giovedì 30 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna 2

SAN FRANCESCO INVENTORE DEL PRESEPE
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Il Corridoio delle Stimmate della Verna fu realizzato tra gli anni 1578 e 1582..
Entrando vediamo un presepe, vero o una rappresentazione di questo in arte, difficilmente lo colleghiamo alla figura di San Francesco. In realtà il collegamento tra il presepe e San Francesco è grande, inscindibile. Fu infatti il Santo di Assisi ad "inventarlo", a realizzarne il primo. Ecco il motivo per cui Baccio Maria Bacci dipinge questo presepe tra le scene inerenti la vita del santo. Nel dicembre del 1223 San Francesco si trova a Greccio, un eremo francescano tra Terni e Rieti. Vedendo una grotta gli viene l'idea di rappresentarci la Natività di Gesù. Nasce così il primo presepe della storia.
Ma perché a Francesco d'Assisi viene quest'idea e realizza questa rappresentazione?
Non esiste una spiegazione data dal Santo e una documentazione a tal proposito.
Ritengo che si possa accettare l'ipotesi formulata dal professor Franco Cardini durante una sua conferenza alla Verna nell'ottobre 2009, in occasione della consegna del Premio Europa al convento francescano.
Grande desiderio rimasto irrealizzato di San Francesco era quello di poter visitare i "luoghi di Gesù" in Terra Santa. Il Santo d'Assisi si recò in questa terra a seguito alla quinta crociata, ma sia per le circostanze belliche, sia perché non aveva il permesso papale per andare a visitare i luoghi santi, Francesco ritornò in Italia nel 1220 senza aver potuto visitare e pregare in questi luoghi. Ecco quindi che può essere scattato in San Francesco il desiderio di "portare" Betlemme con la sua Natività in casa propria, per potersela godere, non solo lui, ma tutti quei cristiani che non potevano recarsi in Terra Santa.





VITA PRIMA DI TOMMASO DA CELANO
IL PRESEPIO Dl GRECCIO

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84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

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Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

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A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 148 / 151

DALLE FONTI FRANCESCANE 148--151

Ammonizioni

III L'OBBEDIENZA PERFETTA

[148] 1 Dice il Signore nel Vangelo: "Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo" (Lc 14,33), 2 e: "Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà" (Lc 9,24).
3 Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo colui che sottomette totalmente se stesso alI'obbedienza nelle mani del suo superiore. 4 E qualunque cosa fa o dice che egli sa non essere contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza.

[149] 5 E se qualche volta il suddito vede cose migliori e più utili alla sua anima di quelle che gli ordina il superiore, volentieri sacrifichi a Dio le sue e cerchi invece di adempiere con l'opera quelle del superiore. 6 Infatti questa è l'obbedienza caritativa, perché compiace a Dio e al prossimo (Cfr. 1Pt 1,22).

[150] 7 Se poi il superiore comanda al suddito qualcosa contro la sua coscienza, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. 6 E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. 9 Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché sacrifica la sua anima (Cfr. Gv 15,13) per i suoi fratelli.

[151] 10 Vi sono infatti molti religiosi che, col pretesto di vedere cose migliori di quelle che ordinano i loro superiori, guardano indietro (Cfr. Lc 9,62) e ritornano al vomito (Cfr. Pr 26,11; 2Pt 2,22) della propria volontà. 11 Questi sono degli omicidi e sono causa di perdizione per molte anime con i loro cattivi esempi.

COMMENTO

Il Poverello di Assisi, santamente geloso nel riconoscere i diritti di Dio, desideroso di conformarsi totalmente a Cristo,ha dato molta importanza alla obbedienza, considerata come una "espropriazione" del proprio "io". Solo così ha intuito di poter vivere in totale povertà, "senza nulla di proprio", anche e soprattutto nei riguardi della propria volontà. Per lui la disobbedienza è un evento che rompe i rapporti amichevoli tra l'uomo e Dio ed equivale al peccato. L'uomo che pecca, invece di glorificare Dio, pretende di glorificare se stesso; invece di aver fiducia in Lui, si fida del tentatore: "sarete simili a Dio". Peccando, l'uomo fa un'appropriazione indebita in quanto reputa sua proprietà il dono massimo fatto a lui da Dio: la libera volontà. La redenzione, con l'obbedienza colma d'amore del Figlio di Dio e dell'uomo, rimette le cose a posto, ristabilisce l'immancabile giustizia: dare a Dio quello che è di Dio e all'uomo quello che è dell'uomo



mercoledì 29 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI La Verna

SAN FRANCESCO Il Corridoio delle Stimmate della Verna
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FIRMA E DATAZIONE PITTURE DI BACCI A LA VERNA
In basso a destra del precedente dipinto che raffigura l'incontro di San Francesco con il lebbroso, Baccio Maria Bacci, autore dei dipinti raffiguranti la vita di San Francesco, pone la sua firma e la datazione che questo grande lavoro lo ha tenuto impegnato: dal 1929 al 1940.
Baccio M. Bacci è l'esempio di una vita alquanto movimentata e sufficientemente irrequieta.
Nacque a Firenze nel 1888, nonostante la sua fosse una famiglia di artisti, viene osteggiato ad intraprendere questa professione che invece lui voleva fortemente fare e farà, questo implica contrasti familiari fin dall'adolescenza che lo portano in Germania già a diciassette anni. 
Ritornato a Firenze s'iscrive all'accademia, ma non termina gli studi. Poi lo ritroviamo a Parigi dove comincia a dare un'identità stilistica alla sua pittura che lo avvicina al futurismo e all'astrattismo. 
Baccio M. Bacci partecipa alla grande guerra del 1915/18. Terminata questa riprende la sua attività artistica esponendo in Italia e all'estero. 
Nel 1927 realizza alcuni affreschi per il convento francescano di Fiesole, ma è nel 1929, con l'incarico di ridipingere il Corridoio delle Stimmate della Verna, che inizia la sua "nuova attività". Dipingere per conventi, chiese o altri edifici religiosi sarà la tipologia di lavoro che di più lo terrà occupato e sicuramente lo renderà più noto. Suo è un grande mosaico nel Duomo di Salerno, realizza gli affreschi, anche questi riguardanti la vita di San Francesco, nella Collegiata di Montevarchi (AR), realizza mosaici e vetrate per la Chiesa di San Giuseppe di Colasazio a Milano e per la cappella papale del Cimitero monumentale di Verano a Roma. In questa città l'artista fiorentino ha abitato per diversi anni. Durante queste attività Baccio Maria Bacci non trascura comunque sue esposizioni in importanti città. Nel 1961 l'artista è di nuovo alla Verna per realizzare due ritratti su tela dedicati a due importanti figure del Santuario Francescano toscano: fra' Achille e Padre Vigilio, morti negli anni '50. Queste pitture, oggi esposte nel museo del convento, potrete vederle in coda a questa galleria fotografica. 
Baccio Maria Bacci muore a Fiesole (FI) nel 1974.









