca piuttosto di trovare un compromesso che sembra fosse stato raggiunto: i luoghi simbolo della cristianità sarebbero stati consegnati ai cristiani e sarebbe stato reso libero il pellegrinaggio a questi. Il Sultano sarebbe stato colpito dalla figura di questo giovane di Assisi e dai buoni propositi che lo accompagnavano e si dice lo abbia "coperto" di doni alla sua partenza. Tornato all'accampamento dei Crociati, Francesco riferisce del compromesso raggiunto, ma questi non lo accettano e preferiscono continuare la sanguinosa e infruttuosa battaglia. 
La delusione per questo "fallimento" per la caparbietà dimostrata dai cristiani e la malattia agli occhi contratta sembra in questo periodo in oriente segneranno gli anni a venire della vita di Francesco che rientrerà ad Assisi nell'estate del 1220. Qui troverà altre delusioni perché in sua assenza il suo ordine non rispettava più la "regola" ed erano sorte "normali" lotte interne di supremazia. Francesco, con l'aiuto del Cardinale Ugolino dei Conti dei Segni, riuscirà a riportare ordine.




FF 424 Vita Prima di Tommaso da Celano

CAPITOLO XXI

FRANCESCO PREDICA AGLI UCCELLI
E TUTTE LE CREATURE GLI OBBEDISCONO

424




58. Mentre, come si è detto, il numero dei frati andava aumentando, Francesco percorreva la valle Spoletana.
Giunto presso Bevagna, vide raccolti insieme moltissimi uccelli d'ogni specie, colombe, cornacchie e " monachine ". Il servo di Dio, Francesco, che era uomo pieno di ardente amore e nutriva grande pietà e tenero amore anche per le creature inferiori e irrazionali, corse da loro in fretta, lasciando sulla strada i compagni. Fattosi vicino, vedendo che lo attendevano, li salutò secondo il suo costume. Ma notando con grande stupore che non volevano volare via, come erano soliti fare, tutto felice, li esortò a voler ascoltare la parola di Dio. E tra l'altro disse loro: "Fratelli miei uccelli, dovete lodare molto e sempre il vostro Creatore perché vi diede piume per vestirvi, ali per volare e tutto quanto vi è necessario. Dio vi fece nobili tra le altre creature e vi concesse di spaziare nell'aria limpida: voi non seminate e non mietete, eppure Egli vi soccorre e guida, dispensandovi da ogni preoccupazione". A queste parole, come raccontava lui stesso e i frati che erano stati presenti, gli uccelli manifestarono il loro gaudio secondo la propria natura, con segni vari, allungando il collo, spiegando le ali, aprendo il becco e guardando a lui. Egli poi andava e veniva liberamente in mezzo a loro, sfiorando con la sua tonaca le testine e i corpi. Infine li benedisse col segno di croce dando loro licenza di riprendere il volo. Poi anch'egli assieme ai suoi compagni riprese il cammino, pieno di gioia e ringraziava il Signore, che è venerato da tutte le creature con sì devota confessione.

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 14

Pag 14 di 32




SAN FRANCESCO RICEVE IN DONO IL MONTE DELLA VERNA DAL CONTE ORLANDO CATANI
Si narra che nel maggio del 1213 San Francesco si trovasse a San Leo, al confine tra Romagna e Marche, e stesse facendo una predica in una pubblica piazza. Tra la gente che ascoltava vi era un tal Conte Orlando Catani di Chiusi che rimase particolarmente colpito ed affascinato dalle parole di Francesco che invitavano alla povertà, alla preghiera, all’amore e alla vicinanza verso i sofferenti. A fine predica il Conte avvicinò il giovane di Assisi e gli manifestò di desiderio di donargli un monte dalla conformazione particolarmente rocciosa, luogo che si sarebbe prestato molto per la preghiera, la riflessione, la penitenza. Quel monte si chiamava La Verna. 

