sabato 11 aprile 2015

SAN FRANCESCO E LE FONTI 1648

DALLE FONTI FRANCESCANE 1648

Leggenda perugina

PERSECUZIONE DIABOLICA
1648 92. Quando Francesco andò a Roma per incontrare Ugolino vescovo di Ostia, più
tardi eletto papa, si trattenne con lui alcuni giorni. Accomiatatosi, andò a far visita a Leone
cardinale di Santa Croce. Era questo un uomo molto affabile e gentile ed era felice di vedere
Francesco e lo venerava sentitamente.
In quella circostanza egli pregò il Santo con viva devozione a restarsene da lui un po'
di giorni, anche perché si era d'inverno e faceva un freddo crudo e quasi ogni giorno si scatenavano vento e pioggia, come succede in quella stagione. Gli disse: « Fratello, il
maltempo non permette di viaggiare. Vorrei, se ti piace, che tu soggiornassi in casa mia
finché il tempo consentirà di rimetterti in cammino. Io passo gli alimenti ogni giorno a un
gruppo di poveri qui da me; ebbene, tu sarai trattato come uno di loro ». Disse questo il
cardinale, perché sapeva che Francesco, nella sua umiltà, voleva sempre esser trattato come
un poverello, dovunque lo ospitassero, benché fosse di così alta santità che dal Papa dai
cardinali e da tutti i grandi di questo mondo che lo conoscevano era venerato come santo. Il
dignitario aggiunse: « Ti assegnerò una dimora lontana dal palazzo, dove potrai pregare e
prendere i pasti a tuo piacimento ».
Soggiornava allora con il cardinale Leone uno dei primi dodici compagni di
Francesco: frate Angelo Tancredi. Questi suggerì a Francesco: « Fratello, qui vicino, nelle
mura della città, sorge una bella torre, molto ampia e spaziosa all'interno, con nove locali a
volta, dove potrai stare appartato come in un eremo ». Il Santo propose: « Andiamo a vederla
». La vide e gli piacque. Tornato dal cardinale gli disse: « Signore, forse resterò presso di voi
alcuni giorni ». Il cardinale ne fu tutto contento.
Angelo allora andò a preparare un alloggio nella torre, in modo che Francesco e il suo
compagno potessero abitarvi giorno e notte, poiché il Santo non intendeva discendere da là
in nessun momento della giornata, finché fosse rimasto ospite del cardinale Leone. Lo stesso
Angelo si offrì a Francesco e al compagno di recare quotidianamente il cibo, lasciandolo
fuori, in modo che né lui né altri entrassero a disturbare. Francesco salì dunque sulla torre,
per abitarvi con il compagno.
Durante la prima notte, mentre Francesco si disponeva a dormire, irruppero i demoni
e lo coprirono di botte. Egli chiamò subito il compagno, che stava lontano: « Vieni da me! ».
Quello gli fu vicino d'un balzo. Gli disse il Santo: « Fratello, i demoni mi hanno pestato
duramente. Desidero che tu mi rimanga accanto, perché ho paura di starmene qui solo ». Il
compagno gli fu appresso per l'intera notte. Francesco tremava tutto, come in preda alla
febbre. Durarono svegli entrambi fino al mattino.
Nel frattempo Francesco conversava con il suo compagno: « Perché i demoni mi
hanno battuto? Perché il Signore ha dato loro il potere di farmi del male? ». Si mise a
riflettere: « I demoni sono i "castaldi" del Signore nostro. Come il podestà spedisce il suo
castaldo a punire il cittadino che ha commesso un reato, così il Signore corregge e castiga
coloro che ama, per mezzo dei suoi castaldi, i demoni, esecutori della sua giustizia. Molte
volte anche il perfetto religioso pecca per ignoranza. Allora, siccome non è consapevole della
sua colpa, viene punito dal diavolo, affinché messo sull'avviso dal castigo, controlli
interiormente ed esteriormente in cosa è consistito il suo fallo e cerchi di individuarlo.
A quelli che il Signore ama teneramente nella vita terrestre non risparmia le punizioni.
Quanto a me, per misericordia e grazia di Dio, non sono conscio di aver commesso peccati
che non abbia scontato confessandomi e facendo penitenza. Di più, la sua misericordia mi ha
largito questo dono: egli durante la preghiera mi dà conoscenza di ogni cosa in cui gli piaccio
o gli dispiaccio. Ma può darsi, secondo me, che il Signore mi abbia punito stavolta mediante i
suoi castaldi per questo motivo: il cardinale è spontaneamente generoso con me, e d'altra
parte il mio corpo ha necessità di avere questi aiuti e io li ricevo con semplicità. Tuttavia, sia i
miei fratelli che vanno per il mondo affrontando la farne e molti disagi, sia gli altri che
dimorano in misere abitazioni e romitaggi, venendo a sapere che dimoro presso un cardinale,
potrebbero aver motivo di protestare contro di me. Noi qui a sopportare ogni sorta di
privazioni, e lui a godersi le agiatezze! Ebbene, io sono tenuto sempre a dare il buon esempio
ai frati; è per questo che sono stato dato ad essi. I frati sono più edificati quando io vivo tra loro in luoghi poverelli, che quando sto altrove; e sopportano con più coraggiosa pazienza le
loro asprezze, quando sentono e sanno che le sopporto io pure ».
Francesco non ebbe invero buona salute, mai; anche mentre visse nel mondo era di
costituzione fragile e delicata, e fu sempre più malato di giorno in giorno fino alla sua morte.
Eppure, costantemente si preoccupava di dare il buon esempio ai fratelli e di togliere ogni
occasione di mormorare contro di lui: « Eccolo, si concede tutto quello di cui abbisogna,
mentre noi peniamo, privi di tutto! ». E così, fosse in salute o fosse infermo, fino al giorno del
suo trapasso volle patire tante privazioni che, se ogni frate ne fosse a conoscenza come noi,
che siamo vissuti assieme a 1ui per un certo tempo fino a che morì, non potrebbero ricordarlo
senza piangere, e sopporterebbero con più serena pazienza necessità e tribolazioni.
Allo spuntar del giorno, Francesco scese dalla torre e andò dal cardinale a raccontargli
quanto gli era accaduto e i discorsi fatti con il compagno. Aggiunse: « La gente ha gran fede
in me e mi crede un sant'uomo, ma ecco che i demoni mi hanno buttato fuori dal mio carcere
». Egli voleva stare recluso nella torre come in un carcere, non parlando che con il suo compagno.
Il cardinale fu felice di rivederlo; però, siccome lo riguardava e venerava come santo,
accettò la sua decisione di non trattenersi oltre colà. Francesco, accomiatatosi dalI'ospite,
tornò all'eremo di Fonte Colombo presso Rieti.

COMMENTO
Meditare questo brano delle Fonti Francescane ci aiuta a capire che le disavventure della vita sono correzioni divine, compreso il diavolo, (alla cui esistenza s.Francesco credeva), perciò consideriamole come uno strumento della misericordia di Dio. Attraverso di esse la di Lui Provvidenza realizza la nostra correzione, trasformazione e santificazione: la nostra salvezza!


 

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