Il Corridoio delle Stimmate della Verna fu realizzato tra gli anni 1578 e 1582. Una struttura architettonica che serviva a collegare la nuova grande basilica del Santuario con la ben più vecchia Cappella delle Stimmate fatta edificare attorno al 1260 dai Conti Guidi di Poppi in omaggio a San Francesco.

Il corridoio aveva una funzione pratica ben precisa: proteggere dagli agenti atmosferici, alla Verna spesso particolarmente impervi, la processione dei frati che all'epoca si teneva due volte al giorno, la notte e il pomeriggio (oggi si tiene solo il pomeriggio, alle 15,15 verso la cappella, alle 15,30 verso la basilica). Una leggenda ci racconta che la decisione di costruire il corridoio sia stata presa dopo che una forte bufera notturna aveva fatto desistere i frati dal praticare quella notte tale funzione religiosa. Al mattino, con grande stupore, i frati trovarono sulla neve una moltitudine d'impronte sul percorso della processione. Gli animali della foresta si erano sostituiti ai frati nella pratica della processione. Tale fatto miracoloso fece prendere la decisione di costruire una struttura che permettesse in qualunque situazione climatica lo svolgimento della processione. 
Il corridoio, che fu detto "delle Stimmate", si trovava sotto una tettoia sorretta da una parte da un muro e dall'altra da colonne, quest'ultima aperta verso l'esterno. Oggi anche questa parte è chiusa da una vetrata, lavoro realizzato solo nel 1926. 
Fin dalla sua costruzione, il muro che fiancheggiava il Corridoio delle Stimmate fu decorato da pittori anonimi che vi illustrarono la vita di San Francesco, pitture sicuramente di carattere popolare, di non particolare valore artistico. Solo novanta anni dopo la realizzazione (1670/71) le decorazioni del corridoio furono affidate alle mani di un artista di valore: Emanuele da Como, frate minore francescano. Questi dipinge sulla parete 21 grandi riquadri (di circa tre metri l'uno di larghezza), in ognuno di questi raffigura vari episodi della vita del Santo, storici e leggendari, per un totale di 73 scene. 
Come già detto, il lato del corridoio opposto alla parete decorata era aperto e con gli anni gli agenti atmosferici non risparmiarono i dipinti che negli anni furono sottoposti a qualche intervento di restauro, ma tutti abbastanza approssimativi. 
Nel 1840 fu affidato al pittore Luigi Ademolli, aiutato dal figlio Giovanni, il compito di restaurare in modo più sostanziale gli affreschi. Fu un intervento piuttosto pesante che andò a trasformare fortemente le pitture di Emanuele da Como. Anche questi dipinti nell'arco di pochi decenni si deteriorarono rapidamente perché sempre esposti ad umidità, ghiaccio, sbalzi di temperatura. 
Negli anni Trenta del Novecento, dopo che la parete opposta alle decorazioni era stata chiusa da vetrata, fu deciso di ridipingerlo, non un restauro, ma nuove pitture. 
Fu affidato l'incarico al pittore Baccio Maria Bacci che utilizzò i soliti grandi riquadri, che non suddivise però in varie scene, bensì un episodio per ogni riquadro. 
Baccio Maria Bacci non ridipinse gli ultimi tre riquadri che trovandosi in posizione più riparata erano stati risparmiati dagli agenti atmosferici. L'ultimo, la "Morte di San Francesco", lo si può ancora attribuire ad Emanuele da Como, in quanto soggetto nel tempo solo a leggeri restauri, il penultimo ed il terzultimo si possono senza dubbio attribuire a Luigi Ademolli perché dello stile pittorico dell'artista comasco non è rimasto praticamente niente. 
Baccio Maria Bacci realizzò anche il 22esimo quadro utilizzando la parte di parete sovrastante la porta di accesso al corridoio delle Stigmate della Verna. Qui dipinse un Presepe, invenzione di San Francesco. Proprio da questa decorazione inizia la carrellata d'immagini che ci racconta la vita del Santo d'Assisi.

lunedì 27 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1846


S. FRANCESCO FONDA IL III ORDINE ACCETTANDO PER PRIMI IL B. LUCCHESIO E LA MOGLIE BONA A POGGIBONSI E ALLA VERNA IL CONTE ORLANDO.