Francesco accettò, ma con "riserva". Avrebbe voluto prima vederlo quel luogo. Il futuro Santo sarebbe poi andato a conoscere quel monte con alcuni suoi compagni (ma quando, se dopo poco o diverso tempo non si sa) e convenuto che il luogo si addiceva agli scopi suggeriti da Conte Orlando Catani, accettò volentieri quel grande dono. 
La presenza di San Francesco alla Verna nell’estate del 1224 (periodo in cui ricevette le Sacre Stimmate) è cosa storica, accertata ed accettata, su quante volte e per quanto tempo il Santo si sia recato alla Verna prima di allora, non ci sono fonti che ci parlano di ciò. Si parla di un San Francesco che ha ricevuto le stimmate in occasione dell’ultima sua salita alla Verna, ma in che periodi ci sono state le salite precedenti. Francesco, con i suoi compagni, costruisce una piccola chiesa alla Verna che chiamerà Santa Maria degli Angeli, per onorare quel luogo vicino ad Assisi dove si trovava la sua Porziuncola. Ma in che anno? 
La vita di San Francesco è un mix di storia con un po’ di leggenda, nella breve vita di San Francesco alla Verna prevale la leggenda sulla storia.

FF 1897/ 98/ 99 I FIORETTI

1897 Quanto alla prima considerazione, è da sapere che santo Francesco, in età di quarantatrè anni, nel mille ducento ventiquattro, spirato da Dio si mosse della valle di Spuleto per andare in Romagna con frate Leone suo compagno; e andando passò a pie' del castello di Montefeltro, nel quale castello si facea allora un grande convito e corteo per la cavalleria nuova d' uno di quelli conti di Montefeltro. E udendo santo Francesco questa solennità che vi si facea e che ivi erano raunati molti gentili uomini di diversi paesi, disse a frate Leone: « Andiamo quassù a questa festa, però che con lo aiuto di Dio noi faremo alcuno frutto spirituale ».
Tra gli altri gentili uomini che vi erano venuti di quella contrada a quello corteo, sì v' era uno grande e anche ricco gentile uomo di Toscana, e aveva nome messere Orlando da Chiusi di Casentino, il quale per le maravigliose cose ch' egli avea udito della santità e de' miracoli di santo Francesco, sì gli portava grande divozione e avea grandissima voglia di vederlo e d' udirlo predicare.
Giugne santo Francesco a questo castello ed entra e vassene in sulla piazza, dove era radunata tutta la moltitudine di questi gentili uomini, e in fervore di spirito montò in su uno muricciuolo e cominciò a predicare proponendo per tema della sua predica questa parola in volgare: Tanto è quel bene ch' io aspetto, che ogni pena m' è diletto. E sopra questo tema, per dittamento dello Spirito santo, predicò sì divotamente e sì profondamente, provandolo per diverse pene e martìri de' santi Apostoli e de' santi Martiri e per le dure penitenze di santi Confessori, per molte tribulazioni e tentazioni delle sante Vergini e degli altri Santi, che ogni gente stava con gli occhi e con la mente sospesa inverso di lui, e attendeano come se parlasse uno Agnolo di Dio. Tra li quali il detto messere Orlando, toccato nel cuore da Dio per la maravigliosa predicazione di santo Francesco, si puose in cuore d' ordinare e ragionare con lui, dopo la predica, de' fatti dell' anima sua.

