martedì 31 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 261




DALLE FONTI FRANCESCANE 261
COMMENTO
Dio sceglie, fin che viviamo sulla terra, il modo più adatto per comunicarsi a ogni singola anima. Ma è fondamentale,
per essere ammessi alla fruizione (che non vuol dire comprensione) del suo mistero, accettare di lavare la propria realtà personale nel Sangue dell’Agnello, e cioè accettare di condividere la sua croce. A questa condizione soltanto l’anima viene “dilatata” dallo Spirito a comprendere “tutte le cose di Dio”: la forza, la sapienza, la bellezza, la grazia e la bontà. Esperienza che S. Francesco di Assisi tradusse mirabilmente nelle “Laudi di Dio Altissimo”. FF 261
"Tu sei santo, Signore solo Dio,
che operi cose meravigliose
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo
Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo,
re del cielo e della terra
Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene,
il Signore Dio vivo e vero
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine
Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza
Tu sei giustizia.
Tu sei temperanza,
Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio.
Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede.
Tu se la nostra carità.
Tu sei tutta la nostra dolcezza,
Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile
Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore".


lunedì 30 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 799

DALLE FONTI FRANCESCANE 799

Vita Seconda di Tommaso da Celano

UNA VISIONE CHE GLORIFICA LA REGOLA

799

209. Una volta il padre santissimo ebbe dal cielo una visione, che si riferisce alla Regola.

Al tempo in cui i frati tenevano adunanze per discutere la conferma della Regola, il Santo, che era molto preoccupato della cosa, fece questo sogno. Gli sembrava di aver raccolto da terra sottilissime briciole di pane e di doverle distribuire a molti frati affamati, che gli stavano attorno. E siccome esitava temendo che briciole così fini, come piccoli granelli di polvere, gli sfuggissero dalle mani, si udi una voce che gli gridava dall'alto: "Francesco, con tutte le briciole forma una sola ostia e dàlla da mangiare a chi vuole". Egli obbedì e quelli che non la ricevevano con devozione, o disprezzavano il dono ricevuto, subito apparivano chiaramente colpiti dalla lebbra.

Al mattino il Santo raccontò tutto ai compagni, dolente di non capire il significato misterioso della visione. Ma poco dopo, mentre vegliava in preghiera, gli giunse dal cielo questa voce: "Francesco, le briciole della notte scorsa sono le parole del Vangelo, l'ostia è la Regola, la lebbra l'iniquità ".

Per quanto riguarda la fedeltà che avevano giurata, i frati di quel tempo non la ritenevano dura o gravosa, ma erano prontissimi a fare in tutto più del dovere. Del resto, è chiaro che non vi può essere tiepidezza o pigrizia dove lo stimolo dell'amore sprona sempre più in alto.

COMMENTO
Gesù, crocifisso e risorto, è la PAROLA DI SALVEZZA che si è consegnata agli apostoli suoi messaggeri e, per mezzo di loro, alla Chiesa. Accogliere questa PAROLA vuol dire accogliere la fede e, mediante la fede "operante nell'amore", ricevere la giustificazione, per la quale gli uomini entrano in comunione di vita con Dio e tra loro. Il cammino della PAROLA , ossia l'irradiarsi della conoscenza di Cristo, ha portato la fede e ha comunicato la salvezza a tutte le genti, fino agli ultimi confini della terra. La verità biblica è stata espressa con semplicità e con chiarezza ineguagliabili da s. Francesco. Interpretando la visione delle "briciole di pane" e dell' "ostia", intuisce per ispirazione divina che le singole parole del Vangelo formano l'unica Parola o pane di verità, Gesù Cristo. Intuisce ancora che la Regola minoritica, formata interamente dalle parole del Vangelo, non è altro che lo stesso Signore, di cui i frati devoti e osservanti della stessa Regola si nutrono e vivono in buona salute mentre i frati non devoti e inosservanti, vivono una vita grama di lebbrosi.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1746--47

DALLE FONTI FRANCESCANE 1746--47

Specchio di perfezione

DELL' UMILE RIVERENZA
CHE MOSTRAVA VERSO LE CHIESE,
SCOPANDOLE E RIPULENDOLE
1746 Mentre stava presso Santa Maria della Porziuncola e i frati erano ancora pochi Francesco andava per i villaggi e le chiese dei dintorni di Assisi, annunziando e predicando agli uomini che facessero
penitenza. Portava con sé una scopa per pulire le chiese sudicie. Ci soffriva molto quando vedeva una
chiesa non linda come avrebbe voluto.
E perciò, finita la predica, faceva riunire in disparte, per non essere udito dalla gente i preti che
erano presenti, e parlava loro della salvezza delle anime e soprattutto che fossero solleciti nel conservare pulite le chiese e tutta la suppellettile che si adopera per celebrare i divini misteri.