DALLE FONTI FRANCESCANE 1846
1846 E andando con empito di spirito, sanza considerare via o semita, giunsono a uno castello che si chiamava Savurniano. E santo Francesco si puose a predicare, e comandò prima alle rondini che tenessino silenzio infino a tanto ch' egli avesse predicato. E le rondini l' ubbidirono. Ed ivi predicò in tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per divozione gli volsono andare dietro e abbandonare il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: « Non abbiate fretta e non vi partite, ed io ordinerò quello che voi dobbiate fare per salute dell' anime vostre ». E allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli molto consolati e bene disposti a penitenza, si partì quindi e venne tra Cannaio e Bevagno.
E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d' uccelli; di che santo Francesco si maravigliò e disse a' compagni: « Voi m' aspetterete qui nella via, e io andrò a predicare alle mie sirocchie uccelli ». E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch' erano in terra; e subitamente quelli ch' erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compiè di predicare, e poi anche non si partivano infino a tanto ch' egli diè loro la benedizione sua. E secondo che recitò poi frate Masseo a frate Jacopo da Massa, andando santo Francesco fra loro, toccandole colla cappa, nessuna perciò si movea. La sustanza della predica di santo Francesco fu questa: « Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenute a Dio vostro creatore, e sempre e in ogni luogo il dovete laudare, imperò che v' ha dato la libertà di volare in ogni luogo; anche v'ha dato il vestimento duplicato e triplicato, appresso, perchè elli riserbò il seme di voi in nell' arca di Noè, acciò che la spezie vostra non venisse meno nel mondo, ancora gli siete tenute per lo elemento dell' aria che egli ha deputato a voi. Oltre a questo, voi non seminate e non mietete, e Iddio vi pasce e davvi li fiumi e le fonti per vostro bere, e davvi li monti e le valli per vostro refugio, e gli alberi alti per fare li vostri nidi. E con ciò sia cosa che voi non sappiate filare nè cucire, Iddio vi veste, voi e' vostri figliuoli. Onde molto v'ama il vostro Creatore, poi ch' egli vi dà tanti benefici; e però guardatevi, sirocchie mie, del peccato della ingratitudine, e sempre vi studiate di lodare Iddio ». Dicendo loro santo Francesco queste parole, tutti quanti quelli uccelli cominciarono ad aprire i becchi e distendere i colli e aprire l' alie e riverentemente inchinare li capi infino in terra, e con atti e con canti dimostrare che'l padre santo dava loro grandissimo diletto. E santo Francesco con loro insieme si rallegrava e dilettava, e maravigliavasi molto di tanta moltitudine d' uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e famigliarità; per la qual cosa egli in loro divotamente lodava il Creatore. Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della Croce e diè loro licenza di partirsi e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la Croce ch' avea fatta loro santo Francesco si divisono in quattro parti; e l' una parte volò inverso l' oriente, e l' altra parte verso l' occidente, e l' altra parte verso lo meriggio, e la quarta verso l'aquilone, e ciascuna schiera n' andava cantando maravigliosi canti; in questo significando che come da santo Francesco gonfaloniere della Croce di Cristo era stato a loro predicato e sopra loro fatto il segno della Croce, secondo il quale egli si divisono in quattro parti del mondo; così la predicazione della Croce di Cristo rinnovata per santo Francesco si dovea per lui e per li suoi frati portare per tutto il mondo; li quali frati, a modo che gli uccelli, non possedendo nessuna cosa propria in questo mondo, alla sola provvidenza di Dio commettono la lor vita.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.



COMMENTO
Non tutti possono essere frati o clarisse, San Francesco lo sa. Per questo motivo fonda il "Terzo Ordine", detto anche "Ordine Francescano di Penitenza". Un Ordine per tutti coloro, uomini e donne, che vogliono seguire l'esempio di Francesco pur rimanendo laici, quindi continuando a vivere nelle proprie attività. Il Terzo Ordine fu costituito nel 1221, i primi ad entrarvi furono il Beato Lucchesio e la moglie Bona. Alla Verna San Francesco accettò nel III Ordine il Conte Orlando.
Lucchese, nato in Toscana vicino a Siena circa l'anno 1181, si diede dapprima alla carriera delle armi e poi al commercio in Poggibonsi. Toccato dalla grazia divina, distribuì tutti i suoi beni ai poveri e prese l'abito del Terz'Ordine di san Francesco, dandosi alla vita ascetica. Si distinse nell'amore del prossimo, nella pratica della povertà e dell'umiltà, e condusse sempre una vita austera. Morì quasi ottuagenario il 28 Aprile 1260.

domenica 26 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1128 / 29

DALLE FONTI FRANCESCANE 1128/29

"....è bello andare a mendicare sotto il titolo di frati minori, titolo che il Maestro della verità ha indicato nel Vangelo con tanta precisione, come motivo di eterna ricompensa per i giusti". 

San Francesco d'Assisi.





SAN FRANCESCO E LE FONTI 1179

 DALLE FONTI FRANCESCANE 1179                                                                                                                                                                                                                                                                                


Francesco diceva confidenzialmente a Cristo:
"All'ombra delle tue ali proteggimi dai malvagi che tramano la mia rovina"

E ai demoni
"Fate pure quello che potete contro di me, o spiriti maligni e ingannatori! Voi non avete potere se non nella misura in cui la mano di Dio ve lo concede e perciò io me ne sto qui con tutta gioia, pronto a sopportare tutto quanto essa ha stabilito di farmi subire".

I demoni superbi non sopportavano simile forza d'animo e si ritiravano sconfitti. FF 1179

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1852

DALLE FONTI FRANCESCANE 1852
I FIORETTI
FRANCESCO E IL LUPO riassunto


.Un giorno Francesco si recò in vista nella città di Gubbio. Ma come entrò nella città vide che non c’era nessuno: nè animali nè persone. Tutti i cittadini di Gubbio erano chiusi nelle loro case per paura di un Lupo veramente pericoloso e grande .Tutti conoscevano Francesco e chiesero a lui se poteva aiutarli. Francesco accettò e andò a parlare con il Lupo.
Si recò alla foresta, e vide arrivare da lui lentamente questo grosso cane.
Francesco lo chiamò:”Fratello Lupo , in nome di Dio ti ordino di non farmi male, a me e a tutti gli uomini”. Quando furono vicini, Francesco fece il segno della Croce in bocca al Lupo.
Poi Francesco gli disse: “Fratello Lupo perchè hai fatto del male ai tuoi fratelli uomini? Tutti ti odiano Fratello Lupo,hanno paura tutti di te, devi smetterla. Ma io sono tuo fratello e voglio che ci sia pace fra te e gli uomini, cosi sarete tutti tranquilli in questa città”. Quando il Lupo capì il suo errore scrollò la testa, e fu allora che Francesco disse agli abitanti di Gubbio: “Il Lupo vuole vivere in pace con voi, lo desidera veramente .L’importante è che mi promettiate che voi gli darete da mangiare, al vostro nuovo Fratello”. Da quel giorno, grazie a Francesco e alla buona volontà sia del Lupo che dai cittadini di Gubbio,era tornata la pace e il Lupo passava a trovare gli abitanti ,che gli davano da mangiare , come promesso. Il Lupo era diventato il cane di tutti , era diventato anche l’amico di tutti bambini .E quando mori ,alcuni anni dopo tutti gli abitanti piansero perché avevano perso il loro caro amico Fratello Lupo.

venerdì 24 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1238

DALLE FONTI FRANCESCANE   1238                                                                                                          "Ti ringrazio, Signore Dio, per tutti questi miei dolori e ti prego, o Signore mio, di darmene cento volte di più, se così ti piace. Io sarò contentissimo, se Tu mi affliggerai e non mi risparmierai il dolore, perchè adempiere alla tua volontà è per me consolazione sovrappiena". 