1898 Onde, compiuta la predica, egli trasse santo Francesco da parte e dissegli: «O padre, io vorrei ordinare teco della salute dell' anima mia ». Rispuose santo Francesco: « Piacemi molto; ma va' istamani e onora gli amici tuoi che t' hanno invitato alla festa e desina con loro, e dopo desinare parleremo insieme quanto ti piacerà ». Vassene adunque messere Orlando a desinare, e dopo desinare torna a santo Francesco, e sì ordina e dispone con esso lui i fatti dell' anima sua pienamente. E in fine disse questo messere Orlando a santo Francesco: « Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama il monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera vita solitaria. S' egli ti piacesse, volentieri lo ti donerei a te e a' tuoi compagni per salute dell' anima mia ». Udendo santo Francesco così liberale profferta di quella cosa ch' egli desiderava molto, ne ebbe grandissima allegrezza, e laudando e ringraziando in prima Iddio e poi il predetto messere Orlando, sì gli disse così: « Messere, quando voi sarete tornato a casa vostra, io sì manderò a voi de' miei compagni e voi sì mostrerete loro quel monte; e s' egli parrà loro atto ad orazione e a fare penitenza, insino a ora io accetto la vostra caritativa profferta ». E detto questo, santo Francesco si parte: e compiuto ch'egli ebbe il suo viaggio, sì ritornò a Santa Maria degli Agnoli; e messere Orlando similmente, compiuta ch' egli ebbe la solennità di quello corteo, sì ritornò al suo castello che si chiamava Chiusi, il quale era presso alla Vernia a uno miglio.

1899 Tornato dunque che santo Francesco fu a Santa Maria degli Agnoli, egli sì mandò due de' suoi compagni al detto messere Orlando; i quali giugnendo a lui, furono con grandissima allegrezza e carità da lui ricevuti. E volendo egli mostrare loro il monte della Vernia, sì mandò con loro bene da cinquanta uomini armati, acciò che li difendessino dalle fiere salvatiche. E così accompagnati, questi Frati salirono in sul monte e cercarono diligentemente, e alla perfine vennero a una parte del monte molto divota e molto atta a contemplare, nella quale parte sì era alcuna pianura, e quello luogo sì scelsono per abitazione loro e di santo Francesco. E insieme coll' aiuto di quelli uomini armati ch' erano in loro compagnia feciono alcuna celluzza di rami d'arbori; e così accettarono e presono, nel nome di Dio, il monte della Vernia e il luogo de' frati in esso monte, e partironsi e tornarono a santo Francesco. E giunti che furono a lui, sì gli recitarono come e in che modo eglino aveano preso il luogo in sul monte della Vernia, attissimo alla orazione e a contemplazione. Udendo santo Francesco questa novella, si rallegrò molto e, laudando e ringraziando Iddio, parla a questi frati con allegro viso e dice così: « Figliuoli miei, noi ci appressiamo alla quaresima nostra di santo Michele Arcangelo: io credo fermamente che sia volontà di Dio che noi facciamo questa quaresima in sul monte della Vernia, il quale per divina dispensazione ci è stato apparecchiato acciò che ad onore e gloria di Dio e della sua gloriosa vergine Maria e de' santi Agnoli noi con penitenza meritiamo da Cristo la consolazione di consacrare quel monte benedetto ».

domenica 10 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 12

Pag 12 di 32 





SAN FRANCESCO PREDICA LA PACE E LA FRATELLANZA AD ASSISI. 

Dal momento in cui San Francesco ed i suoi seguaci hanno ricevuto dal Papa il permesso di predicare la loro regola, la loro vita sarà un continuo viaggiare, dapprima nei dintorni di Assisi, ma poi allargandosi di tanti chilometri, in cerca di luoghi e piazze dove predicare.



FF 382/83 Vita Prima di Tommaso da Celano

CAPITOLO XV

FAMA DEL BEATO FRANCESCO. CONVERSIONE DI MOLTI A DIO. COME LA SUA ISTITUZIONE FU CHIAMATA " ORDINE DEI FRATI MINORI ". FORMAZIONE DI COLORO CHE Vl ENTRAVANO

382

36. Il valorosissimo soldato di Cristo passava per città e castelli annunciando il Regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione dei peccati; non però con gli artifici della sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito (1Cor 2,4). Poiché ne aveva ricevuto l'autorizzazione dalla Sede Apostolica, operava fiducioso e sicuro, rifuggendo da adulazioni e lusinghe. Non era solito blandire i vizi, ma sferzarli con fermezza; non cercava scuse per la vita dei peccatori, ma li percuoteva con aspri rimproveri, dal momento che aveva piegato prima di tutto se stesso a fare ciò che inculcava agli altri. Non temendo quindi d'esser trovato incoerente, predicava la verità con franchezza, tanto che anche uomini dottissimi e celebri accoglievano ammirati le sue ispirate parole, e alla sua presenza erano invasi da un salutare timore.