57.
DEL CONTADINO CHE LO TROVO' MENTRE SCOPAVA UNA CHIESA
E COME, CONVERTITOSI
ENTRO' NELL' ORDINE E FU UN SANTO FRATE
1747 Andato nella chiesa d'un villaggio del contado di Assisi, Francesco cominciò a scoparla e pulirla
umilmente. Se ne sparse tosto la voce per tutto il villaggio, poiché la gente lo vedeva volentieri e ancor più volentieri lo ascoltava. Venuto a sapere la cosa un contadino di mirabile semplicità, di nome Giovanni, che stava arando il suo campo, andò difilato da Francesco e lo trovò a scopare la chiesa con tutta umiltà e devozione. E gli disse: « Fratello dammi la scopa, voglio aiutarti ». Gliela prese dalle mani e finì le pulizie.
Poi sedettero insieme. Disse il contadino: « Fratello, è già gran tempo che ho volontà di servire Dio,
specialmente dopo aver udito parlare di te e dei tuoi frati; ma non sapevo come venire con te. Ora però, dal
momento che è piaciuto a Dio che ti vedessi, voglio fare tutto quello che piacerà a te ».
Il beato Francesco, considerando il fervore di quell'uomo, esultò nel Signore, specie perché a quel
tempo aveva pochi frati e gli sembrava che quello, per la sua semplice purità, sarebbe un buon religioso. Gli
rispose dunque: « Fratello, se vuoi far parte della nostra vita e della nostra fraternità, bisogna che tu ti
espropri di tutte le cose che possiedi onestamente, e le dia ai poveri, secondo la prescrizione del Vangelo.
La stessa cosa hanno fatto tutti i miei frati che l'hanno potuto ».
Sentito questo, Giovanni si recò subito nel campo dove aveva lasciato i buoi, li sciolse, e ne condusse
uno davanti a Francesco, e gli disse: « Fratello, per tanti anni ho lavorato per mio padre e i miei di casa, e
sebbene la mia parte di eredità sia ben piccola, voglio che tu riceva questo bue da me e lo doni ai poveri nel
modo che ti piacerà ».
Vedendo i genitori e i fratelli (questi erano ancora piccoli) che Giovanni voleva abbandonarli,
cominciarono tutti a piangere così forte e a innalzare voci così lamentose, che Francesco ne fu mosso a
pietà. Era una famiglia numerosa e miserabile. Francesco disse loro: « Preparate del cibo per tutti,
mangeremo insieme, e non piangete, poiché vi renderò felici ». Quelli subito apparecchiarono la mensa e tutti insieme mangiarono con grande allegria.
Finito che ebbero di mangiare, Francesco disse: « Questo vostro figlio vuole servire Dio, e di ciò non
dovete contristarvi, ma essere contenti. Infatti, state per avere un grande onore e un gran vantaggio per le
vostre anime, non solo davanti a Dio ma anche davanti alla gente, poiché Dio sarà onorato da uno del
vostro sangue e tutti i nostri frati saranno vostri figli e vostri fratelli. Io non posso e non devo ridarvi vostro
figlio, perché è creatura di Dio e lui intende servire il suo Creatore, un servire che è regnare. Ma, a vostro
conforto, io voglio che egli ceda a voi, che siete poveri, questo bue che gli appartiene; sebbene, secondo il Vangelo, dovesse darlo ad altri ». E quelli furono consolati dalle parole di Francesco, specialmente perché venne loro lasciato il bue, poiché erano molto poveri.
A Francesco piaceva immensamente la pura e santa semplicità in sé e negli altri; così rivestì del saio
Giovanni e lo conduceva in giro con sé come compagno. Era questi di tale semplicità, che si faceva un dovere di imitare tutto quello che faceva Francesco. Quando il Santo stava in qualche luogo in una chiesa in preghiera, Giovanni voleva osservarlo, per uniformarsi fedelmente a tutti i suoi atti e gesti. Se Francesco piegava le ginocchia o alzava le mani al cielo, o sputava o sospirava, anche lui faceva lo stesso. Quando Francesco se ne accorse cominciò gaiamente a rimproverarlo di tanta semplicità. Giovanni gli rispose: «Fratello, ho promesso di fare tutto quello che fai tu, e perciò bisogna che io mi uniformi a te in ogni cosa ».
Vedendo in lui tale purezza e semplicità, Francesco ne era ammirato e straordinariamente felice.
Giovanni faceva tali progressi nella virtù, che Francesco e tutti gli altri frati erano stupiti di quella perfezione.
E dopo breve tempo, Giovanni morì in questo santo slancio di virtù. E Francesco, quando in seguito narrava la vita di lui con grande gioia di mente e di cuore, non lo chiamava « frate Giovanni », ma « santo Giovanni».

COMMENTO
Conquistato dall'amore di Dio e dei fratelli san Francesco si propone di strappare più persone che può dalla schiavitù dei vizi e dei peccati, per ricondurle pentite tra le braccia di Dio. Purtroppo, nonostante la presenza dello Spirito Santo che la "vivifica", le infedeltà della Chiesa, del popolo di Dio, non sono state poche nè di poco conto.




Leggendo il seguente brano delle Fonti Francescane, si capisce che l'uomo evangelico realizza la conversione
delle folle in due modi: con le parole, ma soprattutto con i buoni esempi. Con la testimonianza del servizio umilissimo di scopare una chiesa converte e conquista all'Ordine uno dei frati più simpatici: Giovanni il semplice.

domenica 29 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 155

DALLE FONTI FRANCESCANE 155
6a  AMMONIZIONE
L'IMITAZIONE DEL SIGNORE
[155] 1 Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore (Cfr. Gv 10,11; Eb 12,2) sostenne la passione della croce.
2 Le pecore del Signore l'hanno seguito nella tribolazione e persecuzione (Cfr. Gv 10,4), nell'ignominia e nella fame (Cfr. Rm 8,35), nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. 3 Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle!
COMMENTO
L'innamorato del Crocifisso, nella 6a Ammonizione, mette l'accento su una nota negativa che spesso rende mediocre la vita del cristiano: ricorrere ai santi come ad un alibi per scaricare le proprie responsabilità. Non basta che io mediti affettivamente sulla passione di Cristo, non basta che ammiri i martiri e gli altri santi che lo hanno imitato, sono io che in questo momento mi devo decidere a seguire il Pastore buono nella tribolazione, nella persecuzione, nel disonore, nella fame e nella sete, nell'infermità e tentazione e in tutte le altre pene. In una parola, sono io che devo personalmente ricambiare l'Amore vero con amore vero. Solo se faremo questo, il nostro culto a Gesù Cristo Crocifisso sarà autentico e gradito a Dio.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 37



DALLE FONTI FRANCESCANE  37

Dice Francesco:
"....E si sforzino di entrare per la porta stretta, poichè dice il Signore: angusta è la porta e stretta è la via che conduce alla vita; e pochi sono quelli che la trovano". FF 37

