Fonti Francescane 1161
Chi potrebbe descrivere degnamente il fervore di carità, che infiammava Francesco, amico dello sposo?
Poiché egli, come un carbone ardente, pareva tutto divorato dalla fiamma dell'amor divino.
Al sentir nominare l'amor del Signore, subito si sentiva stimolato, colpito, infiammato: quel nome era per lui come un plettro, che gli faceva vibrare l'intimo del cuore.
«Offrire, in compenso dell'elemosina, il prezioso patrimonio dell'amor di Dio (così egli affermava) è nobile prodigalità; e stoltissimi sono coloro che lo stimano meno del denaro, poiché soltanto il prezzo inapprezzabile dell'amor divino è capace di comprare il regno dei cieli.
E molto si deve amare l'amore di Colui che molto ci ha amato».
Per trarre da ogni cosa incitamento ad amare Dio, esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da quello spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere.
Contemplava, nelle cose belle, il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto.
Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile.
Con il fervore di una devozione inaudita, in ciascuna delle creature, come in un ruscello, delibava
quella Bontà fontale, e le esortava dolcemente, al modo di Davide profeta, alla lode di Dio, perché avvertiva come un.concento celeste nella consonanza delle varie doti e attitudini che Dio ha loro conferito.
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