SAN FRANCESCO E LE FONTI 1670

DALLE FONTI FRANCESCANE 1670

NON SONO UN LADRO !
1670 111. Francesco ripeteva spesso ai fratelli: « Non sono mai stato ladro. Voglio dire che delle  elemosine, le quali sono l'eredità dei poveri, ho preso sempre meno di quanto mi bisognasse, allo scopo di non intaccare la parte dovuta agli altri poveri. Fare diversamente sarebbe rubare ».


SAN FRANCESCO E LE FONTI 1203--1205

DALLE FONTI FRANCESCANE 1204--1205 

CAPITOLO XII

EFFICACIA NELLA PREDICAZIONE
E GRAZIA DELLE GUARIGIONI

1203 1. Francesco, servitore e ministro veramente fedele di Cristo, tutto volendo compiere con fedeltà e perfezione, si sforzava di praticare soprattutto quelle virtù che sapeva maggiormente gradite al suo Dio, come aveva appreso per dettame dello Spirito Santo.
1204 A questo proposito, si trovò una volta fortemente angosciato da un dubbio, che per molti giorni espose ai frati suoi familiari, quando tornava dall'orazione, perché l'aiutassero a scioglierlo.
“ Fratelli - domandava - che cosa decidete? Che cosa vi sembra giusto?: che io mi dia tutto all'orazione o che vada attorno a predicare? Io, piccolino e semplice, inesperto nel parlare, ho ricevuto la grazia dell'orazione più che quella della predicazione. Nell'orazione, inoltre, o si acquistano o si accumulano le grazie; nella predicazione, invece, si distribuiscono i doni ricevuti dal cielo. Nell'orazione purifichiamo i nostri sentimenti e ci uniamo con l'unico, vero e sommo Bene e rinvigoriamo la virtù; nella predicazione, invece, lo spirito si impolvera e si distrae in tante direzioni e la disciplina si rallenta. Finalmente, nella orazione parliamo a Dio, lo ascoltiamo e ci tratteniamo in mezzo agli angeli; nella predicazione, invece, dobbiamo scendere spesso verso gli uomini e, vivendo da uomini in mezzo agli uomini, pensare, vedere, dire e ascoltare al modo umano. Però, a favore della predicazione, c'è una cosa, e sembra che da sola abbia, davanti a Dio, un peso maggiore di tutte le altre, ed è che l'Unigenito di Dio, sapienza infinita, per la salvezza delle anime è disceso dal seno del Padre, ha rinnovato il mondo col suo esempio, parlando agli uomini la Parola di salvezza e ha dato il suo sangue come prezzo per riscattarli, lavacro per purificarli, bevanda per fortificarli, nulla assolutamente riservando per se stesso, ma tutto dispensando generosamente per la nostra salvezza. Ora noi dobbiamo fare tutto, secondo il modello che vediamo risplendere in Lui, come su un monte eccelso. Perciò sembra maggiormente gradito a Dio, che io lasci da parte il riposo e vada nel mondo a lavorare ”.
Per molti giorni ruminò discorsi di questo genere con i frati; ma non riusciva ad intuire con sicurezza la strada da scegliere, quella veramente più gradita a Cristo. Lui, che mediante lo spirito di profezia veniva a conoscere cose stupefacenti, non era capace di risolvere con chiarezza questo interrogativo da se stesso: la Provvidenza di Dio preferiva che fosse una risposta venuta dal cielo a mostrare l'importanza della predicazione e che il servo di Cristo si conservasse nella sua umiltà.

1205 2. Non aveva rossore di chiedere le cose piccole a quelli più piccoli di lui; lui, vero minore, che aveva imparato dal Maestro supremo le cose grandi. Era solito ricercare con singolare zelo la via e il modo per servire più perfettamente Dio, come a Lui meglio piace.

Questa fu la sua filosofia suprema, questo il suo supremo desiderio, finché visse: chiedere ai sapienti e ai semplici, ai perfetti e agli imperfetti, ai giovani e agli anziani qual era il modo in cui più virtuosamente poteva giungere al vertice della perfezione.
Incaricò, dunque, due frati di andare da frate Silvestro, a dirgli che cercasse di ottenere la risposta di Dio sulla




tormentosa questione e che gliela facesse sapere ( frate Silvestro era quello che aveva visto una croce uscire dalla bocca del Santo e ora si dedicava ininterrottamente alla orazione sul monte sovrastante Assisi). Questa stessa missione affidò alla santa vergine Chiara: indagare la volontà di Dio su questo punto, sia pregando lei stessa con le altre sorelle, sia incaricando qualcuna fra le vergini più pure e semplici, che vivevano alla sua scuola. E furono meravigliosamente d'accordo nella risposta--poiché l'aveva rivelata lo Spirito Santo -- il venerabile sacerdote e la vergine consacrata a Dio: il volere divino era che Francesco si facesse araldo di Cristo ed uscisse a predicare.
Ritornarono i frati, indicando qual era la volontà di Dio, secondo quanto avevano saputo; ed egli subito si alzò si cinse le vesti, e, senza frapporre il minimo indugio, si mise in viaggio. Andava con tanto fervore ad eseguire il comando divino, correva tanto veloce, come se la mano del Signore, scendendo su di lui, lo avesse ricolmato di nuove energie.

COMMENTO
Da questo episodio della vita di san Francesco, si ricavano tre insegnamenti preziosi: partire sempre dall'esempio di Francesco, pregare e far pregare in una collaborazione fondata sullo Spirito Santo, essere
animati da zelo ardente che non conosce indugi e ritardi.

martedì 21 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 62

DALLE FONTI FRANCESCANE 62

Regola non bollata

62] Manteniamoci dunque fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al santo Vangelo di colui che si è degnato pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui, dicendo: "Padre, glorifìca il tuo nome" e: "Glorifica il Figlio tuo perché il Figlio tuo glorifichi te". "Padre, ho manifestato il tuo nome agli uomini, che mi hai dato, perché le parole che tu hai dato a me, io le diedi loro; ed essi le hanno accolte e hanno riconosciuto che io sono uscito da te ed hanno creduto che tu mi hai mandato".