AUGURI DI SANTITA'  PER TUTTI




sabato 28 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 153-54

DALLE FONTI FRANCESCANE 153-54
5a  
AMMONIZIONE
CHE NESSUNO SI INSUPERBISCA, MA OGNUNO SI GLORI NELLA CROCE DEL SIGNORE
[153] 1 Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, poiché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine (Cfr. Gen 1,26) di lui secondo lo spirito.
[154] 2 E tutte le creature, che sono sotto il cielo, ciascuna secondo la propria natura, servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore meglio di te. 3 E neppure i demoni lo crocifissero, ma sei stato tu con essi a crucifiggerlo, e ancora lo crucifiggi quando ti diletti nei vizi e nei peccati. 4 Di che cosa puoi dunque gloriarti?
5 Infatti, se tu fossi tanto sottile e sapiente da possedere tutta la scienza (Cfr. 1Cor 13,2) e da sapere interpretare tutte le lingue (Cfr. 1Cor 12,28) e acutamente perscrutare le cose celesti, in tutto questo non potresti gloriarti; poiché un solo demonio seppe delle realtà celesti e ora sa di quelle terrene più di tutti gli uomini insieme, quantunque sia esistito qualcuno che ricevette dal Signore una speciale cognizione della somma sapienza.
7 Ugualmente, se anche tu fossi il più bello e il più ricco di tutti, e se tu operassi cose mirabili, come scacciare i demoni, tutte queste cose ti sono di ostacolo e non sono di tua pertinenza, ed in esse non ti puoi gloriare per niente; 8 ma in questo possiamo gloriarci, nelle nostre infermità (Cfr. 2Cor 12,5) e nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo (Cfr. Lc 14,27).
COMMENTO
Per comprendere esaurientemente il mistero della gloria della croce, potremmo dire anche la gloria dell'amore più grande, andiamo a scuola dallo stigmatizzato della Verna ed ascoltiamo il ragionamento che egli fa nella quinta Ammonizione. Di tutti i beni che Dio ci ha dato, di tutti i doni di natura e di grazia, della stessa capacità di fare miracoli, non possiamo gloriarci. Tutto è dono di Dio. Di una sola cosa possiamo gloriarci: della capacità di soffrire o di ricambiare, con la sofferenza, l'amore. Questa capacità non solo è nostra, ma non avendola più nel suo corpo fisico risorto, Gesù, per averla fino alla fine del mondo a gloria del suo Corpo mistico, deve mendicarla da noi.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 382--83

DALLE FONTI FRANCESCANE 382-83
Vita Prima di Tommaso da Celano
382
36. Il valorosissimo soldato di Cristo passava per città e castelli annunciando il Regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione dei peccati; non però con gli artifici della sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito (1Cor 2,4). Poiché ne aveva ricevuto l'autorizzazione dalla Sede Apostolica, operava fiducioso e sicuro, rifuggendo da adulazioni e lusinghe. Non era solito blandire i vizi, ma sferzarli con fermezza; non cercava scuse per la vita dei peccatori, ma li percuoteva con aspri rimproveri, dal momento che aveva piegato prima di tutto se stesso a fare ciò che inculcava agli altri. Non temendo quindi d'esser trovato incoerente, predicava la verità con franchezza, tanto che anche uomini dottissimi e celebri accoglievano ammirati le sue ispirate parole, e alla sua presenza erano invasi da un salutare timore.
383
Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo. Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo. La presenza o anche la sola fama di san Francesco sembrava davvero una nuova luce mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre che avevano invaso la terra, così che quasi più nessuno sapeva scorgere la via della salvezza. Erano infatti quasi tutti precipitati in una così profonda dimenticanza del Signore e dei suoi comandamenti, che appena sopportavano di smuoversi un poco dai loro vizi incalliti e inveterati.
COMMENTO
Il programma del vero cristiano è vivere coi piedi sulla terra ancorato ad un sano realismo, ma con lo sguardo teso verso il cielo, sostenuto da un tenace ottimismo. Questo programma è realizzabile o è una utopia? In questa pagina della biografia di s.Francesco, troviamo la risposta a questo interrogativo. La vita del Poverello è stata così caratterizzata da una delle frasi più scultoree del Celano: vir alterius saeculi, un uomo dell'altro mondo. Su questa terra, tanto lui che i suoi frati si sentivano "come pellegrini e forestieri". Ma, proprio per questo, quasi temendo che mancasse loro il tempo, si sentivano impegnati a dedicarsi a vantaggio dei loro fratelli alle prese con le difficoltà inevitabili dell'esilio terreno. Predicare la pace, insegnare a fare il bene, annunziare il Regno di Dio: ecco la passione di questi uomini evangelici per i quali il premio eterno è proporzionato alle fatiche e ai sacrifici sopportati nell'attimo fuggevole del tempo

venerdì 27 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 34-35

DALLE FONTI FRANCESCANE 34-35
Regola non bollata
CAPITOLO X
DEI  FRATI INFERMI 

[34] Se un frate cadrà ammalato, ovunque si trovi, gli altri frati non lo lascino senza avere prima incaricato un frate,
o più se sarà necessario, che lo servano come vorrebbero essere serviti essi stessi; però in caso di estrema necessità, lo
possono affidare a qualche persona che debba assisterlo nella sua infermità.
[35] E prego il frate infermo di rendere grazie di tutto al Creatore; e che quale lo vuole il Signore, tale desideri di
essere, sano o malato, poiché tutti coloro che Dio ha preordinato alla vita eterna, li educa con i richiami stimolanti dei
flagelli e delle infermità e con lo spirito di compunzione, così come dice il Signore: "lo quelli che amo, li correggo e li
castigo".
Se invece si turberà e si adirerà contro Dio e contro i frati, ovvero chiederà con insistenza medicine, desiderando troppo
di liberare la carne che presto dovrà morire, e che è nemica dell'anima, questo gli viene dal maligno ed egli è uomo carnale, e non sembra essere un frate, poiché ama più il corpo che l'anima.
COMMENTO
Chiediamo a san Francesco di aiutarci a comprendere questa dottrina tanto difficile, ma tanto salutare. L'amabile Santo ci risponde nel cap.10 della prima Regola che contiene un duplice insegnamento. Al "fratello" sano raccomanda di prestare un servizio disinteressato e generoso verso chi è malato. Mentre al "fratello" infermo suggerisce di considerare "i richiami stimolanti delle prove e delle infermità" come una pedagogia del Signore che, mentre educa alla virtù più robusta, colma la vita d'amore. Infine mette in guardia contro le ribellioni della natura che, se accettate, renderebbero vani tutti questi mezzi di santificazione.

mercoledì 25 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 82--86

DALLE FONTI FRANCESCANE 82--86

Regola Bollata 

CAPITOLO III
DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO,
E COME I FRATI DEBBANO ANDARE PER IL MONDO
[82] I chierici recitino il divino ufficio, secondo il rito della santa Chiesa romana, eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari.
[83] l laici, invece, dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti.
[84] E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima, invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno , coloro
che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in caso di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.
[85] Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità
[86] In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa; e, secondo il santo Vangelo, è loro 

lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati.