383

Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo. Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo. La presenza o anche la sola fama di san Francesco sembrava davvero una nuova luce mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre che avevano invaso la terra, così che quasi più nessuno sapeva scorgere la via della salvezza. Erano infatti quasi tutti precipitati in una così profonda dimenticanza del Signore e dei suoi comandamenti, che appena sopportavano di smuoversi un poco dai loro vizi incalliti e inveterati.

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 21

SAN FRANCESCO E' SVEGLIATO DA " FRATE FALCONE"
Pag 21 di 32  LA VERNA
S. FRANCESCO E' SVEGLIATO OGNI NOTTE DA "FRATE FALCONE" PER LA PREGHIERA. 
Per San Francesco il Monte della Verna significa penitenza, riflessione e soprattutto preghiera. Preghiere da recitarsi di giorno e di notte. Ci pensa "fratello Falcone" a svegliare ogni notte Francesco per ricordargli il momento della preghiera. 
Questo dipinto è l'ultimo realizzato da Baccio Maria Bacci alla Verna sulla vita di San Francesco. 


Leggenda Maggiore di San Bonaventura 1157--1158
1157 Quando il padre pietoso arrivò all'eremo della Verna, per celebrarvi la quaresima in onore dell'arcangelo Michele, uccelli di varia specie incominciarono a tesser voli intorno alla sua celluzza, con sonori concenti e gesti di letizia, quasi volessero mostrare la loro gioia per il suo arrivo e invitarlo e lusingarlo a rimanere.
A questo spettacolo, il Santo disse al compagno: “ Vedo, fratello, che è volere di Dio che noi ci tratteniamo un po' di tempo qui: tanto i nostri fratelli uccelletti sono contenti per la nostra presenza ”.

1158 Durante il suo soggiorno lassù, un falco, che proprio lì aveva il suo nido, gli si legò con patto di intensa amicizia Durante la notte, anticipava sempre col suono del suo canto, l'ora in cui il Santo aveva l'abitudine di alzarsi per l'ufficio divino.
Ciò riusciva assai gradito al servo di Dio, perché quel gran darsi da fare del falco là intorno, scacciava da lui ogni torpore ed ogni pigrizia.
Quando, però, il servo di Cristo sentiva più del solito il peso della malattia, il falcone lo risparmiava e non suonava la sveglia così a puntino: quasi ammaestrato da Dio, faceva squillare la campanella della sua voce solo sul far dell'alba.
Sembra proprio che l'esultanza esibita dagli uccelli di così varia specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. Difatti proprio in quel luogo e in quel tempo il cantore e adoratore di Dio, librandosi sulle ali della contemplazione, avrebbe raggiunto le altezze supreme della contemplazione per l'apparizione del Serafino.