COMMENTO
Con intuizione carismatica, san Francesco ha compreso che l'orazione sacerdotale, riportata nel cap. 17 del Vangelo di san Giovanni, è l'espressione visibile e temporale della preghiera che il Sacerdote eterno, il Mediatore della nuova Alleanza, rivolge nel cielo al Padre in nostro favore. La Chiesa nell'innalzare al Padre le sue preghiere, lo fa sempre nel nome di Gesù. Non c'è orazione liturgica che non termini con la formula: "Per il nostro Signore Gesù Cristo". L'Amen, col quale il Popolo di Dio suggella questa frase, è un solenne atto di fede indiscussa nel potere implorante del Sacerdote eterno, "sempre vivo e pronto a intercedere per noi".



sabato 18 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1782




DALLE FONTI FRANCESCANE 1782

Specchio di perfezione

cap.85.

COME DESCRISSE LORO IL FRATE PERFETTO

1782 Francesco, immedesimato in certo modo nei suoi fratelli per l'ardente amore e il fervido zelo che
aveva per la loro perfezione, spesso pensava tra sé quelle qualità e virtù di cui doveva essere ornato un
autentico frate minore.
E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti
santi frati: la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l'amore della povertà; la semplicità e la
purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità, la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere
entrato nell'Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà, l'aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con
il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta
perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in qualunque
occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore; la pazienza di Ginepro, che giunse a uno
stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propria volontà e con l'ardente desiderio d'imitare Cristo
seguendo la via della croce; la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi, che a quel tempo
sorpassò per vigoria tutti gli uomini; la carità di Ruggero, la cui vita e comportamento erano ardenti di
amore, la santa inquietudine di Lucido, che, sempre all'erta, quasi non voleva dimorare in un luogo più di
un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Non abbiamo dimora
stabile quaggiù, ma in cielo.

COMMENTO
Piuttosto che stendere un elenco di virtù, Francesco presenta degli uomini reali, i suoi primi compagni, sottolineando di ciascuno la virtù caratteristica. Il frate minore ideale dovrebbe essere la somma vivente di questi aspetti della medesima vocazione.

venerdì 17 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 2912 / 2918

DALLE FONTI FRANCESCANE 2912 / 2918

Lettera a Ermentrude di Bruges

2912 1 A Ermentrude, sorella carissima, Chiara d’Assisi, umile ancella di Gesù Cristo, augura salute e pace. 

2913 2 Ho appreso, sorella carissima, che, con l’aiuto della grazia del Signore, sei fuggita dal fango di questo mondo; 3 ne provo grande allegrezza e mi congratulo con te; e ancor più grande é la mia gioia perché so che tu e le tue figlie con coraggio camminate nella via della virtù.

2914 4 Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita (Gc 1,12). 5 Il tempo della fatica quaggiù é breve, ma la ricompensa (Cfr. Sap 10,17; Sir 18,22) é eterna. Non ti abbaglino gli splendori del mondo, che passa come ombra (Gb 14,2). 6 Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni. 7 Sostieni di buona voglia le avversità, e la superbia non gonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono.

2915 8 Rendi fedelmente a Dio quello che hai promesso con voto (Cfr. Sal 75,12), ed Egli ti darà la ricompensa. 9 Alza i tuoi occhi al cielo, o carissima, poiché é un invito per noi, e prendi la croce e segui (Cfr. Lc 9,23) Cristo che ci precede. 10 Poiché dopo molte e varie tribulazioni, é Lui che ci introdurrà nella sua gloria (Ap 14,21; Lc 24,26). 11 Ama con tutto il cuore Dio (Dt 11,1; Lc 10,27; 1Cor 16,22)), e Gesù, suo Figlio crocifisso per noi peccatori, e non cada mai dalla tua mente il ricordo di Lui. 12 Medita senza stancarti il mistero della croce e i dolori della Madre ritta ai piedi della croce (Cfr. Gv 19,25).
2916 13 Sii sempre attenta e vigile nella preghiera (Cfr. Mt 26,41). 14 Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi (Cfr. 2Tm 4,5-7) il mistero che hai abbracciato in santa povertà e in umiltà sincera.

2917 15 Non temere, o figlia: Dio che é fedele in tutta le sua promesse e santo nelle sue opere (Sal 144,13), effonderà su di te e su tutte le tue figlie la benedizione copiosa. 16 Egli sarà il vostro aiuto, il vostro insuperabile conforto, come é il nostro Redentore e la nostra eterna ricompensa.

2918 17 Preghiamo Dio l’una per l’altra (Gc 5,16), e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo (Gal 6,2). Amen







COMMENTO

Se il linguaggio della Croce, vista nello sfondo luminoso della Risurrezione, è la forza conquistatrice della evangelizzazione delle genti, molto più è la spinta elevante dell'ascetica e della mistica. Consapevole di questo, per esperienza personale, s. Chiara invita la sua discepola Ermentrude di Bruges e contemplare Cristo crocifisso per avere la forza di proseguire con entusiasmo nella via dell'umiltà, della povertà e della mortificazione.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 2205--2206

DALLE FONTI FRANCESCANE 2205--2206

 Testimonianze Contemporanee a San Francesco 

2205 8. Ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande consolazione: delle persone, d'ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori, e sorelle minori e sono tenuti in grande considerazione dal Papa e dai cardinali. 
Questi non si impicciano per nulla delle cose temporali, ma invece, con fervoroso desiderio e con veemente impegno, si affaticano ogni giorno per strappare dalle vanità mondane le anime che stanno per naufragare e attirarle nelle loro file. E, per grazia divina, hanno già prodotto grande frutto e molti ne hanno guadagnati così che chi li ascolta invita gli altri: vieni, e vedrai coi tuoi occhi. 

2206 9. Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva, della quale è scritto: «la moltitudine dei credenti era un cuore solo e un'anima sola ». Durante il giorno entrano nelle città e nei paesi, adoprandosi attivamente per guadagnare altri al Signore; la notte ritornano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla contemplazione.