COMMENTO
Desideroso di conformarsi a Cristo e di accogliere docilmente le direttive della Chiesa, san Francesco ha voluto per sè e per i suoi frati una forma di digiuno che, accanto ad una obbligatorietà comunitaria, avesse una nota di spontaneità personale, un digiuno nel quale ""frate corpo"" fosse associato all'anima nell'offrire con l'astinenza, un tributo di amore concreto al Signore. Uomo evangelico, ha maggiormente insistito perchè l'anima digiunasse dalle liti, dalle dispute, dalle impennate dell'orgoglio, dai giudizi temerari.
Delle tre opere quaresimali, sulle quali si deve cimentare la nostra conversione, oggi parliamo del DIGIUNO. Facendo proprie le parole del profeta Isaia, la Chiesa ci ammaestra sul tipo di digiuno che vuole da noi il Signore. Qual'è questo digiuno gradito a Dio? Quello che coinvolge l'uomo tutto intero, corpo ed anima: il digiuno esterno o mortificazione della carne; e il digiuno interno che rinnova e rinvigorisce lo spirito addestrandolo nella lotta contro il male e il peccato. Il carattere interiore e religioso della penitenza non esclude in alcun modo la pratica esterna di tale virtù, anzi, ne richiama con particolare urgenza la necessità.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 750

DALLE FONTI FRANCESCANE 750

Vita seconda di Tommaso da Celano

CAPITOLO CXXIV

AMORE DEL SANTO PER LE CREATURE SENSIBILI

E INSENSIBILI

750

165. Desiderando questo felice viandante uscire presto dal mondo, come da un esilio di passaggio, trovava non piccolo aiuto nelle cose che sono nel mondo stesso. Infatti si serviva di esso come di un campo di battaglia contro le potenze delle tenebre, e nei riguardi di Dio come di uno specchio tersissimo della sua bontà.

In ogni opera loda l'Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: " Chi ci ha creati è infinitamente buono ". Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono.

Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale non si è mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lode. Ha riguardo per le lucerne, lampade e candele, e non vuole spegnerne di sua mano lo splendore, simbolo della Luce eterna. Cammina con riverenza sulle pietre, per riguardo a colui, che è detto Pietra. E dovendo recitare il versetto, che dice: Sulla pietra mi hai innalzato, muta così le parole per maggiore rispetto: "Sotto i piedi della Pietra tu mi hai innalzato".

Quando i frati tagliano legna, proibisce loro di recidere del tutto l'albero, perché possa gettare nuovi germogli. E ordina che l'ortolano lasci incolti i confini attorno all'orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato. Vuole pure che nell'orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna.

Raccoglie perfino dalla strada i piccoli vermi, perché non siano calpestati, e alle api vuole che si somministri del miele e ottimo vino, affinché non muoiano di inedia nel rigore dell'inverno.

Chiama col nome di fratello tutti gli animali, quantunque in ogni specie prediliga quelli mansueti.

Ma chi potrebbe esporre ogni cosa? Quella Bontà " fontale ", che un giorno sarà tutto in tutti, a questo Santo appariva chiaramente fin d'allora come il tutto in tutte le cose.

COMMENTO
S. Francesco .che attraverso la "espropriazione di sè stesso", è riuscito a rendere limpida la visione del suo intelletto, tenendola sgombra dalle nebbie della triplice concupiscenza: dell'oro, della carne e dell'orgoglio, è stato l'uomo che ha saputo leggere il libro della creazione meglio di qualsiasi altro. Perchè per rivelarsi all'uomo e ammaestrarlo su tutta la verità utile ad essere da lui conosciuta, Dio ha creduto opportuno nella sua sapienza infinita, preparare per lui due libri: la CREAZIONE e la BIBBIA: L'uno e l'altro sono scritti dal suo Verbo, nel Quale "sono state create tutte le cose" e del Quale sono segno e veste visibile le parole dei profeti e degli apostoli. Leggiamo la vita di Francesco, non tanto per ammirare, ma per imparare. Stampiamo nella nostra coscienza la frase che tutte le creature gridavano a Francesco: "Chi ci ha create è infinitamente buono".

martedì 24 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1593

DALLE FONTI FRANCESCANE 1593

Leggenda perugina

LA STROFA DEL PERDONO

1593 44. In quello stesso periodo, mentre giaceva malato, avendo già composte e fatte
cantare le Laudi, accadde che il vescovo di Assisi allora in carica, scomunicò il podestà della
città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare duramente questo bando: che
nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse dei contratti con lui. A tal
punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente .
Francesco, malato com'era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun
ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai
suoi compagni: « Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino
talmente l'un l'altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia ». Compose
allora questa strofa, da aggiungere alle Laudi:
Laudato si, mi Segnore,
per quilli ke perdonano per lo tuo amore
e sustengu enfirmitate et tribulacione.
Beati quilgli kel sosteranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano coronati. Poi chiamò uno dei compagni e gli disse: « Vai, e di' al podestà da parte mia, che
venga al vescovado lui insieme con i magnati della città e ad altri che potrà condurre con sé
>>. Quel frate si avviò, e il Santo disse agli altri due compagni: « Andate, e cantate il Cantico di
frate Sole alla presenza del vescovo e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia
nel Signore che renderà umili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all'amicizia e all'affetto
di prima ».
Quando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell'episcopio, quei due
frati si alzarono e uno disse: « Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del
Signore per le sue creature, a lode di Dio e a edificazione del prossimo. Vi prego che stiate a
udirle con devozione ». Così cominciarono a cantarle. Il podestà si levò subito in piedi, e a
mani giunte, come si fa durante la lettura del Vangelo, pieno di viva devozione, anzi tutto in
lacrime, stette ad ascoltare attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per
Francesco.
Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: « Vi dico in verità, che non
solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare
anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio ». Indi si gettò ai piedi del vescovo,
dicendogli: « Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi
pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà ».
Il vescovo lo prese fra le braccia, si alzò e gli rispose: « Per la carica che ricopro dovrei
essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all'ira. Ti prego di perdonarmi ». E così
i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e affetto.
I frati ne restarono molto colpiti, constatando la santità di Francesco, poiché si era
realizzato alla lettera quanto egli aveva predetto della pace e concordia di quelli. Tutti coloro
che erano stati presenti alla scena e avevano sentito quelle parole, ritennero la cosa un grande
miracolo, attribuendo ai meriti di Francesco che il Signore avesse così subitamente toccato il
cuore dei due avversari. I quali, senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera
concordia dopo uno scandalo così grave.
E noi, che siamo vissuti con Francesco, testimoniamo che ogni qual volta egli predicesse: « Questa cosa è così, sarà così », immancabilmente si realizzava alla lettera. E ne abbiamo visto con i nostri occhi tanti esempi, che sarebbe lungo scrivere e narrare.