sabato 9 maggio 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 681-682

DALLE FONTI FRANCESCANE 681-682

Vita Seconda di Tommaso da Celano

Francesco non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera

Francesco, uomo di Dio, sentendosi pellegrino nel corpo lontano dal Signore (Cfr 2Cor 5,6), cercava di raggiungere con lo spirito il cielo e, fatto ormai concittadino degli Angeli, ne era separato unicamente dalla parete della carne. L’anima era tutta assetata del suo Cristo e a Lui si offriva interamente nel corpo e nello spirito. Delle meraviglie della sua preghiera diremo solo qualche tratto,per quanto abbiamo visto con i nostri occhi ed è possibile esporre ad orecchio umano, perché siano d’esempio ai posteri. Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore la sapienza; temeva di tornare indietro se non progrediva sempre. E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella
contemplazione. Perché a lui, che si cibava della dolcezza celeste, riusciva insipido il mondo, e le delizie divine lo avevano reso di gusto difficile per i cibi grossolani degli uomini. Cercava sempre un luogo appartato, dove potersi unire non solo con lo spirito, ma con le singole membra, al suo Dio. E se all’improvviso si sentiva visitato dal Signore (Cfr Lc 1,68), per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola col mantello. E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica, per non svelare la manna nascosta (Ap 2,17). Sempre frapponeva fra sé e gli astanti qualcosa, perché non si accorgessero del contatto dello sposo (Ct 5,4): così poteva pregare non visto anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave. Infine, se non gli era possibile niente di tutto questo,faceva un tempio del suo petto. Assorto in Dio e dimentico di se stesso, non gemeva né tossiva, era senza affanno il suo respiro e scompariva ogni altro segno esteriore.
Questo il suo comportamento in casa. Quando invece pregava nelle selve e in luoghi solitari,riempiva i boschi di gemiti, bagnava la terra di lacrime, si batteva con la mano il petto; e lì, quasi approfittando di un luogo più intimo e riservato, dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in molteplice olocausto (Cfr
Sal 65,15) tutte le fibre del cuore (Cfr Sap 7,22), considerava sotto diversi aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’interno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al cielo. In tale modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio (Cfr Sal 26,4): non era tanto un uomo che prega,quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente. Ma di quanta dolcezza sarà stato inondato, abituato come era a questi trasporti? Soltanto lui lo sa (Gb 28,23), io non posso che ammirarlo. Solo chi ne ha esperienza, lo può sapere; ma è negato a chi non l’esperimenta. Quando il suo spirito era nel pieno del fervore (Cfr Gb 41,22), egli con tutto l’esteriore e con tutta l’anima completamente in deliquio si ritrovava già nella perfettissima patria del regno dei cieli (2Tm 4,18). Il Padre era solito non trascurare negligentemente alcuna visita dello Spirito: quando gli si presentava, l’accoglieva e fruiva della dolcezza che gli era stata data, fino a quando il Signore lo permetteva. Così, se avvertiva gradatamente alcuni tocchi della grazia mentre era stretto da impegni o in viaggio, gustava quella dolcissima manna a varie e frequenti riprese.Anche per via si fermava, lasciando che i compagni andassero avanti, per godere della nuova visita dello Spirito e non ricevere invano la grazia (2Cor 6,1).Sentendosi pellegrino… è questa la nostalgia di Dio che ci spinge a cercarlo, ad avere una relazione forte con Lui. I cercatori di Dio sono coloro che scrutano dentro e fuori di sé le tracce di Dio. Anche se tante cose e persone su questa terra ci piacciono, sembra che ci facciano felici, in fondo facciamo prima o poi l’esperienza che non ci bastano. La nostra insoddisfazione esistenziale ci fa sentire la sete di qualcosa, o meglio qualcuno che sia assoluto, di un amore incondizionato e gratuito, personale e fedele… L’anima era tutta assetata del suo Cristo! Trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento per imprimere nel cuore la sapienza: la sapienza è la capacità di vedere le cose e le persone come le vede Dio, nella Verità e nella libertà del cuore e amare ognuno così com’è accogliendolo nella misericordia…Il raccoglimento necessario alla preghiera Francesco lo trova non solo nei luoghi isolati (in chiesa o nella propria stanza), nei boschi o nelle selve, ma anche stipato nel cantuccio di una nave…! Questo è molto importante: la preghiera è un atteggiamento del cuore che ci porta ad essere sempre rivolti verso Dio, in ogni momento e in ogni luogo: nel vangelo vediamo che l’incontro con Gesù avviene anche sulla spiaggia del mare, sulla strada, al posto di lavoro… (i primi discepoli, i due di Emmaus, Matteo …).Francesco arriva a questo gradualmente, in lui come in noi anche la preghiera è come il granello di senape che da piccolissimo diventa poi un albero frondoso che accoglie una moltitudine di uccelli: chi vive in comunione con Dio diventa capace di accogliere nel suo cuore tutti, perché la preghiera pacifica il cuore e il cuore pacificato si allarga, diventa ospitale e cordiale, anzi molto di più: diventa fraterno.