                           


COMMENTO
Del tempio divino Cristo è la "pietra angolare", fondamento unico di stabilità: poggiata su questa "roccia", la
Chiesa, benchè investita dagli uragani e dalle tempeste, resterà in piedi più salda che mai. Della stessa Chiesa tutti i battezzati rappresentano le "pietre vive" : ognuna ha il suo posto, e le "colonne" sono formate dagli apostoli e dai loro successori i vescovi, che danno completezza al divino edificio. Prendere coscienza di essere una "pietruzza" di questo mirabile tempio di Dio e di avere una propria funzione nel compito di adorazione e di lode dell'Altissimo che compete a tutta la Chiesa, è il risultato pratico che ciascuno deve trarre. Questo brano delle Fonti ci parla dello stupore di un alto prelato della Curia romana, per l'esemplarità della "gente poverella" che incarnava un tipo di Chiesa molto vicino--per la comunione di carità e per la purezza di povertà-- alla Chiesa degli apostoli.

giovedì 16 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 346

DALLE FONTI FRANCESCANE 346

Vita Prima di Tommaso da Celano

CAPITOLO VII

ASSALITO DAI BRIGANTI, É GETTATO NELLA NEVE, POI SI APPLICA A SERVIRE I LEBBROSI

346

16. Vestito di cenci, colui che un tempo si adornava di abiti purpurei, se ne va per una selva, cantando le lodi di Dio in francese Ad un tratto, alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia. L'uomo di Dio risponde impavido e sicuro: "Sono l'araldo del gran Re; vi interessa questo?". Quelli lo percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo: "Stattene lì, zotico araldo di Dio!". Ma egli, guardandosi attorno e scossosi di dosso la neve, appena i briganti sono spariti balza fuori dalla fossa e, tutto giulivo, riprende a cantare a gran voce, riempiendo il bosco con le lodi al Creatore di tutte le cose.






COMMENTO
Vi fu un uomo mandato da Dio, la vita del quale ebbe pienamente la tonalità pasquale: Francesco d'Assisi. Presa coscienza di essere un risorto con Cristo, liberatosi da ogni cupidigia e attaccamento terreno, restituite al padre anche le vesti, ricco della grazia dello Spirito Santo, va per il mondo cantando. Le villanie dei ladri nei quali si imbatte e tutte le altre prove che dovrà affrontare, trasformate in offerta d'amore, non faranno che aumentare la sua consolazione. E' un modello altamente qualificato: sforziamoci di imitarlo.

mercoledì 15 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 691

DALLE FONTI FRANCESCANE 691

Vita Seconda di Tommaso da Celano
CAPITOLO LXX
DELUCIDAZIONI DATE ALLE DOMANDE DI UN CARDINALE
691
104. Un'altra volta, trovandosi a Roma in casa di un cardinale, fu interrogato su alcuni passi oscuri, ed espose con tanta chiarezza quei concetti profondi, da far pensare che fosse sempre vissuto in mezzo alle Scritture. Perciò il signor cardinale gli disse: "Io non ti interrogo come letterato, ma come uomo che ha lo spirito di Dio. E per questo accetto volentieri il senso della tua risposta, perché so che proviene da Dio solo".

COMMENTO
Il cuore che ama non può tacere, non può non far conoscere l'oggetto del proprio amore, lo grida sui tetti. E quando le parole escono da un cuore acceso d'amore sono come tante scintille che accendono altre persone, allo stesso modo che un incendio passa da pagliuzza a pagliuzza, da cespuglio a cespuglio, da albero ad albero fino a bruciare tutta la foresta. E' questo il segreto della                                



inarrestabile dilatazione del Regno di Dio. Accogliendo la Parola di Dio con cuore puro e sincero, il Poverello di Cristo, uomo semplice e illetterato, ha potuto penetrare nei misteri più ardui e, dove la scienza dei dottori resta al di fuori, egli si addentrava col suo cuore: seguiamo il suo esempio.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 277

DALLE FONTI FRANCESCANE 277


PREGHIERA "ABSORBEAT"

Rapisca, ti prego, o Signore,

I'ardente e dolce forza del tuo amore

la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,

perché io muoia per amore dell'amor tuo,

come tu ti sei degnato morire

per amore dell'amor mio.

COMMENTO
Per capire a quali livelli può arrivare l'amore di Dio in un cuore umano, totalmente sgombro di amor proprio, assaporiamo parola per parola questa stupenda preghiera di san Francesco d'Assisi. Non ci scoraggi il fatto di essere ad un livello tanto al di sotto del suo; di essere, forse, aridi e mediocri; lasciamoci stimolare, invece, da questa passione divina. Attraverso lo svuotamento di ogni residuo di amor proprio, diamo il via all'incendio dell'amore per Cristo e per il Padre.



martedì 14 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 48

DALLE FONTI FRANCESCANE 48

Regole ed esortazioni

[48] E siamo fermamente convinti che non appartengono a noi se non i vizi e i peccati. E dobbiamo anzi godere
quando siamo esposti a diverse prove, e quando sosteniamo qualsiasi angustia o afflizione di anima o di corpo in questo mondo in vista della vita eterna. Quindi tutti noi frati guardiamoci da ogni superbia e vana gloria; e difendiamoci dalla sapienza di questo mondo e dalla prudenza della carne . Lo spirito della carne, infatti, vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera avere una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini.

È di questi che il Signore dice: "In verità vi dico, hanno ricevuto la loro ricompensa". Lo spirito del Signore invece vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abbietta, e ricerca l'umiltà e la pazienza e la pura e semplice e vera pace dello spirito; e sempre desidera soprattutto il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo


 



COMMENTO

Il comportamento che la Chiesa propone ai battezzati è difficile da realizzare. Ci può aiutare l'esempio di Francesco che ha spinto al massimo la radicalizzazione della propria condizione di battezzato. Considerando che la carne, ossia l'uomo allo stato naturale, è incline al male, il mite Santo l'ha contrastata con decisione, l'ha corretta con rigorosa mortificazione fino a renderla docile allo Spirito. Allora solamente, nella pazienza e nella semplicità, ha fatto pace con essa: l'uomo e il cristiano erano ormai, in lui, una cosa sola.

domenica 12 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 808/810

DALLE FONTI FRANCESCANE 808/810

Vita Seconda di Tommaso da Celano

CAPITOLO CLXIII

ULTIME AZIONI DEL SANTO E SUA MORTE

808

217. Mentre i frati versavano amarissime lacrime e si lamentavano desolati, si fece portare del pane, lo benedisse, lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzetto a ciascuno. Volle anche il libro dei Vangeli e chiese che gli leggessero il Vangelo secondo Giovanni, dal brano che inizia: Prima della festa di Pasqua ecc. Si ricordava in quel momento della santissima cena, che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli per l'ultima volta, e fece tutto questo appunto a veneranda memoria di quella cena e per mostrare quanta tenerezza di amore portasse ai frati.