COMMENTO
Non basta credere alla pace, bisogna operare efficacemente per realizzarla; è necessario impegnarsi nell'educare alla pace. Ci sia di modello il Serafino di Assisi: accogliamo a cuore aperto l'insegnamento che ci viene da questo episodio della sua vita. Davanti alle divisioni e alle lotte che imperversano e si aggravano, non restiamo inoperosi: più forte degli squilli di guerra, echeggi il nostro messaggio di pace; più forte dell'odio, bussi alla porta del cuore la potenza dell'amore.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1193


DALLE FONTI FRANCESCANE 1193

Leggenda Maggiore di San Bonaventura

1193 6. In un'altra circostanza, una devota nobildonna si recò dal Santo, per esporgli il proprio dolore e richiedere il rimedio: aveva un marito molto cattivo, che la faceva soffrire osteggiandola nel servizio di Cristo.
Perciò chiedeva al Santo di pregare per lui, affinché Dio si degnasse nella sua bontà d'intenerirgli il cuore.
Il Santo, dopo averla ascoltata, le disse: “ Va in pace e sta sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri ”.
E aggiunse: “ Gli dirai da parte di Dio e mia che ora è tempo di misericordia; poi, di giustizia ”.
Ricevuta la benedizione, la donna ritorna, trova il marito, gli riferisce quelle parole. Scende sopra di lui lo Spirito Santo che, trasformandolo in un uomo nuovo, così lo induce a rispondere con tutta mansuetudine: “ Signora, mettiamoci a servire il Signore e salviamo l'anima nostra ”.
Dietro esortazione della santa moglie, condussero una vita da celibi per parecchi anni, finché ambedue nello stesso giorno tornarono al Signore.
Veramente degno di ammirazione lo Spirito profetico operante in quest'uomo di Dio, con la potenza del quale egli rinnovava il vigore alle membra ormai inaridite e nei cuori induriti imprimeva la pietà.
Ma non è meno stupefacente la chiarezza con cui questo spirito profetico gli faceva prevedere gli eventi futuri e scrutare il segreto delle coscienze, quasi gli avesse conferito il duplice spirito di Elia, invocato da
Eliseo.

COMMENTO
Quanto abbiamo letto non deve rimanere verità creduta con la mente, deve diventare realtà tradotta in decisioni pratiche e coraggiose; ognuno di noi deve convertirsi, deve togliere via da sè qualche cattiva abitudine, qualcosa di negativo. Per essere spronati a questo, riflettiamo a lungo su questo episodio, pentiamoci dei nostri peccati e prepariamoci ad essere ribattezzati nelle lacrime del nostro pentimento che, mescolato al Sangue di Cristo, saranno rese sacramento dallo Spirito Santo.

lunedì 23 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 2874--76

DALLE FONTI FRANCESCANE 2874--76

S.Chiara: 2a lettera alla b.Agnese di Praga

8) Ma sapendo che tu sei carica di virtù, tralasciando la prolissità delle parole, non voglio caricarti di parole superflue, (9) anche se a te nulla sembri superfluo di quelle dalle quali ti possa provenire qualche consolazione. (10) Ma poiché una sola cosa è necessaria, io questa sola attesto e ti avverto per amore di colui, al quale ti sei offerta come santa e gradevole ostia, (11) che memore del tuo proposito come una seconda Rachele, vedendo sempre il tuo principio, tu tenga ciò che tieni, faccia ciò che fai senza lasciar perdere.
(12) ma con rapida corsa, con passo leggero, senza intoppi ai piedi cosicché neanche i tuoi passi raccolgano la polvere,
(13) godendo sicura e alacre proceda cautamente per il sentiero della beatitudine;
(14) non fidandoti di nulla, non consentendo a nulla,
che ti volesse revocare da questo proposito,
che ti ponesse nella strada uno scandalo,
per non farti adempiere i tuoi voti all'Altissimo
in quella perfezione,
nella quale lo Spirito del Signore ti ha chiamata.....

ALTRA VERSIONE
[2874]8 Ma ti so ricca d'ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso e non voglio aggravarti di troppe parole, 9 anche se tu non troveresti nulla di superfluo in quelle parole che potrebbero arrecarti qualche consolazione. 10 E giacché una sola è la cosa necessaria ([7]), di essa soltanto ti scongiuro e ti avviso per amore di Colui, al quale ti sei offerta come vittima santa ([8]) e gradita.

[2875]11 Memore del tuo proposito, come un'altra Rachele ([9]), tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti ([10]); 12 ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare, 13 avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata.

[2876] 14 E non credere, e non lasciarti sedurre da nessuno che tentasse sviarti da questo proposito o metterti degli ostacoli ([11]) su questa via, per impedirti di riportare all'Altissimo le tue promesse ([12]) con quella perfezione alla quale ti invitò lo Spirito del Signore.


Commento
Sembrerà strano, ma pure è così: la palestra più attrezzata per un'autentica ""atletica leggera"" dello spirito sono i monasteri, dove si conquistano i più ambiti primati.Una di queste "primatiste", s.Chiara, facendo tesoro della sua esperienza, allenò una schiera di mistiche atlete, tra le quali un posto di rilievo la b.Agnese di Praga. Il brano appena letto sottolinea alcune note caratteristiche dello stile agonistico clariano

SAN FRANCESCO E LE FONTI 25--27

DALLE FONTI FRANCESCANE 25--27

Regole ed esortazioni

[25] E possano avere gli arnesi e gli strumenti adatti ai loro mestieri.
Tutti i frati cerchino di applicarsi alle opere buone; poiché sta scritto: Fa' sempre qualche cosa di buono affinché il
diavolo ti trovi occupato, e ancora: L'ozio è il nemico dell'anima. Perciò i servi di Dio devono sempre dedicarsi alla
preghiera o a qualche opera buona.
[26] Si guardino i frati, ovunque saranno, negli eremi o in altri luoghi, di non appropriarsi di alcun luogo e di non
contenderlo ad alcuno.
E chiunque verrà da essi, amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà. E ovunque sono i frati e in qualunque
luogo si incontreranno, debbano rivedersi volentieri e con gioia di spirito e onorarsi scambievolmente senza
mormorazione.
[27] E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all'esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti , ma si mostrino lieti nel Signore e giocondi e garbatamente amabili.

COMMENTO
Consapevole della duplice condizione di peccatore e di risorto, s.Francesco, da una parte viveva momenti di intensa commozione fino a riempire "i boschi di gemiti e di lacrime", dall'altra passava una parte ancora più notevole della sua vita in una tonalità pasquale di incantevole letizia. Lo stesso tenore di vita voleva che conducessero i suoi frati dai quali esigeva che vivessero da penitenti, ma che si mostrassero abitualmente "allegri nel Signore". Raccogliamo questo patrimonio di letizia serafica e facciamone dono al mondo nel quale viviamo, che ne ha più bisogno dell'aria per respirare.

venerdì 20 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1240

DALLE FONTI FRANCESCANE 1240
Leggenda Maggiore di San Bonaventura
1240........Volle, di certo, essere conforme in tutto a Cristo crocifisso, che, povero e dolente e nudo rimase appeso sulla croce.
Per questo motivo, all'inizio della sua conversione, rimase nudo davanti al vescovo; per questo motivo, alla fine della vita, volle uscire nudo dal mondo e ai frati che gli stavano intorno ingiunse per obbedienza e carità che, dopo morto, lo lasciassero nudo là sulla terra per il tratto di tempo necessario a percorrere comodamente un miglio .
Uomo veramente cristianissimo, che, con imitazione perfetta, si studiò di essere conforme, da vivo, al Cristo vivente; in morte, al Cristo morente e, morto, al Cristo morto, e meritò l'onore di portare nel proprio corpo l'immagine di Cristo visibilmente!
COMMENTO
Francesco, conformandosi in tutto a Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (Gv 4,34) confessa:
504 107........ "O figlio, e sempre stato ed è per me più caro e dolce e gradito ciò che al Signore mio Dio più piace avvenga in me, e alla sua volontà soltanto voglio costantemente e in tutto trovarmi concorde, obbediente e docile....."
Questo brano del Vangelo ci offre la chiave che ci apre e ci fa scoprire la ricchezza del carisma che lo Spirito Santo ha donato a san Francesco (Mt 11, 26-27)
"In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo".

SAN FRANCESCO E LE FONTI 266/275

DALLE FONTI FRANCESCANE  226--275

Parafrasi del "PADRE NOSTRO"


[266]
O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro.
[267]
Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce, infiammandoli all'amore, perché tu, Signore, sei amore, ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene.
[268]
Sia santificato il tuo nome: si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi.
[269]
Venga il tuo regno: perché tu regni in noi per mezzo della grazia e ci faccia giungere nel tuo regno, ove la visione di te è senza veli,
l'amore di te è perfetto,
la comunione di te è beata,
il godimento di te senza fine.
[270]
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra: affinché ti amiamo con tutto il cuore, sempre pensando a te; con tutta l'anima, sempre desiderando te; con tutta la mente, orientando a te tutte le nostre intenzioni e in ogni cosa cercando il tuo onore; e con tutte le nostre forze, spendendo tutte le nostre energie e sensibilità dell'anima e del corpo a servizio del tuo amore e non per altro; e affinché possiamo amare i nostri prossimi come noi stessi, trascinando tutti con ogni nostro potere al tuo amore, godendo dei beni altrui come dei nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando nessuna offesa a nessuno.
[271]
Il nostro pane quotidiano: il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì.
[272]
E rimetti a noi i nostri debiti: per la tua ineffabile misericordia, per la potenza della passione del tuo Figlio diletto e per i meriti e l'intercessione della beatissima Vergine e di tutti i tuoi eletti.
[273]
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: e quello che non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa' che pienamente perdoniamo sì che, per amor tuo, amiamo veramente i nemici e devotamente intercediamo presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento a tutti
[274]
E non ci indurre in tentazione: nascosta o manifesta, improvvisa o insistente.
[275]
Ma liberaci dal male: passato, presente e futuro.
Gloria al Padre, ecc.

martedì 17 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 9/12


DALLE FONTI FRANCESCANE  9/12


REGOLA NON BOLLATA

CAPITOLO III
DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO
[9] Dice il Signore: «Questa specie di demoni non si può scacciare se non con la preghiera e col
digiuno». E ancora: «Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come gli ipocriti».
[10] Perciò tutti i frati, sia chierici sia laici, recitino il divino ufficio, le lodi e le orazioni come sono
tenuti a fare.
I chierici recitino l'ufficio e lo dicano per i vivi e per i defunti, secondo la consuetudine dei chierici. Per i difetti e le negligenze dei frati dicano, ogni giorno, il Miserere mei, Deus con il Pater noster.
Per i frati defunti dicano il De profundis con il Pater noster.
E possano avere soltanto i libri necessari per adempiere al loro ufficio. Anche ai laici che sanno leggere il salterio, sia concesso di averlo; agli altri, invece, che non sanno leggere, non sia concesso di avere alcun libro.
[11] I laici dicano il Credo in Dio e ventiquattro Pater noster con il Gloria al Padre per il mattutino,
cinque per le lodi, per l'ora di prima il Credo in Dio e sette Pater noster, con il Gloria al Padre; per terza, sesta e nona, per ciascuna di esse, sette Pater noster; per il vespro dodici, per compieta il Credo in Dio e sette Pater noster con il Gloria al Padre; per i defunti sette Pater noster con il Requiem aeternam; e per le mancanze e le negligenze dei frati tre Pater noster ogni giorno.
[12] E similmente, tutti i frati digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino al Natale e dalla Epifania, quando il Signore nostro Gesù Cristo incominciò a digiunare, fino alla Pasqua. Negli altri tempi poi, eccetto il venerdì, non siano tenuti a digiunare secondo questa norma di vita. E secondo il Vangelo, sia loro lecito mangiare di tutti i cibi che vengono loro presentati.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 141/145

DALLE FONTI FRANCESCANE 141

AMMONIZIONI

Il Corpo del Signore.

141 Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me.Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto“. Gli dice Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gesù gli dice: ” Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio”. Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo.

142 Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: ” Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza che sarà sparso per molti”, e ancora: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna”.

143 Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna. Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio?