809

Trascorse i pochi giorni che gli rimasero in un inno di lode, invitando i suoi compagni dilettissimi a lodare con lui Cristo. Egli poi, come gli fu possibile, proruppe in questo salmo: Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce ho chiesto soccorso al Signore. Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all'amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: " Ben venga, mia sorella morte!".

810

Si rivolse poi al medico: " Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita! " E ai frati: "Quando mi vedrete ridotto alI'estremo, deponetemi nudo sulla terra come mi avete visto ieri l'altro, e dopo che sarò morto, lasciatemi giacere così per il tempo necessario a percorrere comodamente un miglio".

Giunse infine la sua ora, ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio.

COMMENTO
La testimonianza di san Francesco sul tema: morte corporale==vita eterna è quanto mai probante. Permeato in tutto il suo essere dalla certezza della risurrezione, conformato a Cristo crocifisso con le stimmate, non poteva non essere confermato a Cristo nel mistero della morte-pasqua. In conseguenza, al cantico della vita non poteva mancare l'inno a "sorella morte".



sabato 11 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 836 / 842




DALLE FONTI FRANCESCANE 836 / 842

TRATTATO DEI MIRACOLI
DI SAN FRANCESCO

DI Tommaso da Celano

CAPITOLO III
IL POTERE CHE EBBE SULLE CREATURE INSENSIBILI,
E SPECIALMENTE SUL FUOCO
836
14. Nel tempo in cui era afflitto dalla malattia degli occhi, i confratelli persuasero l'uomo di Dio ad accettare le cure; perciò venne chiamato al luogo dei frati un chirurgo. Costui portò con sé lo strumento di ferro per la cauterizzazione e ordinò di metterlo sul fuoco, fino a che non fosse reso incandescente. Al che il beato Padre, confortando il proprio corpo scosso dal timore, così si rivolse al fuoco: " Fratello mio fuoco, l'Altissimo ti ha creato per emulare in bellezza le altre cose, potente, bello e utile. Siimi favorevole in questo momento, siimi amico, poiché già ti ho amato nel Signore! Prego il grande Iddio che ti ha creato, che moderi il tuo calore in modo che ora io possa dolcemente sopportarlo ". Terminata l'orazione, benedisse con un segno di croce il fuoco e quindi, pieno di coraggio, attese. Mentre il ferro rovente e scintillante veniva afferrato dal chirurgo, i frati fuggirono vinti da umana paura e il Santo lieto e senza esitazione si sottopose al ferro. Il ferro crepitando penetrava nella morbida carne e venne fatta la cauterizzazione a tratti dall'orecchio al sopracciglio. Quanto quel fuoco abbia provocato dolore, ne è testimonianza la parola di colui che ne ebbe esperienza. Infatti, ritornati i frati che erano fuggiti, il Padre sorridendo disse: "Paurosi e deboli di cuore, perché mai siete fuggiti? In verità vi dico, non ho sentito né il calore del fuoco né alcun dolore della carne". E rivolto al medico: "Se la carne non è ben cotta, applica di nuovo il ferro!". Il medico, che conosceva ben altre conseguenze di simili operazioni, magnificò tale miracolo, esclamando: "Dico a voi, fratelli, ho visto oggi cose mirabili ". Era forse tornato alla primitiva innocenza colui al volere del quale si arrendevano ammansiti gli esseri indocili.
837
15. Il beato Francesco, desiderando qualche volta andare ad un eremo per attendere più liberamente alla contemplazione, poiché era molto debole, ottenne da un povero uomo un asino da cavalcare. Costui mentre saliva nella calura estiva per i viottoli montagnosi, seguendo l'uomo di Dio, è preso dalla fatica del lungo cammino su una strada troppo aspra e lunga, e, prima di arrivare alla meta, viene meno dalla sete. Si mette dunque a supplicare con insistenza il Santo che abbia pietà di lui, dicendo che sarebbe morto se non avesse bevuto qualche sorso d'acqua. Il santo di Dio, che sempre era compassionevole verso gli afflitti, senza indugio discese dall'asino e, piegate a terra le ginocchia, alzò le palme verso il cielo, non cessando di pregare, finché si sentì esaudito. "Affrettati, disse al contadino, e troverai acqua viva, che in questo istante Cristo misericordioso ha fatto sgorgare dalla pietra". Stupenda degnazione di Dio, che si china verso i suoi servi così facilmente!
Beve il contadino l'acqua sgorgata dalla pietra per virtù della preghiera del Santo e gustò una bevanda tratta dalla durissima roccia. Polla d'acqua in quel luogo non c'era mai stata, né in seguito si è mai potuta ritrovare, come dimostrano le ricerche diligentemente fatte.
838
16. Gagliano è un paese popoloso e illustre in diocesi di Sulmona. In esso viveva una donna di nome Maria che, giunta alla conversione attraverso le difficili vie del mondo, si era dedicata totalmente al servizio di san Francesco.
Era salita un giorno su un monte, riarso per la totale mancanza d'acqua, con l'intenzione di potare gli aceri verdeggianti; aveva dimenticato di portare con sé l'acqua e, per il calore eccessivo, cominciò a venir meno per l'arsura della sete. Non potendo ormai far nulla e giacendo per terra esaurita, cominciò a invocare il suo patrono san Francesco. Affaticata si assopì. Ed ecco sopraggiungere san Francesco, che la chiamò col suo nome: "Alzati e bevi l'acqua che a te e a molti altri viene offerta quale dono di Dio". Sbadigliò la donna a tale voce e vinta dal sonno tornò a riposare. Chiamata ancora una volta, ancor molto stanca, rimase a terra sdraiata. La terza volta però, confortata al comando del Santo si alzò. E afferrando una felce vicina la estrasse dal terreno. Avendo allora scorto che la sua radice era tutta intrisa d'acqua, con le dita e con un piccolo ramoscello cominciò a scavare tutt'attorno. Subito la fossa si riempì d'acqua e la piccola goccia crebbe fino a divenire fonte. Bevve la donna e dissetata, si lavò gli occhi che, gravemente indeboliti da una lunga malattia, non potevano vedere nulla con chiarezza. Si illuminarono i suoi occhi e, sparita la rugosa vecchiezza si riempirono come di nuova luce. La donna si affrettò verso casa, per annunciare a tutti tale stupendo miracolo a gloria di san Francesco. Si diffuse la notizia del miracolo in altre regioni, giungendo alle orecchie di tutti. Accorsero da ogni parte molti colpiti da varie malattie che, fatta anzitutto la confessione per la salvezza dell'anima, vennero qui liberati dalle loro infermità. Infatti i ciechi riaquistarono la vista, gli zoppi ripresero a camminare, anche gli obesi divennero più snelli, e ad ogni infermità viene offerto il giusto rimedio. Ancora oggi dalla fonte prodigiosa l'acqua continua a sgorgare; è stato qui costruito un oratorio in onore di san Francesco.
839
17. Nel periodo in cui era presso l'eremo di Sant'Urbano, il beato Francesco gravemente ammalato, con labbra aride, domandò un po' di vino, gli risposero che non ce n'era. Chiese allora che gli portassero dell'acqua e quando gliela ebbero portata la benedisse con un segno di croce. Subito l'acqua perse il proprio sapore, e ne acquistò un altro. Diventò ottimo vino quella che prima era acqua pura, e ciò che non poté la povertà, lo provvide la santità. Dopo averlo bevuto, quell'uomo di Dio si ristabilì molto in fretta e come la miracolosa conversione dell'acqua in vino fu la causa della guarigione, così la miracolosa guarigione testimoniava quella conversione.
840
18. Nella provincia di Rieti era scoppiata una pestilenza molto grave che contagiava i bovini, tanto che solo qualche bue poteva sopravvivere. A un uomo timorato di Dio, di notte attraverso un sogno venne fatto sapere di recarsi con sollecitudine ad un eremo di frati per prendere l'acqua con cui si lavavano le mani e i piedi del beato Francesco, che allora là si trovava, per aspergere con essa tutti i bovini. Alla mattina levatosi quell'uomo, ben ansioso di ottenere il beneficio, venne al luogo indicato, e, all'insaputa del Santo, poté ottenere dagli altri frati quell'acqua, che poi asperse su tutti i bovini, come gli era stato comandato. Da quel momento cessò per grazia di Dio il pestilenziale contagio, né più riapparve in quella zona.
841
19. In regioni diverse molte genti offrivano molto spesso a san Francesco con fervida devozione pane ed altri cibi perché li benedicesse.
Conservandosi questi per lungo tempo senza corrompersi, grazie all'intervento divino, se presi come cibo risanavano i corpi affetti da malattia. E stato anche provato infatti che per loro virtù furono allontanate violente tempeste di grandine e tuoni. Affermano alcuni di aver constatato che, per virtù del cordone che egli cingeva e delle pezzuole scucite dai suoi abiti, sono stati scacciati i morbi e fugate le febbri, recuperando così la tanto desiderata salute.
842
Celebrando il Santo, il giorno della Natività del Signore, la memoria del presepio del bambino di Betlemme, e rievocando misticamente tutti i particolari dell'ambiente nel quale nacque il bambino Gesù, molti prodigi si manifestarono per intervento divino. Fra questi vi è quello del fieno sottratto a quella mangiatoia, che divenne rimedio alle infermità di molti e che fu utile particolarmente alle partorienti in difficoltà e a tutti gli animali contagiati da epidemie.
Avendo narrato tutto ciò delle creature insensibili, aggiungiamo ora qualcosa sull'obbedienza prestata dalle creature sensibili.