144 Ecco ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.

145 E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo”.

lunedì 16 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 203

DALLE FONTI FRANCESCANE 203

Lettera ai fedeli

XI.
DI COLORO CHE NON FANNO PENITENZA.

[203] 63 Invece, tutti coloro che non vivono nella penitenza, e non ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, 64 e compiono vizi e peccati, e che camminano dietro la cattiva concupiscenza e i cattivi desideri, e non osservano quelle cose che hanno promesso, 65 e servono con il proprio corpo il mondo, gli istinti della carne, le cure e le preoccupazioni del mondo le cure di questa vita, 66 ingannati dal diavolo, di cui sono figli e ne compiono le opere, costoro sono ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo.
67 Questi non posseggono la sapienza spirituale, poiché non hanno in se il Figlio di Dio, che è la vera sapienza del Padre. Di essi dice la Scrittura: " La loro sapienza è stata divorata". 68 Essi vedono, conoscono, sanno e fanno il male e consapevolmente perdono le loro anime.
[204] 69 Vedete, o ciechi, ingannati dai nostri nemici, cioè dalla carne, dal mondo e dal diavolo, che al corpo è dolce fare il peccato ed è cosa amara servire Dio, poiché tutte le cose cattive, vizi e peccati, escono e procedono dal cuore degli uomini come dice il Signore nel Vangelo. 70 E così non possedete nulla né in questo mondo né nell'altro. 71

Credete di possedere a lungo le vanità di questo secolo, ma vi ingannate, perché verrà il giorno e l'ora che non pensate, non conoscete e ignorate.

COMMENTO
San Francesco ci offre l'aiuto a realizzare il proposito di non commettere più i peccati. Le stesse esortazioni che cercò di far pervenire ai cristiani del suo tempo con la Lettera a tutti i fedeli, oggi le rivolge a noi. Accogliamo sia l'esortazione a fare una buona confessione rinnovatrice, sia l'incoraggiamento a risanare la radice del cuore "cattivo", da cui procedono "i vizi e i peccati". Facciamo in modo che la nostra coscienza sia illuminata dalla luce del Signore nostro Gesù Cristo.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 732

DALLE FONTI FRANCESCANE 732

Vita Seconda di San Tommaso da Celano

732 148. Si trovarono insieme a Roma, in casa del cardinale d'Ostia che poi fu Sommo Pontefice, le fulgide luci del mondo san Francesco e san Domenico.
Sentendoli parlare fra loro del Signore con tanta dolcezza, alla fine il vescovo disse: « Nella Chiesa primitiva i pastori erano poveri e persone di carità, senza cupidigia. Perché--chiese-- tra i vostri frati quelli che emergono per dottrina e buon esempio, non li facciamo vescovi e prelati?».
Fra i due Santi sorse una gara, non per precedersi nella risposta, ma perché l'uno proponeva all'altro l'onore ed anzi voleva costringerlo a parlare per primo. In realtà si superavano a vicenda nella venerazione che nutrivano reciprocamente.
Alla fine vinse l'umiltà in Francesco, perché non si mise avanti e vinse pure in Domenico, perché ubbidì umilmente e rispose per primo.
Disse dunque Domenico al vescovo: « Signore, i miei frati, se lo capiscono, sono già posti in alto grado, e per quanto sta in me non permetterò che ottengano altra dignità ». Dopo questa breve e convinta risposta, Francesco si inchinò al vescovo e disse a sua volta: « Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori. Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell'umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi. Se volete--continuò--che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà. Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettere in nessun modo che ottengano cariche». Queste furono le risposte dei Santi.

COMMENTO
Le divisioni a qualsiasi livello si potranno evitare e la comunione ecclesiale si potrà rafforzare, se ciascuno realizzerà la beatitudine evangelica della povertà in spirito o umiltà. Questo episodio ci mostra il segreto per cui i due grandi Ordini Mendicanti dei Frati Minori e dei Predicatori furono in grado di rinnovare la Chiesa. I due Santi Fondatori, infatti, invece di opporsi alla sacra gerarchia, dialogarono con essa offrendo il loro servizio disinteressato; invece di scontrarsi fra loro, si abbracciarono.


SAN FRANCESCO E LE FONTI 1043--44

DALLE FONTI FRANCESCANE 1043-44

Leggenda Maggiore di San Bonaventura

1043 4. Quel padre carnale cercava, poi, di indurre quel figlio della grazia, ormai spogliato del denaro, a presentarsi davanti al vescovo della città, per fargli rinunciare, nelle mani di lui, all'eredità paterna e restituire tutto ciò che aveva .
Il vero amatore della povertà accettò prontamente questa proposta.
Giunto alla presenza del vescovo, non sopporta indugi o esitazioni; non aspetta né fa parole; ma, immediatamente, depone tutti i vestiti e li restituisce al padre.
Si scoprì allora che l'uomo di Dio, sotto le vesti delicate, portava sulle carni un cilicio.
Poi, inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: “ Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza ”.
Il vescovo, vedendo questo e ammirando l'uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e, pietoso e buono com'era, lo ricoprì con il suo stesso pallio. Comandò, poi, ai suoi di dare qualcosa al giovane per ricoprirsi.
Gli offrirono, appunto, il mantello povero e vile di un contadino, servo del vescovo.
Egli, ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo.

1044 5. D'allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò la città, e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli arcani colloqui del cielo.
E, mentre se ne andava per una selva, I'uomo di Dio Francesco, e cantava giubilante le lodi di Dio nella lingua di Francia, fu assalito dai briganti, sbucati all'improvviso. Costoro, con intenzioni omicide, gli domandarono chi era Ma l'uomo di Dio, pieno di fiducia, rispose con espressione profetica: “ Io sono l'araldo del gran Re ”. Quelli, allora, lo percossero e lo gettarono in un fosso pieno di neve, dicendo: ~ Sta lì, rozzo araldo di Dio ”.
Mentre se ne andavano, Francesco saltò fuori dal fosso e invaso dalla gioia, continuò a cantare con voce più alta le lodi in onore del Creatore di tutte le cose, facendone riecheggiare le selve.

COMMENTO
Quello dello spogliamento di san Francesco davanti al padre e al Vescovo, è uno dei momenti "favorevoli" che il Poverello di Cristo afferra senza esitazione, cooperando alla grazia di Dio che interiormente lo chiama. La sua risposta è totalitaria: dona tutto sè stesso a Dio, getta in braccio al padre le vesti e quanto gli appartiene. Se riflettiamo sulla radicalità del suo agire, non possiamo non entrare in crisi di conversione, da cui non dovremmo uscire con i "però", i "ma", i "dovrei",......ma solo con l'evangelico "Sì" !.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 179-80, 206

DALLE FONTI FRANCESCANE 179-80, 206

Lettera ai fedeli
seconda recensione

[179] 1 Nel nome del Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen.
A tutti i cristiani religiosi, chierici e laici, uomini e donne, a tutti gli abitanti del mondo intero, frate Francesco, loro servo e suddito, ossequio rispettoso, pace dal cielo e sincera carità nel Signore.
[180] 2 Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore. 3 E perciò, considerando che non posso visitare personalmente i singoli, a causa della malattia e debolezza del mio corpo, mi sono proposto di riferire a voi, mediante la presente lettera e messaggio, le parole del Signore nostro Gesù Cristo, che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita.
................................................

[206] 87 Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. 87bis E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita. E coloro che non faranno ciò, ne renderanno ragione nel giorno del giudizio davanti al tribunale di Cristo. 88

E tutti quelli e quelle che con benevolenza le accoglieranno e le comprenderanno e ne invieranno copie ad altri, se in esse persevereranno fino alla fine, li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

COMMENTO
Espropriato di sè, perciò minore davanti a Dio e davanti agli uomini, chiamato al servizio della evangelizzazione, si è guardato bene di dire cose sue, di affidarsi alle risorse della scienza umana; ha voluto essere solo portatore del Verbo di Dio, Cristo, velato dalle parole della Sacra Scrittura, specialmente dalle parole del Vangelo. Sono , per lui, parole fragranti di divinità che diffondono il "buon odore di Cristo". Meditiamo con riverenza, come indirizzati a noi, i due brani coi quali si apre e si chiude la lettera a tutti i fedeli.

domenica 15 marzo 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 816


DALLE FONTI FRANCESCANE 816

Vita Seconda di Tommaso da Celano

816

220a. Nel nome del Signore Gesù. Amen. Nell'anno della sua Incarnazione 1226, il 3 ottobre, nel giorno che aveva predetto, compiuti vent'anni da quando aveva aderito in modo perfettissimo a Cristo seguendo la vita e le orme degli Apostoli, l'uomo apostolico Francesco, sciolto dai ceppi di questa vita mortale, passò felicemente a Cristo. E sepolto presso la città di Assisi, cominciò a risplendere ovunque per tanti e così vari miracoli, che indusse in breve tempo gran parte del mondo ad ammirare il secolo rinnovato.

Poiché già in diverse parti, si era reso famoso per lo splendore di nuovi miracoli, affluivano da ogni luogo persone gioiose di essere state liberate col suo aiuto dai loro affanni, il signor papa Gregorio, trovandosi a Perugia con tutti i cardinali ed altri prelati, cominciò a trattare la sua canonizzazione. Tutti furono concordi e si dissero favorevoli. Lessero e approvarono i miracoli, che il Signore aveva operato per mezzo del suo servo, ed esaltarono con le più alte lodi la santità della sua vita.

Anzitutto vennero convocati a tanta solennità i principi della terra. Poi, nel giorno fissato, tutto lo stuolo dei prelati e una infinita moltitudine di popolo accompagnarono il Papa in Assisi, per celebrarvi, a maggiore onore del Santo, la sua canonizzazione. Quando tutti si trovarono nel luogo preparato per una circostanza così solenne, da principio papa Gregorio parlò al popolo ed annunziò con affetto dolcissimo le meraviglie del Signore. Poi, con un nobilissimo discorso, tessé le lodi del padre san Francesco, versando lacrime di commozione mentre esponeva la purezza della sua vita.

Finito il discorso, papa Gregorio alzò le mani al cielo e con voce sonora proclamò,...

COMMENTO

Quando il giovanotto di Assisi abbandonò le vanità del mondo e abbracciò la stoltezza della croce di Cristo, gli amici lo considerarono un pazzo e reputarono se stessi savi. Dopo venti anni, il Santo che aveva riposto la speranza in Dio, moriva ammirato e venerato dal mondo intero; i suoi dileggiatori che avevano riposto la speranza nelle vanità, si ritrovarono delusi e a mani vuote. Beati coloro che, convinti dalla canonizzazione del loro glorioso compagno di giovinezza, si saranno convertiti alla speranza vera che non delude.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 36-37

DALLE FONTI FRANCESCANE 36-37

Regole ed esortazioni

CAPITOLO Xl
CHE I FRATI NON FACCIANO INGIURIA NÉ DETRAZIONE, MA Sl AMINO SCAMBIEVOLMENTE

[36] E tutti i frati si guardino dal calunniare alcuno, e evitino le dispute di parole, anzi cerchino di conservare il
silenzio, se Dio darà loro questa grazia. E non litighino tra loro, né con gli altri, ma procurino di rispondere con umiltà,
dicendo: Sono servo inutile.
[37] E non si adirino, perché chiunque si adira col suo fratello, sarà condannato al giudizio; chi avrà detto al suo
fratello "raca", sarà condannato nel Sinedrio; chi gli avrà detto "pazzo", sarà condannato al fuoco della Geenna. E si
amino scambievolmente, come dice il Signore: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate scambievolmente come io
ho amato voi". E mostrino con le opere l'amore che hanno fra di loro, come dice l'apostolo: "Non amiamo a parola né
con la lingua, ma con le opere e in verità". E non oltraggino nessuno; non mormorino, non calunnino gli altri, poiché è
scritto: "i sussurroni e i detrattori sono in odio a Dio". E siano modesti, mostrando ogni mansuetudine verso tutti gli
uomini. Non giudichino, non condannino; e come dice il Signore, non guardino ai più piccoli peccati degli altri, ma
pensino piuttosto ai loro nell'amarezza della loro anima.
E si sforzino di entrare per la porta stretta, poiché dice il Signore: "Angusta èla porta e stretta la via che conduce alla
vita; e sono pochi quelli che la trovano".

COMMENTO
Il Santo ci chiarisce una verità biblica che, messa in pratica, ci permetterebbe di non essere "odiosi a Dio" con la "detrazione e mormorazione", ma di essere a Lui graditi con la modestia e la benignità verso tutti gli uomini. Chiediamo allo Spirito Santo che ci dia in abbondanza la grazia di "stare zitti", in modo da non "contristarLo" con i peccati della lingua così facili ad essere commessi. Questo digiuno della lingua, oltre che essere molto utile per lo spirito, non lede minimamente la salute del corpo: è quindi raccomandabile a tutti, specie a quelli che per debolezza fisica non possono fare severe astinenze nei cibi e nelle bevande.