SAN FRANCESCO E LE FONTI 718

DALLE FONTI FRANCESCANE 718

Vita Seconda di Tommaso da Celano

CAPITOLO XCVII

PAROLE DEL SANTO

CONTRO QUELLI CHE LODANO SE STESSI

718

134. Ripeteva spesso ai frati: " Nessuno deve lusingarsi con ingiusto vanto per quelle azioni, che anche il peccatore potrebbe compiere. Il peccatore--spiegava--può digiunare, pregare, piangere, macerare il proprio corpo. Ma una sola cosa non gli è possibile: rimanere fedele al suo Signore. Proprio di questo dobbiamo gloriarci, se diamo a Dio la gloria che gli spetta, se da servitori fedeli attribuiamo a lui tutto il bene che ci dona.

"Il peggiore nemico dell'uomo è la sua carne: è del tutto incapace di ripensare al passato per pentirsene, niente sa prevedere per tutelarsi. Unica sua preoccupazione è approfittare senza scrupoli del tempo presente. E ciò che è peggio--aggiungeva--essa si usurpa e attribuisce a propria gloria quanto non è stato dato a lei, ma all'anima. La carne raccoglie lode dalle virtù e plauso, da parte della gente, dalle veglie e dalle preghiere. Niente lascia all'anima e anche dalle lacrime cerca profitto ".

COMMENTO
Al cristiano risorto con Cristo non basta non morire, ossia evitare di essere peccatore; è necessario impegnare tutto sè stesso nella "giustizia per Iddio". La sua vocazione di battezzato è una vocazione alla santità, cioè alla vita di grazia e alla vita di amore. "Tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità", la quale "si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito Santo produce nei fedeli" (L.G.,n.39).
Non fare delle proprie membra "strumenti di ingiustizia", ma fare delle stesse membra strumenti di giustizia, essere in una parola "santi" e non peccatori, per s.Francesco vuol dire rimanere fedeli al Signore, dare a Lui la gloria che gli appartiene. Se intendiamo far questo e vivere così la nostra realtà di battezzati, dobbiamo combattere le tendenze della carne che tentano di farci ricadere nel peccato ed aderire incondizionatamente a Cristo. Quello che il Santo ripeteva spesso ai frati, oggi lo ripete a noi suoi seguaci.